-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Arte e Intelligenza Artificiale: una mostra alla Villa Reale di Monza
Mostre
di Elisa Gremmo
Si tratta di una mostra di sperimentazione perché, con la curiosità di chi scopre qualcosa di nuovo e vuole imparare a farlo funzionare, gli artisti e gli alunni coinvolti hanno esposto il risultato del loro giocare con questi strumenti innovativi che sono le Intelligenze Artificiali, o meglio, le reti neurali che generano immagini. Hanno testato le I.A. come se fossero un caleidoscopio con tantissimi vetrini colorati: lo hanno mosso lentamente, scosso, hanno aggiunto nuove piastrine, nuovi dati e hanno osservato, selezionandole, le disposizioni e le forme che si creavano autonomamente.
L’idea che sta alla base della mostra è doppia: da una parte è stato chiesto agli studenti degli Istituti Superiori di Monza e Brianza di produrre la stessa immagine sia manualmente sia tramite I.A.; dall’altra parte sono state accolte le opere generate con le I.A. degli artisti Francesco D’Isa, Roberto Fassone e Andrea Meregalli.
Gli alunni che hanno aderito all’open call hanno partecipato a un laboratorio formativo tenuto da Francesco D’Isa e da Alessia Dulbecco in cui veniva illustrato come usare le I.A. per generare la controparte della propria opera che, prodotta manualmente, provava a rispondere alla domanda «Come rappresentare i propri diritti nella società del futuro?».
L’adesione all’iniziativa da parte degli studenti è stata talmente ampia e proficua che, nonostante siano state selezionate da una giuria ed esposte come stampe solo dodici coppie di opere, le rimanenti sono state integrate nella mostra e presentate in uno schermo a fianco delle altre. Essendo un progetto divulgativo, per non esperti, che tenta di riequilibrare l’asincronia tra lo sviluppo tecnologico e la conoscenza a proposito, si è rivelata particolarmente efficace la scelta di non segnalare quale pezzo della coppia di quadri fosse stato prodotto manualmente e quale artificialmente, lasciandolo scoprire allo spettatore tramite la scansione di un QR Code.
Il secondo percorso della mostra, invece, è quello composto dalle opere degli artisti che impiegano come strumento le I.A. Roberto Fassone, collaborando con l’associazione culturale Sineglossa, ha realizzato And we thought, un insieme di video, album musicali, poster e film che danno voce a una entità artificiale – di nome Ai Lai – che narra dei propri “trip psichedelici”. Infatti, è stato chiesto a una rete neurale di elaborare, come prompt, migliaia di racconti umani di assunzioni di funghi allucinogeni e di descrivere a sua volta la propria esperienza sotto stupefacenti. Il risultato è stato, tra i vari, la produzione di una trilogia dei Led Zeppelin (che non esiste nella realtà, ma è frutto degli output della rete neurale che ha rielaborato i racconti sotto stupefacenti) composta dai film “The Doors”, “The Road” and “Love Is Magic”.
Francesco D’Isa ha esposto la serie Errori, una selezione di sintografie tratte dall’interazione con reti neurali stampate su piccole lastre di alluminio. Le opere che fanno parte di questa serie sono output inattesi in cui D’Isa si è imbattuto: se solitamente la digitazione di un prompt conduce alla generazione di immagini coerenti con l’ambito semantico corrispondente, la scelta di alcuni prompt può creare delle associazioni del tutto inaspettate. D’Isa, quindi, non parte da un’idea precisa che viene in seguito messa a punto, ma si affida al continuo processo di errore e di correzione dell’errore, esplorando la direzione che emerge durante il fare. Come se fosse un flâneur dello spazio latente, l’artista osserva come funziona l’algoritmo e quali sono limiti e potenzialità, ma, allo stesso tempo, essendo l’autore che pone le richieste alla I.A., cristallizza e imprime le proprie fissazioni e il proprio stile.
Andrea Meregalli, invece, propone quattro serie ottenute non tramite la digitazione di un prompt, ma grazie alla tecnica del blending. Il blending è una delle azioni che è possibile richiedere alle reti neurali e consiste nell’assemblare e mescolare due o più immagini che vengono fornite dall’autore. Non si tratta di un semplice collage, ma di una vera e propria rielaborazione originale del materiale dato. La particolarità di queste serie sta nel gusto del disgusto: Meregalli associa immagini che consideriamo familiari e tranquillizzanti, come le figure femminili del Botticelli, ad altre più respingenti, come la fotografia di un secchio di acqua ricoperto di alghe o disegni di alieni. Le immagini risultanti, selezionate tra molte, generano una sensazione di ironia amara e di inquietudine, un equilibrio ambiguo tra ciò che ci attrae e ciò che ci respinge. Particolare è la scelta, quasi politica, di stampare le opere su tele di grande formato: un richiamo all’attenzione in un periodo storico in cui siamo sottoposti a una sovrabbondanza di immagini, su cui raramente ci soffermiamo osservandole con cura.
La mostra The Rights from Future Generations è un esempio di iniziativa che risponde efficacemente a un interrogativo genuino. Dopo mesi di confusione e timore su che cosa siano e come funzionino le reti neurali e che rapporto abbiano con l’arte, la questione è stata affrontata tramite la ricerca, l’educazione e la pratica artistica. Esperti del settore hanno collaborato con i più giovani formandoli e coloro che si sono interessati a queste tematiche hanno potuto approfondirle non solo grazie alla mostra in sé, ma anche seguendo una serie di eventi collaterali.