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Francesca Vitale – Venezia Andata e Ritorno
presentazione della mostra fotografica e del libro
Comunicato stampa
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Una mostra e un libro che raccolgono due riflessioni su Venezia, mia città di nascita e dei primi anni di vita. Il tentativo di recuperare il tempo e lo spazio dell’ infanzia. Una Venezia ricercata nella matassa della memoria personale più intima, attraverso il filo di un ricordo visivo frammentato e le frasi e i paragrafi di un libro che ho amato molto: Le Fondamenta degli Incurabili di Joseph Brodskij. Le sue parole mi hanno accompagnato, fatto compagnia, nel mio breve soggiorno veneziano due anni fa. O forse sono già tre. Una Venezia totalmente interiore o interiorizzata, guardata al microscopio, scomposta nei suoi organi interni. Una Venezia d’ acqua, di pesci, e di ombre dal passato. La Città dell’ Acque Dotto e quella della lacrima*. Del marmo e dell’acqua che ‘gareggiano’ e coabitano insieme. Una cosa mi è sembrato forse di poter constatare con queste immagini: che il ricordo, la memoria, a Venezia, sono portati dall’acqua in tutte le forme in cui si manifesta in questa città, dove anche la pietra è acqua, riflesso.
Nel ventre della balena, nella caverna simbolica della mia infanzia, ho ritrovato per cinque giorni il piacere di scattare camminando nella città- paradossalmente nuova per me - mossa solo dal piacere, dall’urgenza della curiosità. Il punctum di questo puzzle di fotografie in qualche modo sequenziali, sono le foto al cuore di Venezia: l’isola cimitero di San Michele. Lì riposano i suoi morti, quelli che l’ hanno più amata tra i veneziani, gli stranieri e quelli con ‘permesso di soggiorno’ eterno.
C’è un’immagine in mostra e nel libro: riprende una segnalazione stradale ’a muro’, spennellata, che vuole indicare la via per S.Marco: sui mattoni rossi è disegnata la Basilica con le sue cupole e ci sono due frecce che indicano due direzioni opposte. Anche questa è Venezia, la città dove non ci si perde mai, ma dove ci si può perditamente perdere. Una città-metafora. Un labirinto reale e metafisico.
f.v.
*In questa città si può versare una lacrima in diverse occasioni. Posto che la bellezza sia una particolare distribuzione della luce, quella più congeniale alla retina, una lacrima è il modo con cui la retina –come la lacrima stessa- ammette la propria incapacità di trattenere la bellezza. In generale, l’amore arriva con la velocità della luce; la separazione con quella del suono. Ciò che inumidisce l’occhio è questo deterioramento, questo passaggio da una velocità superiore a una inferiore. Poiché siamo essere finiti, una partenza da questa città sembra ogni volta definitiva; lasciarla è un lasciarla per sempre. Perché con la partenza l’occhio viene esiliato nelle province degli altri sensi: nel migliore dei casi, nelle crepe e nei crepacci del cervello. Perché l’occhio non s’identifica col corpo, ma con l’oggetto della propria attenzione. E per l’occhio la partenza è un processo speciale, legato a ragioni puramente ottiche: non è il corpo a lasciare la città, è la città ad abbandonare la pupilla. Allo stesso modo il commiato dalla persona amata provoca dolore, e soprattutto un commiato graduale, chiunque sia a partire e per qualsiasi motivo. Nel mondo in cui viviamo, questa città è il grande amore dell’occhio. Dopo, tutto è delusione. Una lacrima anticipa quello che sarà il futuro dell’occhio.
J. Brodskij, da: Fondamenta degli Incurabili, Adelphi, 1991.
All’interno del libro che presenteremo in Camera Verde c’è un testo - Venise, détail d’une enfance amicale- del fotografo sloveno Eugen Bavcar (residente a Parigi da anni) in una traduzione dal francese di Marco Vitale. C’è anche un altro testo, dell’ amico, nonchè direttore artistico della Camera Verde: Gians. E infine c’è un ulteriore scritto, un mio forse inutile, diario di bordo. Un po’, almeno nel senso, come ‘La favola di Venezia’ di Hugo Pratt.
Nel ventre della balena, nella caverna simbolica della mia infanzia, ho ritrovato per cinque giorni il piacere di scattare camminando nella città- paradossalmente nuova per me - mossa solo dal piacere, dall’urgenza della curiosità. Il punctum di questo puzzle di fotografie in qualche modo sequenziali, sono le foto al cuore di Venezia: l’isola cimitero di San Michele. Lì riposano i suoi morti, quelli che l’ hanno più amata tra i veneziani, gli stranieri e quelli con ‘permesso di soggiorno’ eterno.
C’è un’immagine in mostra e nel libro: riprende una segnalazione stradale ’a muro’, spennellata, che vuole indicare la via per S.Marco: sui mattoni rossi è disegnata la Basilica con le sue cupole e ci sono due frecce che indicano due direzioni opposte. Anche questa è Venezia, la città dove non ci si perde mai, ma dove ci si può perditamente perdere. Una città-metafora. Un labirinto reale e metafisico.
f.v.
*In questa città si può versare una lacrima in diverse occasioni. Posto che la bellezza sia una particolare distribuzione della luce, quella più congeniale alla retina, una lacrima è il modo con cui la retina –come la lacrima stessa- ammette la propria incapacità di trattenere la bellezza. In generale, l’amore arriva con la velocità della luce; la separazione con quella del suono. Ciò che inumidisce l’occhio è questo deterioramento, questo passaggio da una velocità superiore a una inferiore. Poiché siamo essere finiti, una partenza da questa città sembra ogni volta definitiva; lasciarla è un lasciarla per sempre. Perché con la partenza l’occhio viene esiliato nelle province degli altri sensi: nel migliore dei casi, nelle crepe e nei crepacci del cervello. Perché l’occhio non s’identifica col corpo, ma con l’oggetto della propria attenzione. E per l’occhio la partenza è un processo speciale, legato a ragioni puramente ottiche: non è il corpo a lasciare la città, è la città ad abbandonare la pupilla. Allo stesso modo il commiato dalla persona amata provoca dolore, e soprattutto un commiato graduale, chiunque sia a partire e per qualsiasi motivo. Nel mondo in cui viviamo, questa città è il grande amore dell’occhio. Dopo, tutto è delusione. Una lacrima anticipa quello che sarà il futuro dell’occhio.
J. Brodskij, da: Fondamenta degli Incurabili, Adelphi, 1991.
All’interno del libro che presenteremo in Camera Verde c’è un testo - Venise, détail d’une enfance amicale- del fotografo sloveno Eugen Bavcar (residente a Parigi da anni) in una traduzione dal francese di Marco Vitale. C’è anche un altro testo, dell’ amico, nonchè direttore artistico della Camera Verde: Gians. E infine c’è un ulteriore scritto, un mio forse inutile, diario di bordo. Un po’, almeno nel senso, come ‘La favola di Venezia’ di Hugo Pratt.
20
maggio 2006
Francesca Vitale – Venezia Andata e Ritorno
Dal 20 maggio al 07 giugno 2006
fotografia
presentazione
presentazione
Location
CENTRO CULTURALE LA CAMERA VERDE
Roma, Via Giovanni Miani, 20, (Roma)
Roma, Via Giovanni Miani, 20, (Roma)
Orario di apertura
tutti i giorni, esclusi i lunedì, dalle 17.00 alle 21.00
Vernissage
20 Maggio 2006, ore 18
Autore