Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Mauro Barbieri – Spy Story
Escludendo le connotazioni noir, incompatibili con le cromie tenui e morbide impiegate da Mauro Barbieri, il ciclo Spy Story si connette piuttosto con il desiderio di focalizzare l’umanità da un’angolatura inedita.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
DALL’ALTO
L’inquadratura in plongée, nei codici della semiotica del cinema, può avere diversi significati. Un pericolo che incombe sui personaggi. Un potere soverchiante che sta sopra di loro. Un volteggiante, divino distacco, per prendere le distanze dalle vicissitudini umane.
Escludendo le connotazioni noir, incompatibili con le cromie tenui e morbide impiegate da Mauro Barbieri, il ciclo Spy Story si connette piuttosto con il desiderio di focalizzare l’umanità da un’angolatura inedita.
Il realismo impressionista di base assume spesso venature fantastiche, come nella tela con il bacio all’ombra di un albero. I sampietrini dell’acciottolato, virati dall’ombra in un colore grigio/blu, assieme alle macchie di sole che vi si proiettano sopra, sembrano delineare un cielo estivo riflesso per terra. Con qualche nuvola bianca alla deriva.
Le cose, viste dall’alto, acquistano sensi sconosciuti.
Un muratore dalla schiena abbronzata diventa un alpinista aggrappato ad una parete di roccia. Un impiegato con la ventiquattrore traghetta la propria ombra, da una zona in cui il buio è rarefatto ad una in cui l’oscurità diventa totale.
Le opere di Mauro Barbieri sono immuni da quell’impressione di schiacciamento tipica dell’inquadratura dall’alto. Le figure anzi sembrano librarsi in prospettive vertiginose, come se fossero in bilico su lastre di ghiaccio. C’è uno studio quasi matematico sulle forme che circondano il soggetto, quelle forme che l’uomo, proprio per il suo coinvolgimento ambientale, non riesce a vedere nella loro totalità.
Scale mobili, tornanti di supermercato, pavimentazioni di ciottoli a coda di pavone. Biciclette di passaggio sugli antichi lastricati delle città d’arte. Contrapposizioni di linee diagonali, modularità di pavimenti, linee parallele di scalinate mobili.
Ma queste strutture grafiche risulterebbero piatte, vuote, mancanti di fascino, se non ci fosse la presenza dell’elemento umano. Sono gli inconsapevoli protagonisti degli scatti preliminari alle tele che conferiscono mobilità, emozione e significato al tutto. Esattamente come l’uomo costruisce il significato del mondo che lo circonda.
Le modalità di realizzazione dei dipinti comprendono una fase in cui l’artista si cala nel ruolo della spia, appostandosi in luoghi sopraelevati, e fotografando gli ignari soggetti delle sue opere. In termini più generali, l’artista è sempre stato spia, spettatore separato che cerca di decifrare un mistero. Sparare e fotografare possono essere sinonimi, come nel verbo to shoot. Sia lo sparo che la fotografia rendono il soggetto immobile, ed hanno una valenza definitiva. Queste prospettive distaccate potrebbero essere quelle delle telecamere di sicurezza della società del controllo, in cui tutti vengono ripresi a loro insaputa. Ma questo sarebbe possibile solo se il Grande Fratello avesse un’anima.
Luiza Samanda Turrini
L’inquadratura in plongée, nei codici della semiotica del cinema, può avere diversi significati. Un pericolo che incombe sui personaggi. Un potere soverchiante che sta sopra di loro. Un volteggiante, divino distacco, per prendere le distanze dalle vicissitudini umane.
Escludendo le connotazioni noir, incompatibili con le cromie tenui e morbide impiegate da Mauro Barbieri, il ciclo Spy Story si connette piuttosto con il desiderio di focalizzare l’umanità da un’angolatura inedita.
Il realismo impressionista di base assume spesso venature fantastiche, come nella tela con il bacio all’ombra di un albero. I sampietrini dell’acciottolato, virati dall’ombra in un colore grigio/blu, assieme alle macchie di sole che vi si proiettano sopra, sembrano delineare un cielo estivo riflesso per terra. Con qualche nuvola bianca alla deriva.
Le cose, viste dall’alto, acquistano sensi sconosciuti.
Un muratore dalla schiena abbronzata diventa un alpinista aggrappato ad una parete di roccia. Un impiegato con la ventiquattrore traghetta la propria ombra, da una zona in cui il buio è rarefatto ad una in cui l’oscurità diventa totale.
Le opere di Mauro Barbieri sono immuni da quell’impressione di schiacciamento tipica dell’inquadratura dall’alto. Le figure anzi sembrano librarsi in prospettive vertiginose, come se fossero in bilico su lastre di ghiaccio. C’è uno studio quasi matematico sulle forme che circondano il soggetto, quelle forme che l’uomo, proprio per il suo coinvolgimento ambientale, non riesce a vedere nella loro totalità.
Scale mobili, tornanti di supermercato, pavimentazioni di ciottoli a coda di pavone. Biciclette di passaggio sugli antichi lastricati delle città d’arte. Contrapposizioni di linee diagonali, modularità di pavimenti, linee parallele di scalinate mobili.
Ma queste strutture grafiche risulterebbero piatte, vuote, mancanti di fascino, se non ci fosse la presenza dell’elemento umano. Sono gli inconsapevoli protagonisti degli scatti preliminari alle tele che conferiscono mobilità, emozione e significato al tutto. Esattamente come l’uomo costruisce il significato del mondo che lo circonda.
Le modalità di realizzazione dei dipinti comprendono una fase in cui l’artista si cala nel ruolo della spia, appostandosi in luoghi sopraelevati, e fotografando gli ignari soggetti delle sue opere. In termini più generali, l’artista è sempre stato spia, spettatore separato che cerca di decifrare un mistero. Sparare e fotografare possono essere sinonimi, come nel verbo to shoot. Sia lo sparo che la fotografia rendono il soggetto immobile, ed hanno una valenza definitiva. Queste prospettive distaccate potrebbero essere quelle delle telecamere di sicurezza della società del controllo, in cui tutti vengono ripresi a loro insaputa. Ma questo sarebbe possibile solo se il Grande Fratello avesse un’anima.
Luiza Samanda Turrini
06
marzo 2010
Mauro Barbieri – Spy Story
Dal 06 marzo al 06 aprile 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARTEKYP
Modena, Via Torre, 5, (Modena)
Modena, Via Torre, 5, (Modena)
Orario di apertura
ore 10:00-12:30, 16:00-19:30, chiuso il lunedì mattina giovedì pomeriggio, domenica
Vernissage
6 Marzo 2010, ore 18
Autore
Curatore