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Napoli, al Museo di Capodimonte si lavora per la sostenibilità. E per la continuità
Musei
Per il 23 settembre scorso c’era stata un’allerta meteo, con l’annuncio di un terribile uragano che non avrebbe lasciato scampo. Ma, nel Salone delle Feste del Museo di Capodimonte, l’affollato pubblico degli invitati non si è lasciato impaurire dall’avviso catastrofico, più volte reiterato dai mass media. L’invito era per il sabato, un giorno non consueto per i convegni museali, quando i funzionari fanno uno stop per il weekend. E l’orario era alle 12:30, ora di pranzo, adatta a ribadire amichevoli rapporti, significanti prologhi di importanti annunci. Ma anche per tirare le somme di un percorso pluriennale e per provare a immaginare una continuità.
Il convegno iniziava con il discorso di Sylvain Bellenger, direttore uscente al termine di due mandati, che ha paragonato l’importanza di questo momento a quando, nel 1957, nel dopoguerra, Bruno Molajoli ed Enzo De Felice inaugurarono il “nuovo” Capodimonte. Un avvenimento storico, che i fotografi immortalarono come ora questi fotografi – e Bellenger li indica -, che sono in agguato per captare i momenti clou della giornata, immortaleranno questo momento, rendendolo vivo nel tempo futuro.
Materia del convegno è stata la storia, raccontata dal direttore Bellenger, di uno straordinario lavoro svolto per Capodimonte. Iniziando dal Real Bosco, che era abbandonato in un profondo degrado. Ora il Bosco è stato risanato biologicamente e socialmente ed è ridiventato un bellissimo luogo ricco di verde, colori e profumi. La sua trasformazione è dovuta alla tenacia del direttore, che ha ideato il nuovo Capodimonte, partendo dalla riunificazione, propugnata dal Ministero, della Reggia borbonica e della sua collezione di opere d’arte e oggetti, con il Real Bosco. Subito, sin dal principio del suo mandato – con il ministero retto da Dario Franceschini – Bellenger ha avuto la visione della Capodimonte futura e, con ogni sua azione, mentre via via la precisava, ha mirato a realizzarla. Ora il Real Bosco di Capodimonte è un luogo meraviglioso e confortevole con le panchine e due punti ristoro: nella Tisaneria e nel Giardino Torre, mentre le 17 costruzioni borboniche esistenti sono state ristrutturate e hanno avuto ciascuna una propria funzione.
E non è stato dimenticato il Museo né trascurata la storia dell’arte, che si è cercato di insegnare al pubblico con un approccio mirato alla comprensione. Così sono state realizzate due iniziative: quella de L’opera si racconta, dove, in una sala, veniva presentata un’unica opera, corredata dagli oggetti che suggerivano l’ambiente in cui essa era stata prodotta, e Incontri sensibili, dove venivano paragonati due opere di autori di epoche diverse, per evidenziarne le caratteristiche.
Durante la direzione Bellenger, il Museo ha offerto delle magnifiche mostre, da quella di Picasso a quella di Jan Fabre, da quella di Vincenzo Gemito a quella di Luca Giordano (le ultime due sono state portate anche a Parigi). Ma soprattutto si ricorda la straordinaria mostra di una città, ideata e curata dallo stesso Bellenger, Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica, che, iniziata il 25 settembre 2019, ha tenuto cartellone per due anni. Attualmente, dal 7 giugno 2023 all’8 gennaio 2024, c’è a Parigi la mostra Naples à Paris, le Louvre invite le musée de Capodimonte.
Anche l’arte contemporanea, entrata nel museo per un’idea del soprintendente Raffaello Causa, che ospitò, nel 1978, in una sua sala, il cretto di Alberto Burri, ha significative presenze nel museo di Capodimonte. Ultima in ordine di tempo, la donazione della collezione Lia e Marcello Rumma, stimata circa 100 milioni di euro, che ha elevato una delle pinacoteche più importanti in Italia – con oltre 49mila opere d’arte di tutte le scuole italiane dal XIII secolo a oggi, in 126 sale su tre livelli – al livello del più grande museo dedicato all’arte italiana dagli anni Sessanta a oggi, nel nostro Paese.
Nelle scorse settimane era stato anche presentato, già definito, il progetto del Cabinet delle Porcellane, grazie al quale saranno esposte, in 12 sale del Museo, oltre 6mila porcellane della Raccolta Borbonica, costituita riunendo nel Palazzo di Capodimonte le porcellane recuperate dai Siti Reali soppressi.
L’importanza del convegno del 23 settembre è stata esaltata dall’accordo, siglato da Bellenger, tra Capodimonte ed Engie, player mondiale dell’energia, per l’avvio della “Transizione energetica, digitale, economica, nel segno della sostenibilità ambientale”. Per essa è stata prevista l’installazione di un impianto fotovoltaico, integrato da tegole nel tetto del museo, in grado di produrre energia per 7000 punti luce LED a basso consumo, e regolato da un sistema di supervisione e di prevenzione del rischio incendio nel Real Bosco.
Il progetto mira a un’autonomia energetica del sito Capodimonte, con la riduzione della produzione di anidride carbonica e del costo complessivo dell’impianto. I lavori saranno programmati in modo da prevedere, volta per volta, la chiusura sfalsata di alcune aree del museo, che avrà così la possibilità di rimanere aperto al pubblico per tutta la durata dei lavori, che inizieranno tra pochi giorni e saranno completati nel dicembre 2025.
La riqualificazione del Museo e del Real Bosco sarà mantenuta da una gestione ventennale. Soprattutto importante l’installazione di un impianto di misurazione costante della temperatura, dell’umidità e della qualità dell’aria degli spazi museali, per preservare le opere d’arte e prevenire la necessità, attualmente esistente, di un sempre più faticoso restauro. Vi saranno anche dei lavori migliorativi delle aree museali, mirati a rendere più confortevole l’accoglienza al pubblico. In programma anche gli interventi site specific di due famosi artisti contemporanei: il campano Mimmo Paladino e la tedesca Christiane Löhr, le cui opere sono già presenti nella collezione del Museo di Capodimonte. L’intervento di Löhr interesserà la terrazza con l’altana di Ezio De Felice, a cui si accederà attraverso il terzo piano destinato all’arte contemporanea. Ulteriori interventi saranno relativi alla Sala Sol LeWitt, al ridisegno degli spazi al piano terra destinati a biglietteria, guardaroba e accoglienza che ospiteranno l’installazione di Paladino.
Gli applausi sembrava non finissero mai, quando ha finito di parlare Bellenger. Il Ministro della Cultura ha poi parlato del suo legame con Napoli, sua città natale. E ha sottolineato la differenza di significato tra Paese e Nazione. Bellenger è francese ma l’amore appassionato che ha dimostrato per Napoli sembra lo porti a far parte della Nazione napoletana. In proposito possiamo citare che, qualche anno fa, ci fu addirittura una raccolta di firme per chiederne la cittadinanza onoraria. Ma la richiesta giace nel cassetto della burocrazia.
Sangiuliano si è rivolto quindi all’attuale sindaco, Gaetano Manfredi, presente alla conferenza, chiedendogli di far arrivare la metropolitana anche a Capodimonte, collegando il luogo, con il suo Bosco e il suo Museo, al centro della città. Un problema annoso, che si è posto sin dal primo momento all’attenzione di Bellenger. Che aveva cercato di risolverlo con un sistema di navette, risultato inefficace. Questa soluzione è stata ribadita pervicacemente dal sindaco Manfredi, contraddetto con decisione dal Ministro, che ha giustamente considerato l’intervento necessario alla vivibilità della città e per incrementare il numero dei frequentatori del Museo. Applausi anche per lui. Soprattutto per un intervento inaspettato, riportatoanche dall’Ansa con termini non proprio precisi: «Finché sarò io Ministro della Cultura, ci avvarremo in qualche forma della collaborazione di Bellenger». Una sorta di colpo di teatro, salutato da altri applausi.
Quando, nel primo pomeriggio, uscivamo dal museo, un sole un po’ timido cancellava le nuvole buie.