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Non si ferma la corsa all’Asia. Ormai la Corea del Sud è il luogo in cui stare ma anche Tokyo non perde il suo fascino e così questa volta Pace Gallery può annunciare ufficialmente l’apertura di una nuova sede nella capitale giapponese, in programma per la primavera del 2024. Quando gli alberi di ciliegio saranno in fiore, insomma. Si tratta dell’ottavo spazio della galleria blue chip in sei Paesi, oltre a Londra, Ginevra, Seoul, Hong Kong, New York, Palm Beach e Los Angeles.
La galleria firmata Pace a Tokyo si estenderà complessivamente su circa 500 metri quadrati e sarà ospitata nei tre piani inferiori di un edificio compreso in Azabudai Hills, un complesso di tre grattacieli tra i quali figura l’edificio più alto del Giappone, situato nel quartiere degli affari di Toranomon. Quest’area urbana è stata progettata dall’architetto britannico Thomas Heatherwick e dallo studio Pelli Clarke Pelli Architects ed è stata costruita da Mori Building, la potente azienda immobiliare che possiede anche il Mori Art Museum, una delle principali istituzioni d’arte private del Giappone. Il completamento di Azabudai è in programma tra ottobre e novembre 2023 e ha previsto un investimento di circa 580 miliardi di Yen, pari a circa 4,4 miliardi di Dollari.
«Sarà un padiglione di vetro che spunta da un prato», ha dichiarato Marc Glimcher, amministratore delegato di Pace Gallery, a proposito della nuova sede di Tokyo. «Heatherwick ha progettato un’enorme distesa verde in pendenza che funge da tetto dell’edificio in cui è ospitata la nostra galleria». Nel nuovo complesso saranno situati anche caffè, librerie e la galleria Azubadai del Museo Mori, mentre nelle vicinanze si trova anche il centro d’arte esperienziale Borderless di TeamLab, un collettivo di artisti giapponesi già nella scuderia di Pace che, a quanto pare, è stata invitata dalla stessa Mori Building a diventare uno degli ultimi inquilini a occupare uno spazio nel complesso.
Finora, sono poche le gallerie occidentali che hanno aperto le loro sedi a Tokyo, tra cui Perrotin e Blum & Poe. Ma «Tokyo è a un punto di svolta», ha affermato Glimcher, «Tokyo è uno posto dove la cultura antica e quella moderna si combinano in una scena contemoranea incredibilmente vibrante». «È solo questione di tempo prima che anche altri aprano qui. Devono solo accorgersene», ha continuato l’ad di Pace, spiegando come le leggi fiscali per le gallerie, in Giappone, siano diventate particolarmente convenienti. Probabilmente per assecondare lo sviluppo di Tokyo Gendai, la prima – e per il momento unica – grande fiera d’arte internazionale del Paese del Sol Levante, la cui prima edizione ha aperto lo scorso luglio. Circa un mese prima dell’apertura della fiera, il Ministero del Commercio ha concesso alle gallerie internazionali presenti alla fiera uno status speciale, consentendo loro di eludere alcune onerose leggi sulle tasse di importazione che hanno a lungo scoraggiato i commercianti stranieri dal fare affari nel mercato giapponese. Il che ha significato che l’imposta del 10% su beni e servizi che i galleristi e i commercianti stranieri devono pagare sulle opere d’arte introdotte nel Paese sia stata addebitata solo momento dell’eventuale vendita dell’opera stessa, anziché in anticipo.
A spingere Pace a fare il passo è stato anche il successo della sede di Seoul, inaugurata nel 2017. Seoul ha «Tracciato un nuovo percorso, facendo in modo che una città dell’Asia orientale sia diventata incredibilmente connessa al mondo dell’arte internazionale in un breve lasso di tempo», ha affermato. «È vero che il Giappone è ancora relativamente isolato rispetto al mercato globale. Ma l’ho sentito dire anche quando ho annunciato il progetto di aprire a Seoul: è un “sistema chiuso” nel quale non sarei mai riuscito a penetrare. E guarda adesso. Penso che la Corea abbia spinto il Giappone all’azione».