Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Venturino Venturi. Sono nato, sì, molto tempo fa. Scritti 1936-1974
Verrà presentato il volume, una raccolta integrale di scritti inediti di Venturino Venturi (1918-2002) pubblicato nel 2023 da Gli Ori (PT) e curato da Lucia Fiaschi e Nicoletta Mainardi.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Giovedì 5 ottobre 2023 alle ore 16 nella Basilica di San Miniato al Monte a Firenze verrà presentato il volume Sono nato, sì, molto tempo fa, raccolta integrale di scritti inediti di Venturino Venturi (1918-2002) pubblicato nel 2023 da Gli Ori di Pistoia e curato da Lucia Fiaschi e Nicoletta Mainardi.
“Masaccio è nato a dieci chilometri da casa mia”, diceva Venturino, lui che ancora in età avanzata si commuoveva ripensando alla sorte che lo aveva voluto compaesano di Masaccio e di Michelangelo. Nato a Loro Ciuffenna nel 1918, Venturino fu a Firenze sullo scorcio degli anni Trenta, giungendo dal Lussemburgo della sua prima formazione. Come si fa a dirsi artista a Firenze, quando basta una chiesa o un’ombrosa viuzza per disvelare capolavori di inaudita bellezza? Eppure lui, neanche ventenne, si dichiara artista, bello con i lunghi capelli al vento e misterioso per quella cultura europea ignota ai più. A Firenze Venturino incontra giovani poeti inquieti, colti, soffocati dalla plumbea atmosfera della fine degli anni Trenta, in bilico tra chiarità d’impegno e tentazioni d’ombra: Mario Luzi, Piero Bigongiari, Alessandro Parronchi e su di loro l’ala di Montale, di Ungaretti e, per la pittura, di Ottone Rosai. Poi la guerra segna la fine di quei giorni un po’ esaltati quando a Firenze molto si parlava del giovane artista e delle sue sculture in cemento così diverse dalla tradizione cittadina. Venturino rimane gravemente ferito, ma torna a Firenze e nel 1945, in una città straziata dalle macerie, inaugura la sua prima personale, festeggiato. Eppure Firenze comincia ad andargli stretta e il giovane scultore sente la necessità di aprirsi a nuovi orizzonti. Dopo Firenze dunque Milano, dove incontra Lucio Fontana ma rifiuta di aderire al Manifesto di Arte Spaziale. Una Milano moderna che lo accoglie bene – vincendo subito il premio Gairboldi per la scultura – e dove impera la lezione di Picasso («... qui son tutti picassini», scrive all’amico Parronchi). Eppure a Milano apprende definitivamente il linguaggio dell’astrazione incidendo su frammenti di linoleum o su antiche tavole di legno tracce globulari di pienezza biomorfa o di lirico segmento geometrico. Dopo Milano inizia – siamo nel 1953 – l’avventura di Collodi. È tempo di vincere la più importante scommessa: un monumento a Pinocchio! Pinocchio che bambino gli era stato guida per quella Toscana aspra e poetica che vagheggiava tramite i racconti del padre. Un sindaco geniale, una comunità disposta a credere nell’impresa e il monumento diventa un parco con la piazza di Venturino che, con gli architetti Baldi e De Luigi, si aggiudica il primo premio. Il premio sì, ma ex aequo con Emilio Greco: a Venturino la piazza a Greco la statua. Quel Pinocchio gnomone, geniale creatura alta cinque metri, non venne mai realizzato e la piazza rimase vuota. Venturino spezzò migliaia di frammenti di pietre colorate per tessere la sua superficie musiva sorretto soltanto dal suo candore armato di saggezza. E così, Venturino era entrato finalmente nella sua piazza che lo accolse ma lui non ne trovò l’uscita, e dalla luce radiosa del suo magico recinto passò al manicomio di Firenze. Due anni di silenzio. Poi, nel 1958, medici agli albori della riconsiderazione della malattia psichiatrica gli consentirono di esprimere con matite e pastelli la propria sofferenza e lui, chino su grandi carte, disegnò instancabilmente e furono la guerra, la ferita e Pinocchio, mille volte Pinocchio, perché Pinocchio è Venturino crocefisso, che ride, che fa la linguaccia o che prega. Dopo il manicomio Venturino torna e comincia ad elaborare una nuova tecnica, quella del monotipo, di cui amava la sorvegliata componente gestuale, una tecnica che culminava nel momento in cui l’artista sollevava il foglio dalla tavola in legno ricoperta d’olio, momento che più lo avvicinava al tema prediletto della nascita, con quanto di casuale, imprevisto vi è nell’affacciarsi alla vita di una nuova creatura. Tracce ascensionali, vortici, spirali, segni che aggregano forme globulari tracciano uno dei percorsi più ardui della ricerca segnica di quei fervidi anni Sessanta, semmai assonanti con certe ricerche di ambito extra europeo. La vita di Venturino trascorre tra Firenze, Milano e il Lussemburgo e questi sono i luoghi della sua operosa vita. Poi, nel 1980, prende corpo il progetto “Loro Ciuffenna”. Bisogna tornare a casa, bisogna riportare i vecchi genitori a casa, la terra ha bisogno di Venturino e Venturino della terra. Non dimentichiamo che Michelangelo e Masaccio hanno respirato queste colline e queste umide pianure. Terre ancora intrise dei martirii dell’ultimo conflitto mondiale più volte lo sollecitano e lui risponde - il murale di Castelnuovo dei Sabbioni per le vittime della strage nazista ne è prova. La sua casa rossa come rosse sono le case cantoniere è, come queste, crocevia di incontri; e quanti salgono la tortuosa via e si chiamano Vasco Pratolini, Mario Luzi, Carlo Bo, Alessandro Parronchi ma anche Dino Buzzati, che per un malinteso Venturino non incontra. E con i grandi le cui opere sono patrimonio dell’umanità, salgono gli amici Piero, Bartalino, Ireneo e giovani coscienze inquiete. La terra dai mille solchi, il fiume con gorghi di inimmaginabile profondità e il Pratomagno che per Venturino ha le forme dolci di una donna giacente costituiscono la nuova grammatica di una fervida stagione artistica. «Maestro, lei ha cominciato con l’astrattismo? No no, ho cominciato con un fagiano!». Eccolo Venturino, il guizzo irriverente di Pinocchio.
“Masaccio è nato a dieci chilometri da casa mia”, diceva Venturino, lui che ancora in età avanzata si commuoveva ripensando alla sorte che lo aveva voluto compaesano di Masaccio e di Michelangelo. Nato a Loro Ciuffenna nel 1918, Venturino fu a Firenze sullo scorcio degli anni Trenta, giungendo dal Lussemburgo della sua prima formazione. Come si fa a dirsi artista a Firenze, quando basta una chiesa o un’ombrosa viuzza per disvelare capolavori di inaudita bellezza? Eppure lui, neanche ventenne, si dichiara artista, bello con i lunghi capelli al vento e misterioso per quella cultura europea ignota ai più. A Firenze Venturino incontra giovani poeti inquieti, colti, soffocati dalla plumbea atmosfera della fine degli anni Trenta, in bilico tra chiarità d’impegno e tentazioni d’ombra: Mario Luzi, Piero Bigongiari, Alessandro Parronchi e su di loro l’ala di Montale, di Ungaretti e, per la pittura, di Ottone Rosai. Poi la guerra segna la fine di quei giorni un po’ esaltati quando a Firenze molto si parlava del giovane artista e delle sue sculture in cemento così diverse dalla tradizione cittadina. Venturino rimane gravemente ferito, ma torna a Firenze e nel 1945, in una città straziata dalle macerie, inaugura la sua prima personale, festeggiato. Eppure Firenze comincia ad andargli stretta e il giovane scultore sente la necessità di aprirsi a nuovi orizzonti. Dopo Firenze dunque Milano, dove incontra Lucio Fontana ma rifiuta di aderire al Manifesto di Arte Spaziale. Una Milano moderna che lo accoglie bene – vincendo subito il premio Gairboldi per la scultura – e dove impera la lezione di Picasso («... qui son tutti picassini», scrive all’amico Parronchi). Eppure a Milano apprende definitivamente il linguaggio dell’astrazione incidendo su frammenti di linoleum o su antiche tavole di legno tracce globulari di pienezza biomorfa o di lirico segmento geometrico. Dopo Milano inizia – siamo nel 1953 – l’avventura di Collodi. È tempo di vincere la più importante scommessa: un monumento a Pinocchio! Pinocchio che bambino gli era stato guida per quella Toscana aspra e poetica che vagheggiava tramite i racconti del padre. Un sindaco geniale, una comunità disposta a credere nell’impresa e il monumento diventa un parco con la piazza di Venturino che, con gli architetti Baldi e De Luigi, si aggiudica il primo premio. Il premio sì, ma ex aequo con Emilio Greco: a Venturino la piazza a Greco la statua. Quel Pinocchio gnomone, geniale creatura alta cinque metri, non venne mai realizzato e la piazza rimase vuota. Venturino spezzò migliaia di frammenti di pietre colorate per tessere la sua superficie musiva sorretto soltanto dal suo candore armato di saggezza. E così, Venturino era entrato finalmente nella sua piazza che lo accolse ma lui non ne trovò l’uscita, e dalla luce radiosa del suo magico recinto passò al manicomio di Firenze. Due anni di silenzio. Poi, nel 1958, medici agli albori della riconsiderazione della malattia psichiatrica gli consentirono di esprimere con matite e pastelli la propria sofferenza e lui, chino su grandi carte, disegnò instancabilmente e furono la guerra, la ferita e Pinocchio, mille volte Pinocchio, perché Pinocchio è Venturino crocefisso, che ride, che fa la linguaccia o che prega. Dopo il manicomio Venturino torna e comincia ad elaborare una nuova tecnica, quella del monotipo, di cui amava la sorvegliata componente gestuale, una tecnica che culminava nel momento in cui l’artista sollevava il foglio dalla tavola in legno ricoperta d’olio, momento che più lo avvicinava al tema prediletto della nascita, con quanto di casuale, imprevisto vi è nell’affacciarsi alla vita di una nuova creatura. Tracce ascensionali, vortici, spirali, segni che aggregano forme globulari tracciano uno dei percorsi più ardui della ricerca segnica di quei fervidi anni Sessanta, semmai assonanti con certe ricerche di ambito extra europeo. La vita di Venturino trascorre tra Firenze, Milano e il Lussemburgo e questi sono i luoghi della sua operosa vita. Poi, nel 1980, prende corpo il progetto “Loro Ciuffenna”. Bisogna tornare a casa, bisogna riportare i vecchi genitori a casa, la terra ha bisogno di Venturino e Venturino della terra. Non dimentichiamo che Michelangelo e Masaccio hanno respirato queste colline e queste umide pianure. Terre ancora intrise dei martirii dell’ultimo conflitto mondiale più volte lo sollecitano e lui risponde - il murale di Castelnuovo dei Sabbioni per le vittime della strage nazista ne è prova. La sua casa rossa come rosse sono le case cantoniere è, come queste, crocevia di incontri; e quanti salgono la tortuosa via e si chiamano Vasco Pratolini, Mario Luzi, Carlo Bo, Alessandro Parronchi ma anche Dino Buzzati, che per un malinteso Venturino non incontra. E con i grandi le cui opere sono patrimonio dell’umanità, salgono gli amici Piero, Bartalino, Ireneo e giovani coscienze inquiete. La terra dai mille solchi, il fiume con gorghi di inimmaginabile profondità e il Pratomagno che per Venturino ha le forme dolci di una donna giacente costituiscono la nuova grammatica di una fervida stagione artistica. «Maestro, lei ha cominciato con l’astrattismo? No no, ho cominciato con un fagiano!». Eccolo Venturino, il guizzo irriverente di Pinocchio.
05
ottobre 2023
Venturino Venturi. Sono nato, sì, molto tempo fa. Scritti 1936-1974
05 ottobre 2023
libri ed editoria
Location
BASILICA DI SAN MINIATO AL MONTE
Firenze, Via delle Porte Sante, 34, (Firenze)
Firenze, Via delle Porte Sante, 34, (Firenze)
Orario di apertura
ore 16.00, solo giovedì
Vernissage
5 Ottobre 2023, h 16.00
Sito web
Editore
Gli Ori - Pistoia, 2023
Ufficio stampa
Susy Fabiani - galleria Il Ponte
Autore
Curatore
Autore testo critico