21 settembre 2004

Uno spicchio d’est a Roma

 
a cura di massimiliano tonelli

Abbiamo scambiato qualche battuta con Angela Maria Piga, gallerista della romana Caffè Europe che sino a non molti mesi fa si chiamava Spicchi d’Est. Una galleria nata nel 1990 con l’obiettivo di portare a Roma ed in Italia l’arte di una parte del continente allora pressoché sconosciuta. Ripercorriamone l’attività…

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Da quale esigenza è nata l’apertura di una galleria dedicata all’arte mitteleuropea nel centro di Roma?
Nei primi anni ’80 in occasione di un viaggio in Polonia notammo quanto la situazione critica economica del paese fosse in contraddizione con l’enorme miniera e vitalità culturale, artistica e intellettuale, con mostre ed eventi d’avanguardia in luoghi d’avanguardia e un universo internazionale (soprattutto forti i legami con Francia e Germania) del quale l’Italia non solo non sapeva nulla ma ne era in qualche modo al di fuori. La curiosità di comprendere questo fenomeno ci ha portato a viaggiare –in principio in Polonia, in seguito in Ungheria- per 5 anni prima di aprire nel 1990 la galleria con la prima mostra personale di Tadeusz Kantor in Italia, per conoscere il paese e creare solidi contatti con le istituzioni pubbliche e private. caffe europe - Il pensatore

Quali sono le maggiori opportunità che possono nascere dal processo –quasi del tutto compiuto- della riunificazione europea?
Tanto più si accoglie una cultura straniera, quanto più si viene da questa accolti. La riunificazione consentirà all’Europa Occidentale di comprendere innanzitutto come il proprio sistema culturale sia un sistema e non l’unico sistema, e le consentirà di arricchirsi grazie ad una nuova (per noi) linfa intellettuale forte e vitale di cui forse abbiamo perduto la memoria.

Quali sono i paesi mitteleuropei più ‘attrezzati’ a partecipare al dibattito attuale sull’arte contemporanea internazionale.
Il primo luogo comune è quello di affermare che “quei” paesi sono rimasti al di fuori da tutto per oltre 40 anni. Ebbene bisognerebbe stabilire cosa è questo tutto, almeno nel settore dell’arte. Se con ‘tutto’ si intendono i dettami delle grandi case d’asta, forse allora esserne in parte rimasti fuori ha consentito a questi –e non quei– paesi di sviluppare in maniera indipendente e approfondita la ricerca. Basti guardare non solo al settore dell’arte, ma al teatro e al cinema. Il problema casomai è quello della diffusione dell’informazione. C’è chi stima che l’informazione e la comunicazione rappresentino l’effettiva realtà, se ne sei al di fuori non esisti. Questa convinzione, necessaria per non fare autocritica o semplicemente per non guardare fuori dalla finestra, è una pia illusione che ha già in corso il suo declino inevitabile, perché la realtà dei fatti è più forte della loro opinione o della loro immagine. Continuare a definire l’Occidente, in particolare gli USA, come unico parametro di ciò che arte è assurdo, l’arte non è il mercato dell’arte, il mercato non è un termometro di ciò che è arte, è un termometro di quanto vende un’opera d’arte. Quando mai si è identificato il mercato con la definizione del fare artistico? L’arte contemporanea trova le sue basi molto prima dei fenomeni anni ’50 e ’60 d’oltreoceano. Non ricordare ad esempio che senza l’Avanguardia Russa non esisterebbe arte contemporanea, non ricordare come nacque e cosa ha rappresentato e rappresenta ancora oggi il movimento della Bauhaus, significa o essere ignoranti o essere in malafede. L’entrata di questi paesi – non dimentichiamoci che non sono ‘nuovi’, ma padri dell’Europa quanto noi – nell’Unione Europea consentirà di costatare quale enorme bagaglio di vitalità portino con loro, forse proprio perché invece non sono rimasti al di fuori e non hanno tagliato i legami con quell’enorme rivoluzione artistica che fu l’Avanguardia e con lo spirito di ricerca intellettuale che la caratterizzò.

Che tipo di rapporti avete attualmente con le istituzioni pubbliche e private dei paesi della Nuova Europa?
Ottimi, perché per arrivare ad una conoscenza storica e culturale di paesi come l’Ungheria o la Polonia abbiamo innanzitutto voluto ascoltare le istituzioni: i Musei, le Gallerie pubbliche e private più note, e le Kunsthalle. Molto spesso abbiamo organizzato mostre con opere e in collaborazione dei Musei, ad esempio la mostra di Kantor con il Museo di Cracovia e la Cricoteka, la mostra di Henryk Stazewski nel 1992 con il Museo di Lodz, allora ancora diretto da una delle maggiori personalità del mondo dell’arte di questo secolo, Ryszard Stanislawski, la mostra della Romai Iskola (Scuola Romana di Ungheria) organizzata alla Galleria nazionale d’Arte Moderna di Roma con le opere della Galleria Nazionale di Budapest, il Ludwig Museum e la Galleria Comunale di Budapest, la Zacheta e la Galleria Foksal di Varsavia, realtà storiche senza le quali non avremmo potuto svolgere il lavoro come è stato fatto. Anche la selezione degli artisti giovani avviene grazie ai costanti rapporti con queste sedi istituzionali.

Quali sono invece le istituzioni culturali dei paesi dell’est con sede in Italia (Istituto Polacco, Accademia di Romania ecc.) che stanno lavorando meglio?
L’Istituto Polacco sta facendo un lavoro di enorme portata in quanto presenta incrociandole fra loro diverse discipline, e diversi periodi del Novecento, in arte e in cultura più in generale, così come l’Accademia di Ungheria e il Forum Austriaco di Cultura, sempre più interessato per ovvi motivi all’Europa Centrale. Anche l’Accademia di Romania si sta sviluppando molto, come molte altre Accademie straniere a Roma, che fanno un lavoro attento e costante ma forse meno conosciuto al pubblico.

caffe europe - Il Ragazzo - 1975 (Classe Morta)Come mai la galleria ha cambiato nome negli ultimi anni da Spicchi d’Est a Caffè Europe?
Café Europe è il titolo di un’opera-manifesto che Tadeusz Kantor scrisse per la mostra nella nostra galleria nel 1990, e l’idea di chiamare la galleria Café Europe fu sua. Noi pensammo però che bisognasse dare un segno molto chiaro di cosa si prefiggesse la galleria, proprio perché l’Est era un universo sconosciuto in Italia, almeno nel grande pubblico. Poi è arrivato il 1°maggio 2004, e qualche tempo prima di questa data nacque Café Europe, con la particolarità di estendersi anche al resto d’Europa, cioò all’Europa dell’Ovest… L’Europa che intendeva Kantor non era un concetto geografico, ma uno spirito comune di ciò che si definisce Cultura.

Quali saranno le vostre prossime iniziative legate ai paesi della Nuova Europa?
Progetti di mostre in Italia o all’estero di movimenti o singole personalità artistiche dei paesi del Centro Europa, perché a nostro avviso i tempi delle grandi mostre collettive dove si presentano cento nomi sotto l’insegna di un paese non esprimono in maniera durevole e chiara la natura o l’identità di quel paese, e allo stesso tempo favorire gli artisti più giovani sia stranieri sia italiani con mostre scambio, che consentano anche ai nostri artisti di uscire fuori frontiera.



[exibart]

3 Commenti

  1. Ma se il gatto è per esempio andato a Firenze nel 2002 o Torino quest’anno, allora può darsi che corregga anche il commentatore…

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