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Brucia l’Italia e brucia l’Europa, non per colpa di un clima nefasto ma per mano di ignoranti e idioti che appiccano fuoco a litorali e boschi distruggendo in realtà anche la propria casa. Ma questa non è una novità. C’è di nuovo, invece, che il governo Meloni nell’ultimo decreto “Omnibus Giustizia” pare innalzi a sei anni di carcere la pena minima per chi provoca un incendio boschivo. Buona notizia, ma a ben guardare un aumento di pena ridicolo a fronte della gravità del reato commesso, ferita tragica per piante e animali e forse sanabile dopo decenni nel corpo del paesaggio. Paesaggio che è “corpo vivente”, “in continuo divenire” “dipinto non finito, perennemente incompiuto” secondo un recente intervento su aboutArt di Massimo Pulini, che voglio qui ricordare quale pittore e storico dell’arte capace di denunciare l’ennesimo progetto di sfregio con gigantesche pale eoliche ai danni del misterioso e magnifico paesaggio toscano della valle del Marecchia (ancora assente in Italia qualsivoglia “carta” ragionata di territori, idonei e non, al collocamento di pale eoliche).
Tornando ai roghi e ai territori divenuti color di cenere e carbone, tanto per attenersi all’idea di paesaggio come dipinto e in perenne divenire, oggi parliamo del Salento. Terra tutto sommato poco di moda a fronte del suo mare, invece molto di moda. Terra dove i frantoi o sono vertiginosi ipogei o svettano come cattedrali, dove le abitazioni tradizionali monofamiliari con pozzo, cortiletto, orto, volte a stella e terrazza, sono capolavori di architettura, unitamente al “sistema delle ville” e dei casini (si vedano gli studi dello storico del paesaggio e del giardino Vincenzo Cazzato). Qua, nel Parco Naturale Regionale “Litorale di Ugento” di 1600 ettari, in provincia di Lecce, sono appena andati in fumo poco più di 160 ettari di bosco e macchia mediterranea a causa di inneschi dolosi, come rilevato dai vigili del fuoco. Un incendio dolorosissimo per chi conosce questa preziosa sequenza costiera, costituita da un sistema dunale e retrodunale, da una serie di bacini a marea e canali di collegamento, da una imponente scogliera fossile con gravine e dalla più estesa area di macchia mediterranea del Salento. <<Il Salento brucia, e di fronte a tale scempio io provo soprattutto dolore>> dice la critica d’arte Antonella Marino <<ma insieme al dolore la rabbia, perché al centro ci sono sempre le colpe dell’uomo, e come intellettuali, artisti, operatori culturali, abbiamo il dovere di sensibilizzare e denunciare con tutti i mezzi a disposizione, per acquisire una consapevolezza neoecologica che vada oltre l’ambientalismo modaiolo>>. Già, i doveri di intellettuali e artisti, che sono davvero tanti, in zona, rimarcati anche dallo storico dell’arte Alfonso Panzetta, che definisce fondamentale deterrente l’impossibilità assoluta di urbanizzazione dei siti bruciati; da Caterina Stasi, dell’Associazione Artas di Taurisano, che chiede a gran voce misure e linee guida per il rimboschimento del Salento, già devastato dalla xilella. Da promotori di cultura infaticabili, come lo scultore Marcello Seclì di Parabita e la critica d’arte Maria Luisa Biancotto a Presicce, entrambi di Italia Nostra. E poi, c’è Roberto Gennaio, naturalista e divulgatore scientifico, che più di tutti noi comprende l’entità e la vastità del danno subito da questo ecosistema, soggetto preferenziale di innumerevoli suoi saggi, interventi e libri.
<<Questo Parco – mi dice Roberto – lo chiamo la mia Amazzonia. Non hai idea della sua biodiversità, non hai idea della quantità e bellezza degli uccelli migratori e stanziali che ci sono qui, rari, bellissimi, con livree dai colori inimmaginabili. Io penso che prevenire gli incendi dolosi sarebbe possibile, certo, con volontari della protezione civile, con membri di associazioni che girino per il Parco con biciclette, o a cavallo, o con altri mezzi compatibili… Il Comune di Ugento fino a qualche anno fa era in grado di gestire, con l’Arif (Agenzia Regionale Attività Irrigue e Forestali), anche la prevenzione… ora si dice manchino le risorse economiche, che però non mancano per l’organizzazione delle feste di paese. Questo territorio con la sua biodiversità, lo dico da anni, potrebbe essere un volano economico se gestito con competenza e cautela, si continua invece a pensare esclusivamente ai soliti modelli di sfruttamento del territorio. Il Parco tranne che nell’area demaniale insiste su proprietà private, e i proprietari non hanno mai voluto dialogare per iniziative comuni, e soluzioni dei problemi, in funzione di un’idea di parco pubblico gestito in modo virtuoso. Nel retroduna vi sono parcheggiatori abusivi che diserbano, e che hanno anche appiccato fuoco in passato per ampliare le zone parcheggio… Ho la sensazione che il motivo che ha spinto all’innesco del fuoco sia un po’ la storia di muoia Sansone con tutti i Filistei – conclude. – Tu non mi fai costruire alberghi, parcheggi, supermarket? E allora non potrai godere di niente, perché il Parco io lo distruggo>>.