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Jan Fabre – From the Feet to the Brain
Con la sua installazione “From the Feet to the Brain”, Fabre riflette sulle regole artistiche della sua opera e sui limiti della sua precedente attività.
Comunicato stampa
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La nuova serie di opere di Jan Fabre “From the Cellar to the Attic – From the Feet to the Brain”, realizzata per il Kunsthaus Bregenz nel 2008, ha rappresentato un passo molto importante nello sviluppo dell’artista. Con cinque tableaux sculturali, ciascuno dei quali riempie un’intera stanza, Fabre ha creato un mitico mondo di orrore, bellezza e metamorfosi oscillante tra sogno e realtà che sarebbe inimmaginabile in termini artistici convenzionali. I cinque livelli dell’installazione, che ripetendo lo schema del corpo umano prendono in prestito i suoi titoli metaforici da varie parti del corpo stesso – partendo dai piedi alla base per finire con il cervello al livello superiore – creano un Gesamtkunstwerk, ovvero un'opera d'arte totale, di misteriosa complessità.
Grazie alla cooperazione tra la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo (GAMeC), lo Studio Fabre e il Kunsthaus Bregenz (KUB), Jan Fabre sarà in grado di esibire i cinque tableaux sculturali alla 53. Biennale di Venezia, dando così ad un largo pubblico internazionale la possibilità di riscoprire questa sua opera d'arte totale.
Con la sua installazione “From the Feet to the Brain”, Fabre riflette sulle regole artistiche della sua opera e sui limiti della sua precedente attività, i cui principi di base possono essere così riassunti: 1) la coscienza della forza delle immagini del reale scoperta nei pittori fiamminghi, successivamente elaborata tramite la forza visiva di performances e teatro e finalmente emersa sotto forma di tableaux sculturali; 2) l’estrema concentrazione sul corpo come punto di cristallizzazione tra vita e morte, tra agonia ed appagamento; 3) l’attrazione per l’insetto in quanto simbolo della metamorfosi, soggetto di intense ricerche e importante materiale per disegni, per oggetti e per installazioni grandi quanto un’intera parete o un’intera stanza; 4) la costante applicazione del principio meccanico, automatico, in tutte le attività artistiche, un principio risalente alla scoperta del corpo e del comportamento degli insetti; 5) la passione per immagini speculari e raddoppiate, punto di partenza per numerose opere.
“I piedi”, “Il sesso”, “La pancia”, “Il cuore” e “Il cervello”: questi i cinque elementi nuovamente rappresentati nei padiglioni dell’Arsenale, ognuno dei quali ha una sua particolare, travolgente esperienza visiva. Mai prima d’ora Jan Fabre aveva eletto con tale radicalità il corpo a motivo principale sia della composizione complessiva che delle singole parti di un’opera. Nel Kunsthaus Bregenz le sculture sono state arrangiate verticalmente; qui saranno disposte in senso orizzontale. Con l’interpretazione pittorica del tema, Fabre esaurisce tutte le possibilità artistiche intrinseche alla sua opera e si concentra sul tema forse predominante nella sua produzione: il proprio corpo. “From the Feet to the Brain” ci mostra la visione ideale della vita elaborata dall’artista e rivela in modo più chiaro che mai quell’anacronismo artistico volutamente scelto che determina la sua particolarità artistica, che a volte è stata anche mal interpretata.
Nel 1978 Jan Fabre (nato nel 1958 ad Antwerpen, Belgio) eresse nel giardino della sua casa paterna una tenda, che per lungo tempo gli servì da stanza da letto, laboratorio, studio, luogo di ritiro e universo privato. Quest’opera intitolata “De Neus/Neuslaboratorium” (Il naso/ Il laboratorio del naso) può essere considerata il nucleo originario della sua produzione artistica. Il laboratorio si compone di tre aste, di un lenzuolo gettatovi sopra, di una scrivania bassa, di una cartella di cuoio blu, di un assortimento di bottiglie contenenti tinture e insetti e di un microscopio. All’interno c’è appena spazio per una persona. Ispirato dalla passione del bisnonno, il famoso entomologo Jean-Henri Fabre, qui tutto a prima vista sembra girare intorno al metodo sistematico della ricerca sugli insetti, al modo di ucciderli, puntarli con spilli, conservarli e catalogarli.
La tenda si trasformò presto in un piccolo studio. Da allora in poi, il territorio in cui Jan Fabre si è sempre mosso è l’area nera popolata dalle creature estinte: un’astrazione che permette agli istinti di vivere liberamente le loro ossessioni. La tenda rappresenta non solo uno spazio protettivo, ma è anche un archetipo di rischio, di minaccia e di perdita che incarna la solitudine dell’artista. Se lo sguardo verso l’esterno non riesce ad intensificare la propria percezione delle cose del mondo, c’è però sempre quel sentiero parallelo che conduce verso l’imperscrutabile pozzo interno, fatto di sogni e di visioni, in cui rifugiarsi.
In questi anni Jan Fabre ha completato una serie di disegni, pubblicati nel suo “Libro degli Insetti” del 1990. Uno di questi disegni indica la direzione che l’opera di Jan Fabre avrebbe preso. Il foglio di carta di formato DIN A5 è nero, con soltanto una piccola sezione bianca, nella quale si può leggere la parola “L’instinct”. Sul margine in alto è stato scritto a mano „zwarte neon in nachtelijk grondgebied“ (luce al neon nera in territorio notturno). Nel terzo inferiore del foglio campeggiano due nasi che formano una sorta di tenda, “tentje von neuzen door nchtelijk grondgebied” (piccola tenda di nasi in territorio notturno). Il nero estingue tutto ciò che è stato, apre lo spazio all’istinto e ai sogni. Non è un caso che la tenda sia composta da due nasi – se non ci si può più fidare dei propri occhi, si farà affidamento sul naso.
Due anni prima di erigere la sua tenda, Jan Fabre era andato a Bruges, dove aveva scoperto i pittori fiamminghi. Per Fabre però il punto non era guardare a lungo le loro opere per poi essere in grado di comprenderne tutti i misteri. Anzi, capovolse la relazione tradizionale tra spettatore e opera: non è solo lui che guarda l’opera, ma è anche l’opera a guardare lui. Fabre fu così travolto dal modo diretto con cui i pittori fiamminghi rappresentavano il corpo, cioè il corpo sofferente e torturato, che – come afferma lui stesso – da allora in poi la body art e la performance sono diventati gli elementi principali del suo lavoro.
Questo concetto del corpo, su cui pesa l’idea della sottomissione al pericolo e infine anche alla morte, soprattutto nel teatro di Jan Fabre è affiancato dall’immagine di un corpo fatto di muscoli, di sforzo e concentrazione e controllato dalla volontà. Come insetti che non cessano di muoversi verso una fonte di luce fino a stancarsi e a morire, i danzatori del suo teatro si muovono nello spazio ermetico simile a una scatola del palcoscenico, lo riempiono dello staccato regolare dei loro movimenti.
Eckhard Schneider, General Director of the PinchukArtCentre, Kiev
Le cinque installazioni esposte alla Biennale di Venezia 2009
La pancia:
Ik heb een stuk van het plafond van het koninklijk paleis moeten uitbreken omdat er iets uitgroeide, 2008
Ho buttato giù una parte del soffitto del Palazzo Reale perché vi è spuntato qualcosa
Fabre ha copiato una parte dell’installazione permanente fatta per la Sala degli Specchi del Palazzo Reale di Bruxelles. Per quella installazione Fabre aveva coperto il soffitto della stanza con più di un milione di ali di coleottero buprestide. Prima dell’intervento di Fabre, la decorazione della stanza era dedicata a Leopoldo II e alle sue imprese nel Congo, una ex-colonia belga. Per dare un nuovo impulso a questa installazione permanente realizzata nel 2001, Fabre “rompe” una parte del soffitto, perché qualcosa – la Storia, rappresentata da un uomo nero (congolese) – cerca di uscirne. Capovolgendo questa parte del soffitto, ha creato una monumentale installazione di 10 metri per 10.
I piedi:
Schuilkelder-atelier voor de kunstaar-krijger, 2009
Studio/rifugio per gli artisti-guerrieri
Fabre ha creato uno studio/rifugio basato su diversi modelli di pensiero da lui ideati negli anni 90.Lo studio/rifugio (un cubo di cemento) è costituito da un ingresso, da una stanza aperta al pubblico e dallo studio segreto dell’artista. Nell’ingresso, cioè nel corridoio che conduce verso la stanza aperta al pubblico, Fabre presenta tre lampade che pendono dal soffitto e che si riferiscono al battesimo, il lavacro spirituale di Cristo. Nella stanza aperta al pubblico l’artista ha messo sette vasche da bagno fatte di latta di colore blu e due “gambe di cervello” che pendono dal soffitto. Le vasche da bagno rappresentano un luogo rituale di purificazione, ma sono anche un riferimento all’insonnia dell’artista, che le utilizza come una specie di sarcofago, dove si rilassa per poi poter disegnare e lavorare. “Le gambe di cervello” invece rappresentano la memoria dei piedi, i piedi come cervello. Lo spazio segreto è uno studio riempito di munizioni e di materiale organico sperimentale. Questo è il laboratorio dell’artista, un luogo in cui nascondersi a lavorare.
Il sesso:
Fontein van de wereld (als jonge kunstenaar), 2008
Fontana del mondo (come giovane artista)
Per Fabre quest’installazione rappresenta il sesso e quindi la forza della sua potenzialità creativa. L’artista presenta se stesso come giovane uomo che giace su un letto fatto di 150 lapidi e fa mostra d’una erezione permanente. Qui l’uomo simboleggia una fontana che eiacula permanentemente un liquido simile a sperma. Le scritte sulle lapidi su cui giace corrispondono a nomi di insetti, che però ricordano i nomi di artisti, di filosofi e di scrittori che secondo Fabre sono o saranno parte della storia del mondo. In un certo qual modo l’artista si circonda di amici che lo sostengono e lo influenzano in senso spirituale ed artistico. L’installazione fa parte di una serie di autoritratti, nei quali Fabre scopre ed esplora i liquidi del corpo, come ha già fatto nei disegni realizzati con sangue, sperma, lacrime e urina. Intorno a quest’installazione sono appesi i disegni giovanili “La fontana del mondo”, i quali sono valsi da modello di pensiero per quest’opera.
Il cuore:
Het toekomstige hart van barmhartigheid voor mannen en vrouwen, 2008
Il cuore della generosità per uomini e donne del futuro
Per questa installazione poetica Fabre ha usato 3000 ossa umane e dieci teschi realizzati in vetro di Murano per creare due altari situati uno davanti all’altro. Alcune di queste ossa e di questi teschi sono dipinti con inchiostro da biro di colore blu – un riferimento diretto alle vasche da bagno nello studio/rifugio. Il colore blu rappresenta l’ora blu, il momento mistico in cui gli animali notturni si mettono a dormire e gli animali diurni si svegliano. Su uno di questi due altari/ sarcofagi Fabre presenta un cuore maschile chiuso. Sull’altro si trova un cuore femminile molto più piccolo ed elegante, aperto. Questi cuori sono composti da un mosaico di ossa umane e rappresentano un modello per il cuore futuro dell’umanità: un cuore compassionevole, che non può sanguinare.
Il cervello:
In de loopgraven van het brein als kunstenaar-lilliputter, 2008
Nelle trincee del cervello come artista-lillipuziano
Da un balcone di legno ispirato a una tipica scala fiamminga Fabre dirige lo sguardo del visitatore su un campo di battaglia fuori dal tempo, dove quattro trincee conducono a un grande cratere. In questo cratere scopriamo la testa scorticata di un gigante. Su questa testa poggia il piede l’artista, che si presenta come un lillipuziano intento a farsi strada scavando nel cervello del gigante. In questo modo scopre sia la fisionomia strutturale della faccia che la terra incognita del cervello. Mentre il sesso rappresenta la forza creativa dell’artista, il cervello è il luogo dove questa avviene. Per questo per lui il cervello è la parte più sexy del corpo.
Pubblicazione del KUB
Jan Fabre
From the Feet to the Brain
Il catalogo, a cui ha collaborato anche Jan Fabre, presenta le cinque opere in esibizione a Bregenz – tableaux sculturali che si avvalgono di giochi di parole e di simboli. Nella sua introduzione Eckhard Schneider fornisce delle delucidazioni in merito al concetto dei tableaux sculturali, alla loro realizzazione ed interpretazione sulla base delle opere create specialmente per il Kunsthaus Bregenz.
In numerosi saggi istruttivi Vincent Huguet, Philippe Van Cauteren, Katherina Koskina, Yuko Hasegawa e Bart Verschaffel - curatori ed autori internazionalmente riconosciuti – spiegano le installazioni, ciascuna delle quali riempie un intero piano. Presentando numerose immagini pieghevoli e di grande formato, il catalogo mostra la complessità di un artista contemporaneo veramente eccezionale.
Il libro è stato ripubblicato in occasione della Biennale di Venezia 09.
Grazie alla cooperazione tra la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo (GAMeC), lo Studio Fabre e il Kunsthaus Bregenz (KUB), Jan Fabre sarà in grado di esibire i cinque tableaux sculturali alla 53. Biennale di Venezia, dando così ad un largo pubblico internazionale la possibilità di riscoprire questa sua opera d'arte totale.
Con la sua installazione “From the Feet to the Brain”, Fabre riflette sulle regole artistiche della sua opera e sui limiti della sua precedente attività, i cui principi di base possono essere così riassunti: 1) la coscienza della forza delle immagini del reale scoperta nei pittori fiamminghi, successivamente elaborata tramite la forza visiva di performances e teatro e finalmente emersa sotto forma di tableaux sculturali; 2) l’estrema concentrazione sul corpo come punto di cristallizzazione tra vita e morte, tra agonia ed appagamento; 3) l’attrazione per l’insetto in quanto simbolo della metamorfosi, soggetto di intense ricerche e importante materiale per disegni, per oggetti e per installazioni grandi quanto un’intera parete o un’intera stanza; 4) la costante applicazione del principio meccanico, automatico, in tutte le attività artistiche, un principio risalente alla scoperta del corpo e del comportamento degli insetti; 5) la passione per immagini speculari e raddoppiate, punto di partenza per numerose opere.
“I piedi”, “Il sesso”, “La pancia”, “Il cuore” e “Il cervello”: questi i cinque elementi nuovamente rappresentati nei padiglioni dell’Arsenale, ognuno dei quali ha una sua particolare, travolgente esperienza visiva. Mai prima d’ora Jan Fabre aveva eletto con tale radicalità il corpo a motivo principale sia della composizione complessiva che delle singole parti di un’opera. Nel Kunsthaus Bregenz le sculture sono state arrangiate verticalmente; qui saranno disposte in senso orizzontale. Con l’interpretazione pittorica del tema, Fabre esaurisce tutte le possibilità artistiche intrinseche alla sua opera e si concentra sul tema forse predominante nella sua produzione: il proprio corpo. “From the Feet to the Brain” ci mostra la visione ideale della vita elaborata dall’artista e rivela in modo più chiaro che mai quell’anacronismo artistico volutamente scelto che determina la sua particolarità artistica, che a volte è stata anche mal interpretata.
Nel 1978 Jan Fabre (nato nel 1958 ad Antwerpen, Belgio) eresse nel giardino della sua casa paterna una tenda, che per lungo tempo gli servì da stanza da letto, laboratorio, studio, luogo di ritiro e universo privato. Quest’opera intitolata “De Neus/Neuslaboratorium” (Il naso/ Il laboratorio del naso) può essere considerata il nucleo originario della sua produzione artistica. Il laboratorio si compone di tre aste, di un lenzuolo gettatovi sopra, di una scrivania bassa, di una cartella di cuoio blu, di un assortimento di bottiglie contenenti tinture e insetti e di un microscopio. All’interno c’è appena spazio per una persona. Ispirato dalla passione del bisnonno, il famoso entomologo Jean-Henri Fabre, qui tutto a prima vista sembra girare intorno al metodo sistematico della ricerca sugli insetti, al modo di ucciderli, puntarli con spilli, conservarli e catalogarli.
La tenda si trasformò presto in un piccolo studio. Da allora in poi, il territorio in cui Jan Fabre si è sempre mosso è l’area nera popolata dalle creature estinte: un’astrazione che permette agli istinti di vivere liberamente le loro ossessioni. La tenda rappresenta non solo uno spazio protettivo, ma è anche un archetipo di rischio, di minaccia e di perdita che incarna la solitudine dell’artista. Se lo sguardo verso l’esterno non riesce ad intensificare la propria percezione delle cose del mondo, c’è però sempre quel sentiero parallelo che conduce verso l’imperscrutabile pozzo interno, fatto di sogni e di visioni, in cui rifugiarsi.
In questi anni Jan Fabre ha completato una serie di disegni, pubblicati nel suo “Libro degli Insetti” del 1990. Uno di questi disegni indica la direzione che l’opera di Jan Fabre avrebbe preso. Il foglio di carta di formato DIN A5 è nero, con soltanto una piccola sezione bianca, nella quale si può leggere la parola “L’instinct”. Sul margine in alto è stato scritto a mano „zwarte neon in nachtelijk grondgebied“ (luce al neon nera in territorio notturno). Nel terzo inferiore del foglio campeggiano due nasi che formano una sorta di tenda, “tentje von neuzen door nchtelijk grondgebied” (piccola tenda di nasi in territorio notturno). Il nero estingue tutto ciò che è stato, apre lo spazio all’istinto e ai sogni. Non è un caso che la tenda sia composta da due nasi – se non ci si può più fidare dei propri occhi, si farà affidamento sul naso.
Due anni prima di erigere la sua tenda, Jan Fabre era andato a Bruges, dove aveva scoperto i pittori fiamminghi. Per Fabre però il punto non era guardare a lungo le loro opere per poi essere in grado di comprenderne tutti i misteri. Anzi, capovolse la relazione tradizionale tra spettatore e opera: non è solo lui che guarda l’opera, ma è anche l’opera a guardare lui. Fabre fu così travolto dal modo diretto con cui i pittori fiamminghi rappresentavano il corpo, cioè il corpo sofferente e torturato, che – come afferma lui stesso – da allora in poi la body art e la performance sono diventati gli elementi principali del suo lavoro.
Questo concetto del corpo, su cui pesa l’idea della sottomissione al pericolo e infine anche alla morte, soprattutto nel teatro di Jan Fabre è affiancato dall’immagine di un corpo fatto di muscoli, di sforzo e concentrazione e controllato dalla volontà. Come insetti che non cessano di muoversi verso una fonte di luce fino a stancarsi e a morire, i danzatori del suo teatro si muovono nello spazio ermetico simile a una scatola del palcoscenico, lo riempiono dello staccato regolare dei loro movimenti.
Eckhard Schneider, General Director of the PinchukArtCentre, Kiev
Le cinque installazioni esposte alla Biennale di Venezia 2009
La pancia:
Ik heb een stuk van het plafond van het koninklijk paleis moeten uitbreken omdat er iets uitgroeide, 2008
Ho buttato giù una parte del soffitto del Palazzo Reale perché vi è spuntato qualcosa
Fabre ha copiato una parte dell’installazione permanente fatta per la Sala degli Specchi del Palazzo Reale di Bruxelles. Per quella installazione Fabre aveva coperto il soffitto della stanza con più di un milione di ali di coleottero buprestide. Prima dell’intervento di Fabre, la decorazione della stanza era dedicata a Leopoldo II e alle sue imprese nel Congo, una ex-colonia belga. Per dare un nuovo impulso a questa installazione permanente realizzata nel 2001, Fabre “rompe” una parte del soffitto, perché qualcosa – la Storia, rappresentata da un uomo nero (congolese) – cerca di uscirne. Capovolgendo questa parte del soffitto, ha creato una monumentale installazione di 10 metri per 10.
I piedi:
Schuilkelder-atelier voor de kunstaar-krijger, 2009
Studio/rifugio per gli artisti-guerrieri
Fabre ha creato uno studio/rifugio basato su diversi modelli di pensiero da lui ideati negli anni 90.Lo studio/rifugio (un cubo di cemento) è costituito da un ingresso, da una stanza aperta al pubblico e dallo studio segreto dell’artista. Nell’ingresso, cioè nel corridoio che conduce verso la stanza aperta al pubblico, Fabre presenta tre lampade che pendono dal soffitto e che si riferiscono al battesimo, il lavacro spirituale di Cristo. Nella stanza aperta al pubblico l’artista ha messo sette vasche da bagno fatte di latta di colore blu e due “gambe di cervello” che pendono dal soffitto. Le vasche da bagno rappresentano un luogo rituale di purificazione, ma sono anche un riferimento all’insonnia dell’artista, che le utilizza come una specie di sarcofago, dove si rilassa per poi poter disegnare e lavorare. “Le gambe di cervello” invece rappresentano la memoria dei piedi, i piedi come cervello. Lo spazio segreto è uno studio riempito di munizioni e di materiale organico sperimentale. Questo è il laboratorio dell’artista, un luogo in cui nascondersi a lavorare.
Il sesso:
Fontein van de wereld (als jonge kunstenaar), 2008
Fontana del mondo (come giovane artista)
Per Fabre quest’installazione rappresenta il sesso e quindi la forza della sua potenzialità creativa. L’artista presenta se stesso come giovane uomo che giace su un letto fatto di 150 lapidi e fa mostra d’una erezione permanente. Qui l’uomo simboleggia una fontana che eiacula permanentemente un liquido simile a sperma. Le scritte sulle lapidi su cui giace corrispondono a nomi di insetti, che però ricordano i nomi di artisti, di filosofi e di scrittori che secondo Fabre sono o saranno parte della storia del mondo. In un certo qual modo l’artista si circonda di amici che lo sostengono e lo influenzano in senso spirituale ed artistico. L’installazione fa parte di una serie di autoritratti, nei quali Fabre scopre ed esplora i liquidi del corpo, come ha già fatto nei disegni realizzati con sangue, sperma, lacrime e urina. Intorno a quest’installazione sono appesi i disegni giovanili “La fontana del mondo”, i quali sono valsi da modello di pensiero per quest’opera.
Il cuore:
Het toekomstige hart van barmhartigheid voor mannen en vrouwen, 2008
Il cuore della generosità per uomini e donne del futuro
Per questa installazione poetica Fabre ha usato 3000 ossa umane e dieci teschi realizzati in vetro di Murano per creare due altari situati uno davanti all’altro. Alcune di queste ossa e di questi teschi sono dipinti con inchiostro da biro di colore blu – un riferimento diretto alle vasche da bagno nello studio/rifugio. Il colore blu rappresenta l’ora blu, il momento mistico in cui gli animali notturni si mettono a dormire e gli animali diurni si svegliano. Su uno di questi due altari/ sarcofagi Fabre presenta un cuore maschile chiuso. Sull’altro si trova un cuore femminile molto più piccolo ed elegante, aperto. Questi cuori sono composti da un mosaico di ossa umane e rappresentano un modello per il cuore futuro dell’umanità: un cuore compassionevole, che non può sanguinare.
Il cervello:
In de loopgraven van het brein als kunstenaar-lilliputter, 2008
Nelle trincee del cervello come artista-lillipuziano
Da un balcone di legno ispirato a una tipica scala fiamminga Fabre dirige lo sguardo del visitatore su un campo di battaglia fuori dal tempo, dove quattro trincee conducono a un grande cratere. In questo cratere scopriamo la testa scorticata di un gigante. Su questa testa poggia il piede l’artista, che si presenta come un lillipuziano intento a farsi strada scavando nel cervello del gigante. In questo modo scopre sia la fisionomia strutturale della faccia che la terra incognita del cervello. Mentre il sesso rappresenta la forza creativa dell’artista, il cervello è il luogo dove questa avviene. Per questo per lui il cervello è la parte più sexy del corpo.
Pubblicazione del KUB
Jan Fabre
From the Feet to the Brain
Il catalogo, a cui ha collaborato anche Jan Fabre, presenta le cinque opere in esibizione a Bregenz – tableaux sculturali che si avvalgono di giochi di parole e di simboli. Nella sua introduzione Eckhard Schneider fornisce delle delucidazioni in merito al concetto dei tableaux sculturali, alla loro realizzazione ed interpretazione sulla base delle opere create specialmente per il Kunsthaus Bregenz.
In numerosi saggi istruttivi Vincent Huguet, Philippe Van Cauteren, Katherina Koskina, Yuko Hasegawa e Bart Verschaffel - curatori ed autori internazionalmente riconosciuti – spiegano le installazioni, ciascuna delle quali riempie un intero piano. Presentando numerose immagini pieghevoli e di grande formato, il catalogo mostra la complessità di un artista contemporaneo veramente eccezionale.
Il libro è stato ripubblicato in occasione della Biennale di Venezia 09.
05
giugno 2009
Jan Fabre – From the Feet to the Brain
Dal 05 giugno al 20 settembre 2009
arte contemporanea
Location
ARSENALE NOVISSIMO – SPAZIO THETIS
Venezia, Castello, 2737f, (Venezia)
Venezia, Castello, 2737f, (Venezia)
Orario di apertura
Tutti i giorni, dalle 11.00 alle 18.00, martedì chiuso
Vernissage
5 Giugno 2009, dalle ore 18.00 alle 22.00 Arsenale Novissimo, Spazio Thetis 107 e 109
Sito web
www.kunsthaus-bregenz.at/html/presse_fabre_download.htm
Autore
Curatore