Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Giovanni Grassi – Mostra antologica
Da Gauguin a Rothko, Grassi presenta il suo personale percorso di sintesi del colore e della composizione, attraverso opere meditative, espressive e minimali; percorso il cui sguardo si fa lente per raccontarci, tra le pieghe del colore, l’intimo rapporto tra esperienze vissute e luoghi dell’anima.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra presenta un’antologia del percorso artistico di Giovanni Grassi, che si snoda tra sintesi ed espressione, tra rigore concettuale ed istinto emotivo. Il tutto effettuato in anni di consapevole studio dei grandi maestri e di attenta ricerca di soluzioni personali.
Un inseguimento quindi, un continuo porsi in critica ed in contraddizione. Una continua ricerca di trovare una via tra le vie, un approdo sensibile e consono a sé stessi ed al linguaggio universale, coscienti del fatto che, prima o poi, si dovrà necessariamente levare l’ancora per cercare un approdo nuovo. Osservando la produzione di Grassi infatti, ci troviamo di fronte ad un percorso che si svolge per mezzo di intuizioni e soluzioni formali apparentemente eterogenee ed inconciliabili: opere pittorico-scultoree su formato quadrato che in qualche modo richiamano, per identità e concetto, l’Hard Edge Abstraction; accanto ad esse, le opere sullo “scoglio bretone” il cui contorno, tagliato in positivo e negativo su lastre di metallo, suggerisce speculazioni sulla memoria e la sua mutabilità, indagando sul valore del pieno e del vuoto, di colore e non-colore, di interno ed esterno; ed ancora, il ciclo di opere pittoriche naturalistiche che ripercorrono, studiano, metabolizzano e rielaborano i paesaggi di Gauguin, la pennellata pastosa di Van Gogh, la selvatica sensibilità cromatica dei “fauves”, fino a raggiungere la sintesi in un’interpretazione vicina all’astrattismo cromatico-materico di Chighine; ed infine le ultime campiture, i monocromi che si appoggiano a Rothko per poi allontanarvisi, sino a raggiungere un personale stadio di sintesi espressiva ed emozionale.
Partendo dalle opere di Grassi sui quadrati, nelle quali, oltre al richiamo dello studio di Malevi_ su tale formato, personalmente ravviso una vicinanza intellettuale all’Hard Edge Abstraction americana degli anni ‘60, vicinanza che si estrinseca nell’idea per la quale concetto e tecnica debbano coincidere, in modo che l’opera sia “espressione di sé stessa” nel senso più puro del termine, e che quindi debba essere considerata per il suo valore oggettivo, realizzandosi nel suo stesso “esistere”. Secondo questi rispetti, l’opera vive senza essere limitata allo spazio del quadro poiché ogni suo elemento e l’intera composizione “è” il quadro, e che dunque si debba considerare attraverso l’insieme di tutti gli elementi che la compongono, sia cromatici che materici che volumetrici. Le soluzioni formali di Grassi naturalmente sono diverse dagli artisti Hard Edge, ed includono, nell’aspetto formale, un dialogo tra colore e materiali di recupero, trasformati a loro volta in ideali campiture cromatiche. Questa impostazione dialettica tra oggetto-colore-espressione si può cercare di ritrovare nelle vedute di Grassi, quelle in cui egli volge lo sguardo indietro, ai maestri del colore, da Van Gogh a Gauguin, ai fauves, per giungere, sulle orme di Rothko, al valore assoluto della sintesi cromatica-formale. Se il suo utilizzo delle campiture e del gesto impresso dalle pennellate “pastose” possono ricordare Van Gogh ed il naturalismo astratto di Chighine, le ultime opere monocromatiche possono essere in qualche modo considerate una personale chiave interpretativa, un ponte, tra l’assoluto valore cromatico inteso in senso quasi “ontologico” del colore, e l’espressività soggettiva del gesto che rende la pittura materia autoreferente, espressione di sé stessa, trasformandola in “materia-colore”. Dunque il colore parla di sé attraverso di sé, con il proprio pigmento, con il suo stesso esistere, entro il quale, il gesto, la pennellata, ottenute dall’artista per mezzo del sommovimento dello stesso pigmento monocromo, creano la materia dell’uomo, l’interpretazione, generando il chiaroscuro ideale in questa logica di purezza cromatica, poiché ottenuto, non da artifici pittorici, bensì dall’interazione tra la materia mossa e la radiazione luminosa.
Così Grassi ci presenta lo stadio più avanzato della sua ricerca in questa direzione, in cui sintesi ed istinto espressivo, smettendo di rincorrersi, si raggiungono, mostrandoci in una parola, ciò che secondo Grassi vi è al principio dell’espressione vissuta e rappresentata: il Colore.
Davide Corsetti
Un inseguimento quindi, un continuo porsi in critica ed in contraddizione. Una continua ricerca di trovare una via tra le vie, un approdo sensibile e consono a sé stessi ed al linguaggio universale, coscienti del fatto che, prima o poi, si dovrà necessariamente levare l’ancora per cercare un approdo nuovo. Osservando la produzione di Grassi infatti, ci troviamo di fronte ad un percorso che si svolge per mezzo di intuizioni e soluzioni formali apparentemente eterogenee ed inconciliabili: opere pittorico-scultoree su formato quadrato che in qualche modo richiamano, per identità e concetto, l’Hard Edge Abstraction; accanto ad esse, le opere sullo “scoglio bretone” il cui contorno, tagliato in positivo e negativo su lastre di metallo, suggerisce speculazioni sulla memoria e la sua mutabilità, indagando sul valore del pieno e del vuoto, di colore e non-colore, di interno ed esterno; ed ancora, il ciclo di opere pittoriche naturalistiche che ripercorrono, studiano, metabolizzano e rielaborano i paesaggi di Gauguin, la pennellata pastosa di Van Gogh, la selvatica sensibilità cromatica dei “fauves”, fino a raggiungere la sintesi in un’interpretazione vicina all’astrattismo cromatico-materico di Chighine; ed infine le ultime campiture, i monocromi che si appoggiano a Rothko per poi allontanarvisi, sino a raggiungere un personale stadio di sintesi espressiva ed emozionale.
Partendo dalle opere di Grassi sui quadrati, nelle quali, oltre al richiamo dello studio di Malevi_ su tale formato, personalmente ravviso una vicinanza intellettuale all’Hard Edge Abstraction americana degli anni ‘60, vicinanza che si estrinseca nell’idea per la quale concetto e tecnica debbano coincidere, in modo che l’opera sia “espressione di sé stessa” nel senso più puro del termine, e che quindi debba essere considerata per il suo valore oggettivo, realizzandosi nel suo stesso “esistere”. Secondo questi rispetti, l’opera vive senza essere limitata allo spazio del quadro poiché ogni suo elemento e l’intera composizione “è” il quadro, e che dunque si debba considerare attraverso l’insieme di tutti gli elementi che la compongono, sia cromatici che materici che volumetrici. Le soluzioni formali di Grassi naturalmente sono diverse dagli artisti Hard Edge, ed includono, nell’aspetto formale, un dialogo tra colore e materiali di recupero, trasformati a loro volta in ideali campiture cromatiche. Questa impostazione dialettica tra oggetto-colore-espressione si può cercare di ritrovare nelle vedute di Grassi, quelle in cui egli volge lo sguardo indietro, ai maestri del colore, da Van Gogh a Gauguin, ai fauves, per giungere, sulle orme di Rothko, al valore assoluto della sintesi cromatica-formale. Se il suo utilizzo delle campiture e del gesto impresso dalle pennellate “pastose” possono ricordare Van Gogh ed il naturalismo astratto di Chighine, le ultime opere monocromatiche possono essere in qualche modo considerate una personale chiave interpretativa, un ponte, tra l’assoluto valore cromatico inteso in senso quasi “ontologico” del colore, e l’espressività soggettiva del gesto che rende la pittura materia autoreferente, espressione di sé stessa, trasformandola in “materia-colore”. Dunque il colore parla di sé attraverso di sé, con il proprio pigmento, con il suo stesso esistere, entro il quale, il gesto, la pennellata, ottenute dall’artista per mezzo del sommovimento dello stesso pigmento monocromo, creano la materia dell’uomo, l’interpretazione, generando il chiaroscuro ideale in questa logica di purezza cromatica, poiché ottenuto, non da artifici pittorici, bensì dall’interazione tra la materia mossa e la radiazione luminosa.
Così Grassi ci presenta lo stadio più avanzato della sua ricerca in questa direzione, in cui sintesi ed istinto espressivo, smettendo di rincorrersi, si raggiungono, mostrandoci in una parola, ciò che secondo Grassi vi è al principio dell’espressione vissuta e rappresentata: il Colore.
Davide Corsetti
14
gennaio 2009
Giovanni Grassi – Mostra antologica
Dal 14 gennaio al primo febbraio 2009
arte contemporanea
Location
ZAMENHOF
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Orario di apertura
dal mercoledì alla domenica ore 15-19
Vernissage
14 Gennaio 2009, ore 18.30
Autore
Curatore