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OneFlag: una riflessione sul confine
Mostre
In occasione dell’Interamnia World Cup, celebre torneo internazionale di handball giunto alla sua cinquantesima edizione, la città di Teramo si trasforma in un melting pot, accogliendo l’arrivo di giovani atleti provenienti da tutto il mondo.
In questo contesto di pluralismo culturale si colloca OneFlag, il progetto di arte pubblica organizzato dall’Associazione Culturale Grand Hotel, a cura di Marcella Russo. Durante questa prima edizione, OneFlag si pone come un continuum spaziale e concettuale della manifestazione sportiva, portatrice dei valori dell’internazionalità, dell’inclusione, della socialità, della sostenibilità e dell’innovazione. Sette artisti, la cui ricerca si muove da tempo nell’ambito del sociale e del politico, sono chiamati a condividere attraverso interventi installativi site- specific e azioni performative, le riflessioni che l’arte contemporanea pone sul tema dell’inclusione.
Sette bandiere, unite in un percorso di valori comuni.
L’opera di Fabrizio Sannicandro, OneFlag esprime nel pluralismo cromatico l’idea alla base dell’intera operazione artistica e culturale, costruire attraverso la giustapposizione di forme e colori, una bandiera collettiva capace di includere e preservare tutte le differenze. L’umanità, evocata attraverso la forma di una testa e di una mano, associata al fenomeno delle migrazioni, porta a riflettere sul concetto di confine. Protezione e gabbia. Il confine manifesta un profilo ambivalente, una sorta di Giano Bifronte come quello presente nell’opera Joker 4 di Giuseppe Stampone e Maria Crispal. Custodi simbolici del passaggio.
Nell’opera di Bianco-Valente Ogni dove, la mano, primo strumento tecnico dell’uomo, diviene geografia di un territorio dove ogni linea racconta una storia e attraverso il linguaggio ribadisce il diritto di vivere liberamente e poter sviluppare la propria esistenza in ogni dove. Limitare è qui inteso come atto arbitrario e irrazionale. Di converso nell’opera di Iginio De Luca Expatrie, la casa, nel suo tracciato planimetrico e domestico, diviene elemento pulsante di protezione e stratificazione, contenitore dove si incontrano diverse identità nazionali ed emotive. È il caso di un complesso umano, organico e articolato che abita uno spazio ex industriale romano a cui l’artista vuole donare riconoscibilità. Storie altrimenti lasciate in uno stato di sospensione in una terra che non trattiene e non accoglie.
L’ intento comune, espresso dall’opera di Agnese Purgatorio Les intermittences du coeur, è quello di andare oltre il confine, oltrepassandolo. Qui il limite assume una qualità umana. Un orizzonte di persone, poste sul confine del Mar Morto, sceglie di non collocarsi né al di qua né al di là dello stesso. Un rifiuto della logica separatista imposta dal confine. Sulle cause delle grandi migrazioni si interroga l’opera di Andrea Nacciarriti, Inhabit, che traendo spunto dalle riflessioni della sociologa Saskia Sassen mette in luce la fragilità del nostro habitat, conferendo al problema dell’abitare una portata globale. Un luogo inospitale.
Talvolta può rivelarsi tale il mondo dello sport, come testimonia l’opera di Giovanni Gaggia The colours of changment, dove la bandiera simbolo della comunità LGBTQIA+ viene lanciata in alto per mezzo di un salto. L’azione simbolica del lancio porta l’attenzione, per elevazione, su problematiche sociali come il bullismo omofobico e transfobico. L’opera anticipa l’azione performativa in programma giovedì 13 luglio in Piazza Martiri della Libertà di Teramo alle 5.39, all’alba di un nuovo giorno.