-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Cabaret Vienna: l’Atelier fotografico Manassé al Mart Rovereto
Fotografia
Davanti all’obiettivo dei coniugi Adorjan Wlassics e Olga Spolarit – che fondarono a Vienna, nei ruggenti anni Venti, l’Archivio fotografico Manassé – passarono i protagonisti del cinema muto, attrici e attori, ma anche tutta la nobiltà viennese.
Da un’idea di Vittorio Sgarbi, con il progetto di Chiara Spenuso e la curatela di Claudio Composti, il Mart a Rovereto ospita, fino al prossimo 18 giugno – nello stesso periodo della mostra dedicata a “Klimt e l’arte italiana” (l’abbiamo raccontata qui) – una seconda esposizione che approfondisce uno dei periodi più vivaci dell’Europa del secolo scorso, mostrandone le trasformazioni sociali e culturali che hanno segnato tutti i linguaggi culturali, dal cinema alla fotografia, passando per la pubblicità e i rotocalchi.
Ritratti dei protagonisti del mondo dello spettacolo e del cinema, calembour visivi, immagini di nudo e scatti di ispirazione esotica, che hanno contribuito all’affermazione della modernità e della stravaganza, scandiscono il percorso espositivo di “Cabaret Vienna” testimoniando un periodo innovativo e straordinario, soprattutto per le donne. Sexy e glamour, in pose eleganti e con costumi tardo-futuristici: è innegabile che la fotografia, mezzo moderno per eccellenza, divenne uno straordinario alleato dell’emancipazione femminile, soprattutto nelle mani e con il genio dei coniugi Wlassics.
Non più e non soltanto dunque muse ispiratrici, negli scatti dell’Archivio fotografico Manassé le donne erano ritratte per ciò che erano, ormai affrancate attraverso gesti considerati rivoluzionari come portare i capelli corti, fumare, guidare o vestire da uomo, evocando una femminilità misteriosa e fatale – in linea con il gusto dell’epoca e vicina alle sperimentazioni visive delle avanguardie. L’Atelier acquisì così tanta fama, superando i confini e conquistando altre città europee, come Berlino e Parigi, che diventò di moda posare, oltre che per le stelle cinema, del cabaret e del teatro, anche per le donne della società.
“Cabaret Vienna” si apre proprio con uno dei generi in assoluto più importanti, il ritratto. In occasione della Prima Biennale Internazionale di Arte Fotografica (Roma, 1932) «Manassé di Vienna si è fatta una reputazione mondiale come ritrattista di grandi personalità mondane e artisti di nome. Qui lo troviamo però sotto altri aspetti, e certo non meno interessanti. Per esempio, la fotografia pubblicitaria (…) Di straordinaria bellezza e perfezione tecnica è ancora il nudo femminile».
Dai ritratti delle più famose dive del cinema e della danza i coniugi Wlassics ricavarono cartoline autografate da vendere. L’Atelier fotografico Manassé divenne un un brand, il cui successo commerciale era strettamente legato alla popolarità di cui godeva nella società elegante e sofisticata della nobiltà viennese e dell’ambiente dello spettacolo. L’immaginario che metteva in scena rifletteva cliché maschilisti, come donne chiuse all’interno di portasigarette o prese con una pinza come fossero zollette di zucchero da tuffare in una tazzina di caffè, o di ispirazione esotica, alimentando la fantasia di un mondo pieno di piaceri e segrete seduzioni.
Le donne fotografate dall’Atelier Manassé erano consapevoli di interpretare un ruolo assegnato tra ironia e messa in scena, erano coscienti di esistere in carne e ossa e di rappresentare solo sé stesse. I loro nudi, mai spudorati, esprimevano il loro sex appeal, qualcosa di magnetico, ben diverso dall’erotico. I Wlassics furono sempre complici giocando con le loro modelle, anche quando il ruolo assegnato le rendeva oggetto di gesti e giochi sciovinisti, ma sempre all’interno di una consapevole finzione.
Nel mentre le donne si emancipavano, l’Atelier fotografico Manassé fu testimone di una promiscuità e di un’ambiguità di genere che definirono un nuovo standard di bellezza: giovani ragazze disinibite, provocanti nell’uso del trucco e del loro corpo, sessualmente libere e con una potente joie de vivre. Questa nuova femminilità precede l’ultima parte del percorso espositivo dedicata alla moda e al lifestyle: quando la moda, alimentata dalla nuova società dei consumi, raggiungeva l’apice negli anni Trenta, le dive cinematografiche influenzavano profondamente il gusto delle donne e la pubblicità si fece sempre più martellante e l’immagine, ancor più dello slogan, ne divenne il veicolo fondamentale.
Eleganza, ambiguità, erotismo, umorismo, sperimentazioni surrealiste e raffinata estetica: l’Atelier fotografico Manassé, protagonista d’eccellenza del suo tempo, ha saputo assorbire e interpretare un caleidoscopio di emozioni che, dopo un lungo oblio, “Cabaret Vienna” riporta alla luce.