-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Dalla Muraglia al Vesuvio: ori e visioni di Nicola Rivelli al PAN di Napoli
Mostre
A Napoli c’è Via dei Mille, una strada dedicata ai garibaldini che vi entrarono da vincitori nel 1860. Non erano proprio mille ma la Storia che ci raccontano, si sa, non dice mai le cose come stanno. A Via dei Mille c’è Palazzo Carafa, un bel palazzo del Seicento, costruito per la famiglia napoletana dei Carafa, ceduto, dopo circa tre secoli, nel 1984, al Comune di Napoli che, dopo più di 20 anni di restauro, lo inaugurò nel 2005. Ora il suo nome è PAN – Palazzo delle Arti di Napoli. E qui vi sono esposte le opere di Nicola Rivelli, in una mostra antologica che riassume il lavoro di anni.
Il napoletano Nicola Rivelli lavora da 15 anni in Cina, partecipando a innumerevoli mostre e ricevendo alti riconoscimenti, tra i quali l’emissione di un francobollo delle Poste cinesi per la scultura simbolo, il Taishan Kid, per gli XI giochi olimpici nazionali di Jinan Cina. Le sue opere sono esposte in collezioni permanenti presso varie sedi, come la 728 art zone di Beijing con altre due opere, Man at work e Jesus 0-33 d.C.
Feci la conoscenza di Rivelli al MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove, nel 2015, venivano mostrati, su un velluto scuro, i Cosmic Bullets, i suoi lucenti grandi vasi di ceramica placcati d’oro e bucati in vario modo «Da proiettili cosmici», come mi disse. Mi spiegò che i vasi di ceramica, le prime opere dell’Homo Faber, lo avevano rappresentato in toto e lui le aveva rotte per mostrarne le ferite. Il direttore del Museo Archeologico Napoletano, Paolo Giulierini, aveva accolto le opere di Rivelli nel “tempio della Classicità”, perché “classico” significa, come per i vagoni ferroviari, l’eccellenza della prima classe, titolo meritato dalla raffinata arte dell’artista Rivelli.
Il sociologo professore Luigi Caramiello, che già allora ne scrisse, aveva attribuito all’uso dell’oro nei vasi di Rivelli lo stesso valore nobilitante dell’oro nelle opere sacre bizantine e aveva considerato la rottura dei vasi espressione del desiderio di liberazione dalla costrizione finanche della stessa forma del vaso, da cui sembrava, attraverso le sue fessure, traboccare il contenuto, cioè l’anima stessa dell’uomo che, priva di vincoli, cerca la libertà. Nella stessa occasione, la giornalista e curatrice d’arte Carla Travierso aveva osservato che, in queste opere di Rivelli, nella rottura del vasi, più che la forma della ferita è interessante il vuoto che essa determina. Infatti, anche il vuoto in questi vasi ha una sua forma. E tante sono le ferite che l’uomo ha subito e subisce, come tanti sono i buchi che Nicola vi inferisce.
Cosicché, invece di teorizzare per essi un horror vacui, come nelle opere della tarda latinità, si dovrebbe parlare di amor vacui e considerare questi vuoti, questo scolpire il vuoto, l’essenza della raffinatezza espressiva dell’arte. Possiamo dire, scherzando con le parole, che in questa rappresentazione del vuoto c’è la consapevolezza del tendere dell’uomo alla indefinizione della sua finitezza e la consapevolezza del suo essere immateriale, della sua anima. Queste osservazioni del professore Caramiello e della curatrice Travierso sono valide anche ora, per commentare le opere che sono al PAN, come lo furono, dal 22 giugno del 2021 al 15 luglio, in una mostra in due tempi, ovvero in due atti, come la definì Marco Izzolino, che ne fu il curatore.
Il primo atto si svolse ancora al PAN e fu una mostra “normale”, il secondo atto, invece, fu soprattutto un’esperienza spirituale che ne approfondì il significato. Quella volta i visitatori vennero in riva al mare di Posillipo, discesero una breve scalinata e si ritrovarono sulla spiaggia in cui, coperti di sabbia, c’erano i vasi, che vennero tratti dalla rena. In questa performance, di cui i vasi furono i protagonisti, si affermava l’eterna verità dell’umano sentire, ovvero del sentimento umano di ognuno di noi.
Mi sono attardata nel commentare le mostre di qualche tempo fa, di cui sono stata spettatrice, perché si possa oggi comprendere più a fondo il significato dell’opera di Rivelli e sottolinearne il valore espressivo. Nella mostra odierna, sempre al PAN, ci sono nuovamente i vasi ma con una novità: sono illuminati da lampadine poste al loro interno, dando loro una funzione pratica anche al fine di diffonderne la conoscenza. Ma la luce che viene da questi Cosmic Bullets è diversa, straordinaria e affascina con i suoi giochi e le sue ombre luminose.
Altre opere in mostra sono rivestite di corallo rosso: c’è uno straordinario effetto derivante dall’accostamento tra la lucentezza dell’oro e il rosso del corallo. Ancora forme nuove, sconcicate e lucenti. Ancora la luce è l’oggetto e l’anima di queste opere. Che, poggiate su dei supporti, sono collocate in un salone del PAN, tappezzato, tutto intorno, da vedute di Napoli dipinte a olio. È la serie di Napoli Regina, che è stata ripresa dal mare da una barca che seguiva il percorso della costa da Palazzo Reale a Mergellina. Un incanto. Ogni dipinto è incantevole e l’insieme è stupendo, meraviglioso. Ma c’è dell’altro. C’è una serie di ritratti di uomini illustri o per lo meno famosi, come Bud Spencer, Picasso e Modigliani, espressivi e piacevolissimi. E c’è un’opera singolare, testimonianza di una fantasia inesauribile, costituita da una sorta di tubi che mimano i profili di un uomo e di una donna nelle varie posizioni del Kamasutra. Le misure sono gigantesche e l’opera costituisce una scultura sottile, una sorta di scherzo, da mostrare come curiosità in un giardino.