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MAXXI L’Aquila, l’arte rende giustizia alla storia: la ricerca di Annu Matthew
Arte contemporanea
Il 7 ottobre scorso, in occasione della Giornata del Contemporaneo, si è tenuto al MAXXI L’Aquila un incontro che, apparentemente, ha poco di contemporaneo perché riporta alla luce eventi di circa 80 anni fa. Eventi che creano un collegamento molto stretto tra due Paesi – Italia e India – che, soprattutto all’epoca, non potevano sembrare più lontani, eppure hanno fatalmente incrociato il destino di tanti italiani e di tantissimi indiani. Ma pochi conoscono la storia dei 2,5 milioni di indiani che hanno combattuto al fianco dei loro colonizzatori, gli inglesi, durante la Seconda Guerra Mondiale, molti dei quali hanno perso la vita o sono stati fatti prigionieri sul fronte italiano mentre, quasi in contemporanea, decine di migliaia di soldati italiani venivano portati dagli inglesi nei campi di prigionia dell’India.
Una storia che riflette sulla memoria, sulla aleatorietà dei confini e che, proprio per questo e non a caso, si pone in dialogo con le opere dell’artista indiana Shilpa Gupta presenti nelle altre sale del museo con la mostra visibileinvisibile. E a riportare alla luce questa vicenda è l’artista di origini indiane Annu Palakunnathu Matthew (Stourport-on-Severn, Regno Unito, 1964) che ha sviluppato una pratica artistica in cui, partendo da foto d’archivio, interroga il passato, soprattutto quello meno noto, per esaminare le narrazioni storiche e gli effetti della colonizzazione.
Questi soldati, infatti, hanno combattuto e sono morti in Europa, ma in India i loro sacrifici alla fine della Guerra furono ritenuti imbarazzanti e quindi messi da parte durante la lotta per l’indipendenza dagli inglesi e anche a seguito degli orrori della Partizione, arrivati con la creazione della Repubblica Indiana e di quella Islamica del Pakistan nel 1947.
È così che le loro vicissitudini non sono mai state raccontate dai libri di storia, né indiani e neanche da quelli inglesi. Ricordate la polemica suscitata dal film Dunkirk nel 2017? Non c’era traccia delle truppe straniere nella ricostruzione storica proposta da Cristopher Nolan. Eppure ben tre compagnie del contingente indiano furono coinvolte nell’operazione Dunkirk, ma ancora oggi gli inglesi fanno fatica ad ammettere che, come ha scritto la studiosa di Oxford Yasmin Khan, «La seconda guerra mondiale è stata combattuta dall’Impero britannico, non dalla sola Inghilterra».
Erano circa 87mila i soldati indiani sul suolo italiano e in tanti sono morti durante la battaglia di Montecassino: è da lì che, qualche anno fa, è iniziata la ricerca di Annu Matthew, dall’archivio di Cassino dove sono conservate le fotografie di quei soldati. Da questo materiale ha preso forma la sua installazione dal titolo Unremembered, i dimenticati, appunto: immagini e filmati proiettati sulle lapidi del cimitero di Forlì in cui molti di loro sono sepolti.
Ma la ricerca di Annu non si ferma qui, segue le orme di quanti, invece, furono fatti prigionieri dai fascisti e dai nazisti e rinchiusi nel campo di prigionia di Avezzano e qui scopre incredibili storie di coraggio e di solidarietà delle famiglie abruzzesi che hanno aiutato i prigionieri indiani a nascondersi e a fuggire.
«Come artista, sono particolarmente interessata al motivo per cui alcune storie sono meno conosciute», racconta Annu Matthew. «Il mio obiettivo è collaborare con i soggetti delle mie ricerche per creare lavori accessibili a un pubblico più vasto, utilizzando le loro fotografie di famiglia. Ciò che è accaduto loro non dovrebbe andare perduto dalla storia. Quando mi sono imbattuta nella vicenda dei soldati indiani che hanno combattuto durante la II Guerra Mondiale e della generosità di chi in Italia li ha salvati, sono rimasta sbalordita nell’apprendere che non faceva parte dei libri di storia, quindi ho deciso di dedicare a loro il mio lavoro».
L’incontro organizzato al Maxxi L’Aquila – cui ha partecipato anche lo scrittore Alessio De Stefano e curato da Donatella Saroli della Fondazione MAXXI – è stata l’occasione per condividere alcune di queste storie incredibili attraverso la testimonianza degli eredi delle famiglie abruzzesi (in particolare le famiglie Fatato e Scaglione) che con grande coraggio hanno salvato le vite dei prigionieri indiani. Storie raccontate anche attraverso oggetti, come il violino regalato da un soldato indiano al figlio di dieci anni del medico della prigione che, a rischio della propria vita, lo ha aiutato a fuggire. Suo nipote, per la prima volta, ha voluto condividere quel violino che ha attraversato continenti e battaglie e dopo 80 anni ha fatto rivivere la storia di suo padre e di suo nonno.
Anche grazie alle tante persone che hanno risposto alla call del Maxxi L’Aquila per raccogliere sul territorio racconti e testimonianze sull’argomento, la ricerca di Annu Matthew continuerà nei prossimi mesi assemblando altro materiale fotografico, libri, interviste, oggetti con i quali darà concretezza ad un lavoro di cui ancora non conosciamo la forma, ma di cui possiamo già immaginare la potenza ed il valore artistico e storico.