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Emilio Pian
In mostra opere recenti, tra le quali alcuni inediti concepiti appositamente per la location espositiva
Comunicato stampa
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Presso “La Castella” va di scena un’ampia rassegna dedicata a Emilio Pian. In mostra opere recenti, tra le quali alcuni inediti concepiti appositamente per la location espositiva. Lo storico palazzo del XVI secolo, è ora sede del “Centro Arti Visive La Castella”. Uno spazio attrezzato per organizzare eventi di qualità: dalla mostra di carattere storico all'appuntamento di arte contemporanea più sperimentale. Aperti, naturalmente, a tutte le possibili contaminazioni linguistiche (letteratura, musica, cinema, fotografia, grafica, design e architettura).
“Ogni materia reca il proprio messaggio e la propria storia”. Questa frase di Angela Vettese, apparsa in un suo recente testo sull’arte contemporanea, è certamente affine ad alcuni aspetti dell’opera di Emilio Pian.
Scorrendo il percorso artistico dell’autore si nota un’iniziale vicinanza alle poetiche informali, che lo porta a creare un peculiare linguaggio espressivo.
Dopo dieci anni viene abbandonata la strada della pittura ed in parte le ricerche incentrate sul segno ed il colore. Pian ha intuito che il suo essere artista lo avrebbe portato a confrontarsi con la materia. Sono nate delle opere che lui stesso ha definito “sculture dinamiche”, e la bidimensionalità è stata superata, per arrivare a toccare esiti tridimensionali. “Dipinti/scultura” che sporgono in più lati, conferendo una grande valenza allo spazio. Quest’ultimo inteso come concetto astratto, ma anche concreto in un rapporto intrinseco tra fruitore e opera d’arte.
Per procedere in questo suo linguaggio ha utilizzato in particolare l’alluminio, il ferro, il piombo e l’ottone. Materiali non tradizionale, ma particolarmente attinenti alla sua sensibilità di artista contemporaneo, vicino alle istanze del suo tempo. Materiali che un tempo sarebbero stati definiti poveri, ma ora sono visti come un vero e proprio medium per esprimere le istanze creative dell’artista. Una materia di derivazione industriale, che porta ad una semplificazione formale delle opere. Al contrario, la trama della ricerca linguistica si fa sempre più articolata. Un esprimere, attraverso i suoi lavori, stati d’animo, emozioni e riflessioni. Trasporre sulla materia i moti più profondi e interiori del pensiero e della coscienza.
Rispetto ai colori caldi delle opere di alcuni anni fa (in cui prevalevano i rossi e i blu dei collages), il salto sembra grande. Ora si nota una superficie artificiale, in cui un “freddo” apparente domina la scena. Ma osservandola con attenzione, questa svolta cromatica è in parte funzionale. Una rivoluzione “copernicana”, che per Pian è un mezzo per raggiungere un fine ultimo: il dialogo con la materia.
Un percorso in questa monografia che delinea vari aspetti dell’autore. Dalla suggestiva installazione nel pavimento emergono singoli elementi in ferro come estrapolati, per ottenere una valenza autonoma. Disposti nel suolo –che diventa superficie visiva- creano una composizione, in cui l’unione e la disposizione delle varie opere, crea un “gioco” di forme geometriche composito.
Elementi che in Pian spesso ricordano il suprematismo. Forme base per rappresentare contenuti astratti, come veicoli per l’espressione, per formare una corrispondenza tra idea e percezione
La necessità per l’arte di esprimere la propria autonomia spirituale rispetto la realtà. Creazione come fatto estetico autonomo, svincolato da ogni rappresentazione.
Di pregio le cosiddette “griglie” disposte nelle pareti, a rimembrare gli spazi cromatici di Mondrian. In alternativa alle superfici colorate, Pian utilizza quadri e rettangoli geometrici che emergono dalla struttura in metallo. Viene creato il medesimo senso dello spazio pieno che si alterna al vuoto. Un continuo riempire e svuotare, sommare e sottrarre, per superare la paura del vuoto stesso.
Procedendo in un percorso ideale, vi sono una serie di opere in alluminio disposte rigorosamente. Un totale equilibrio armonico, certamente immune da ogni travisamento visivo. Una simmetria estetica in questa sequenza di opere, tale da creare una inviolabilità dell’insieme.
Queste realizzate con un materiale solo all’apparenza freddo e lontano dalla vitalità umana. Il piombo –come ama ricordare l’autore- è altresì presente in natura e nell’uomo. Informazione quasi destabilizzate che fa sentire il fruitore certamente più vicino a quelle composizioni.
Un equilibrio che a tratti viene intaccato, nel procedere alle opere successive. Talvolta spunta qualche barlume di segno, che insinua il “dubbio” all’interno del rigore precedente. Emerge il tratto pittorico, raro, ma ricco di pregio ed emozionalità. Le composizione dei grandi “neri” e “bianchi” godono di maggiore libertà, mediante degli elementi compositivi meno definiti e puntuali. Opere costruite con i colori per eccellenza, definiti talvolta “non colori”, tale è il senso di assenza, silenzio e vuoto che sanno esprimere.
Ritorna un vago gusto per il collages e l’applicazione di ulteriori materiali per opere che evocano alcuni spunti delle grandi stagioni dell’informale.
Grande rilievo hanno le opere posate a terra, tra l’installazione e la scultura. Il fruitore vi gira intorno, entra in contatto con loro. Per usare le parole di Wassilly Kandinsky: “ogni fenomeno può essere vissuto dall’interno e dall’esterno”. Il grande maestro e teorico dell’arte moderna usava un semplice esempio per definire tale concetto. Una strada può essere osservata stando dietro una finestra. In questo caso ogni rumore viene attutito. Viceversa si può aprire la porta e diventare soggetti attivi. Partecipare a questo pulsare con tutti i sensi. Le opere di Pian necessitano questo rapporto e raffronto con lo spettatore.
Infine i piccoli “piombi”. Una superficie che va scrutata in ogni minimo dettaglio. Ogni venatura della materia ha risvolti ricchi di fascino. Si, “venatura” è il termine più adatto. Come per gli alberi, e le piante sembra che questi segni siano i testimoni di un’esistenza, in questo caso della materia.
Un elemento che prende vita, ha un suo percorso ed una sua storia. Non è solo un mero mezzo esecutivo, ma vero e proprio fine, portatore di istanze ed implicito alle narrazioni dell’autore.
Della mostra di Pian colpisce in particolare connubio con le sale che la ospitano. Tre piani di esposizione in cui l’autore ha saputo dialogare con l’edificio, inserendo in modo magistrale le sue opere. Un connubio tra l’antico palazzo e l’arte contemporanea.
Un percorso dotato di straordinaria razionalità, in cui le opere sono disposte in modo armonico, creando un armonico percorso che porta lo spettatore ad ammirare i vari aspetti peculiari di questo autore contemporaneo.
“Ogni materia reca il proprio messaggio e la propria storia”. Questa frase di Angela Vettese, apparsa in un suo recente testo sull’arte contemporanea, è certamente affine ad alcuni aspetti dell’opera di Emilio Pian.
Scorrendo il percorso artistico dell’autore si nota un’iniziale vicinanza alle poetiche informali, che lo porta a creare un peculiare linguaggio espressivo.
Dopo dieci anni viene abbandonata la strada della pittura ed in parte le ricerche incentrate sul segno ed il colore. Pian ha intuito che il suo essere artista lo avrebbe portato a confrontarsi con la materia. Sono nate delle opere che lui stesso ha definito “sculture dinamiche”, e la bidimensionalità è stata superata, per arrivare a toccare esiti tridimensionali. “Dipinti/scultura” che sporgono in più lati, conferendo una grande valenza allo spazio. Quest’ultimo inteso come concetto astratto, ma anche concreto in un rapporto intrinseco tra fruitore e opera d’arte.
Per procedere in questo suo linguaggio ha utilizzato in particolare l’alluminio, il ferro, il piombo e l’ottone. Materiali non tradizionale, ma particolarmente attinenti alla sua sensibilità di artista contemporaneo, vicino alle istanze del suo tempo. Materiali che un tempo sarebbero stati definiti poveri, ma ora sono visti come un vero e proprio medium per esprimere le istanze creative dell’artista. Una materia di derivazione industriale, che porta ad una semplificazione formale delle opere. Al contrario, la trama della ricerca linguistica si fa sempre più articolata. Un esprimere, attraverso i suoi lavori, stati d’animo, emozioni e riflessioni. Trasporre sulla materia i moti più profondi e interiori del pensiero e della coscienza.
Rispetto ai colori caldi delle opere di alcuni anni fa (in cui prevalevano i rossi e i blu dei collages), il salto sembra grande. Ora si nota una superficie artificiale, in cui un “freddo” apparente domina la scena. Ma osservandola con attenzione, questa svolta cromatica è in parte funzionale. Una rivoluzione “copernicana”, che per Pian è un mezzo per raggiungere un fine ultimo: il dialogo con la materia.
Un percorso in questa monografia che delinea vari aspetti dell’autore. Dalla suggestiva installazione nel pavimento emergono singoli elementi in ferro come estrapolati, per ottenere una valenza autonoma. Disposti nel suolo –che diventa superficie visiva- creano una composizione, in cui l’unione e la disposizione delle varie opere, crea un “gioco” di forme geometriche composito.
Elementi che in Pian spesso ricordano il suprematismo. Forme base per rappresentare contenuti astratti, come veicoli per l’espressione, per formare una corrispondenza tra idea e percezione
La necessità per l’arte di esprimere la propria autonomia spirituale rispetto la realtà. Creazione come fatto estetico autonomo, svincolato da ogni rappresentazione.
Di pregio le cosiddette “griglie” disposte nelle pareti, a rimembrare gli spazi cromatici di Mondrian. In alternativa alle superfici colorate, Pian utilizza quadri e rettangoli geometrici che emergono dalla struttura in metallo. Viene creato il medesimo senso dello spazio pieno che si alterna al vuoto. Un continuo riempire e svuotare, sommare e sottrarre, per superare la paura del vuoto stesso.
Procedendo in un percorso ideale, vi sono una serie di opere in alluminio disposte rigorosamente. Un totale equilibrio armonico, certamente immune da ogni travisamento visivo. Una simmetria estetica in questa sequenza di opere, tale da creare una inviolabilità dell’insieme.
Queste realizzate con un materiale solo all’apparenza freddo e lontano dalla vitalità umana. Il piombo –come ama ricordare l’autore- è altresì presente in natura e nell’uomo. Informazione quasi destabilizzate che fa sentire il fruitore certamente più vicino a quelle composizioni.
Un equilibrio che a tratti viene intaccato, nel procedere alle opere successive. Talvolta spunta qualche barlume di segno, che insinua il “dubbio” all’interno del rigore precedente. Emerge il tratto pittorico, raro, ma ricco di pregio ed emozionalità. Le composizione dei grandi “neri” e “bianchi” godono di maggiore libertà, mediante degli elementi compositivi meno definiti e puntuali. Opere costruite con i colori per eccellenza, definiti talvolta “non colori”, tale è il senso di assenza, silenzio e vuoto che sanno esprimere.
Ritorna un vago gusto per il collages e l’applicazione di ulteriori materiali per opere che evocano alcuni spunti delle grandi stagioni dell’informale.
Grande rilievo hanno le opere posate a terra, tra l’installazione e la scultura. Il fruitore vi gira intorno, entra in contatto con loro. Per usare le parole di Wassilly Kandinsky: “ogni fenomeno può essere vissuto dall’interno e dall’esterno”. Il grande maestro e teorico dell’arte moderna usava un semplice esempio per definire tale concetto. Una strada può essere osservata stando dietro una finestra. In questo caso ogni rumore viene attutito. Viceversa si può aprire la porta e diventare soggetti attivi. Partecipare a questo pulsare con tutti i sensi. Le opere di Pian necessitano questo rapporto e raffronto con lo spettatore.
Infine i piccoli “piombi”. Una superficie che va scrutata in ogni minimo dettaglio. Ogni venatura della materia ha risvolti ricchi di fascino. Si, “venatura” è il termine più adatto. Come per gli alberi, e le piante sembra che questi segni siano i testimoni di un’esistenza, in questo caso della materia.
Un elemento che prende vita, ha un suo percorso ed una sua storia. Non è solo un mero mezzo esecutivo, ma vero e proprio fine, portatore di istanze ed implicito alle narrazioni dell’autore.
Della mostra di Pian colpisce in particolare connubio con le sale che la ospitano. Tre piani di esposizione in cui l’autore ha saputo dialogare con l’edificio, inserendo in modo magistrale le sue opere. Un connubio tra l’antico palazzo e l’arte contemporanea.
Un percorso dotato di straordinaria razionalità, in cui le opere sono disposte in modo armonico, creando un armonico percorso che porta lo spettatore ad ammirare i vari aspetti peculiari di questo autore contemporaneo.
20
maggio 2006
Emilio Pian
Dal 20 maggio all'undici giugno 2006
arte contemporanea
Location
CENTRO ARTI VISIVE LA CASTELLA
Motta Di Livenza, Via Contarina, (Treviso)
Motta Di Livenza, Via Contarina, (Treviso)
Orario di apertura
Martedì - Venerdì 16,30 - 19,00.Sabato - Domenica 10,00 - 12,00 / 16,30 - 19,00. Chiuso il Lunedì
Vernissage
20 Maggio 2006, ore 18
Editore
CAMPANOTTO
Autore
Curatore