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fino al 23.X.2004 Adrian Paci Galleria Francesca Kaufmann / Viafarini
milano
Video, semplici, ma suggestivi, quelli di Adrian Paci. Dalla gabbia dell’emarginazione, alla disperazione di chi cerca un lavoro e non ha nulla a cui aggrapparsi. Due Racconti brevi, per far parlare i drammi del nostro tempo...
L’utilizzo di due spazi espositivi potrebbe sembrare eccessivo per due video di quattro minuti ciascuno, ma la suggestione creata dai nuovi lavori di Adrian Paci (Scutari, Albania, 1969, vive a Milano) giustifica appieno tale dispiego di mezzi.
Slowly , esposto alla galleria Kaufmann su uno schermo sospeso, presenta un interno familiare in cui una donna anziana, pur essendo il soggetto su cui è rivolta l’attenzione dello spettatore, resta sullo sfondo, esclusa dalla conversazione fra due uomini più giovani, evidentemente suoi familiari. La scena è notevolmente rallentata e la donna sembra così dibattersi nel tentativo di inserirsi in un discorso cui forse non è nemmeno davvero interessata. La staticità del video è compensata dal pathos creato dalla musica composta da Steve Piccolo e Gak Sato (che hanno anche compiuto una performance musicale in occasione dell’inaugurazione): è la crescita d’intensità delle dissonanze della colonna sonora a creare l’attesa di un accadimento che non arriva.
Presso Viafarini è proiettato a tutta parete Turn on. Sulle gradinate di una piazza di Shkoder, in Albania, numerosi uomini disoccupati sono soliti radunarsi in attesa dell’offerta di un lavoro; Paci li ha fatti “posare”: la prima parte del video si compone di primissimi piani dei volti dei protagonisti, successivamente ciascuno di loro accende una lampadina con l’ausilio di un generatore. Il rumore di tali generatori fa da imponente contraltare sonoro dell’immagine; la bellezza dell’immagine – statica e tesa al tempo stesso- è notevole.
Questi nuovi lavori si situano nella scia di alcuni precedenti video dell’artista, come A real game (1999) in cui la figlia dell’artista racconta la sua esperienza di bambina italiana figlia di genitori immigrati, e Piangitrice (2002) in cui Paci mostrava l’usanza albanese di pagare “piangenti professioniste” per la morte di un congiunto (Paci fece piangere la propria morte, alzandosi dal letto alla fine del video). Ma la capacità di sintesi, formale ed emozionale, è maggiormente sviluppata in Slowly e Turn on. Qui emerge prepotentemente la caratteristica associazione con temi di rilevanza sociale, sublimati, però, in una sospensione formale, comunque molto pregnante. E’ evidente l’empatia nei confronti dei lavoratori in Turn on, così come il rimando simbolico dei generatori alla forza lavoro (sprecata) dei protagonisti del video. Ma l’eleganza, la suggestività, l’imponenza della composizione dell’immagine mitigano l’incombere di questi temi “pesanti”. Lo stesso vale per la gabbia di solitudine della donna anziana: forse le situazioni sottolineate da Paci valgono come universali, in cui ognuno può metaforicamente riconoscersi. I protagonisti dei due video interrogano lo spettatore, ma senza guardarlo negli occhi.
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Adrian Paci in mostra a Viafarini nel 2001
stefano castelli
mostra visitata il 16 settembre 2004
Adrian Paci
Slowly – galleria Francesca Kaufmann (fino al 24 ottobre 2004) via dell’Orso, 16 Milano (zona Brera)
orario: ma-ve 11.30-19.30 / sa 13.30-19.30
tel 02-72094331
info@galleriafrancescakaufmann.com
Turn on – Viafarini (fino a fine settembre)
via Farini, 35 Milano (zona Cim. Monumentale)
orario: ma-sa 15-19
02-66804473 / 02-69001524
viafarini@viafarini.org
www.viafarini.org
Ingresso libero.
[exibart]
cosa non si inventano questi albanesi pur di non lavorare