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Other Identity #67. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Blanka Meccanica
Fotografia
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana l’ospite intervistato è Blanka Meccanica.
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/1-3.jpeg)
Other Identity: Blanka Meccanica
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Nel mio lavoro parto sempre da un oggetto della realtà che mi circonda, e lo rendo simbolo. Per poter parlare della mia visione del mondo l’oggetto si fa simbolo, si universalizza. Come ad esempio nel lavoro con le uova. E’ alimento, è simbolo della vita che può cominciare, o non essere mai. Ma è soprattutto la rappresentazione dell’inconscio collettivo. Di quel nous che ognuno di noi si porta dentro/dietro da sempre. Cerco di tradurlo e di renderlo fruibile. E’ un reportage delle varie fasi della vita dell’essere umano, fasi differenziate/ riconoscibili dai colori che utilizzo per rappresentare lo stesso oggetto “uovo”».
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/2-1.jpeg)
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Oddio! La parola identità mi crea non poche idiosincrasie! È forte in me il femminile, ma che cos’è davvero il femminile non lo so davvero. E le mie foto hanno un loro genere? Autonomo da me? Questo davvero non lo so. Forse vorrei soltanto avere una voce, una voce che parla e ascolta a sua volta».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Senza un pubblico il lavoro dell’artista non avrebbe senso. Ho cominciato a fare foto quando ancora non esistevano i Social Network e mi sentivo spesso isolata, un isola nell’isola, e sentivo l’esigenza di condividere il mio lavoro con gli altri anche quando non avevo un’esposizione in programma. Ora è più facile, immediato arrivare agli altri che sono parte integrante/ fondamentale di ciò che faccio, che facciamo. Forse non potrei più vivere senza una connessione. Devo sapere che è lì, tutte le volte che ho voglia di sentirmi parte dell’intero. E’ rassicurante. Sopratutto in questi ultimi due anni».
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/3-1.jpeg)
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Cerco di stare dentro ciò che siamo oggi, di capire che cosa sta accadendo. Parto dell’inconscio per arrivare al conscio collettivo, che sfugge, che è poliedrico, infinitesimale. Ci sono dentro me forti richiami al passato che riemergono senza che io ne sia consapevole. Sono gli occhi critici e distaccati degli Altri che poi mi fanno notare che cosa ho davvero creato, o ri-creato; ri-preso; ri-mescolato».
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/4-2.jpeg)
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Dico di essere una fotografa, una che osserva, e ascolta, e che infine ripropone ciò che ha masticato, digerito. In tutta onestà sento tutta la follia degli artisti, penso di comprenderli, parlo il loro linguaggio, ascolto le loro frequenze. E sì, mi sento un’artista. Ma alcuni giorni non sento nulla, neppure ciò che sono».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Una filosofa, una poeta, una scrittrice. Una che con un solo aforisma possa suggerire una via. Che è quella che cerco. Una via che mi renda lieve».
Biografia
Nata a Sassari nel 1978, Manuela Delogu, in arte Blanka Meccanica, si è diplomata in Fotografia di moda presso Cfp Riccardo Bauer di Milano nel 2003. È stata Insegnante di fotografia presso Cfp Scuola di Restauro a Sassari ed è laureata in filosofia presso l’Università di Cagliari. Ha esposto in mostre personali e collettive in varie sedi in Italia.
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/6-2.jpeg)
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![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/8-1.jpeg)
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/8-1-1.jpeg)
![](https://www.exibart.com/repository/media/2023/06/8-2.jpeg)