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Allestite come se fossero appena apparse dal cielo, le opere di Sophie Ko si manifestano nelle stanze della Galleria Renata Fabbri in occasione della sua terza personale. Prima che la notte cada, visitabile fino al 18 novembre, ragiona sull’impatto del tempo sulla realtà, gli oggetti e gli individui che la abitano. Un nuovo corpus di lavori site-specific, sculture e fotografie occupano in modo silenzioso lo spazio espositivo.
Punto focale della mostra e della pratica di Sophie Ko è il rapporto tra il tempo e la materia, una forza inarrestabile e invincibile. Poggiate sul pavimento e sospese nello spazio di congiunzione tra le pareti, le Geografie Temporali dominano le sale espositive. Rispetto alle precedenti, la nuova serie gioca su formati singolari, spigolosi e appuntiti: «Una stella esplosa o un astro nascente, col cuore luminoso a forma di pentagono e cinque punte nere e azzurre disseminate nello spazio», per citare le parole di Riccardo Venturi, autore del testo critico. Alla ricerca del loro centro perduto, queste forme si rivelano silenziose e leggere, nonostante la loro concreta pesantezza.
I pigmenti dalle sfumature azzurre e le ceneri scure depositate all’interno delle grandi cornici poligonali sono prive di leganti. Questo rende le opere soggette al cambiamento e costituisce un rimando fisico alle clessidre in cui domina lo scorrere lento e inesorabile della sabbia. In un’ottica parallela, anche i lavori di Sophie Ko sono soggetti alla forza di gravità, la quale andrà a mutare pian piano la disposizione interna dei pigmenti. Ed è in questo contesto che il discorso si fa più ampio: non si parla più solo di caducità ma anche di uno spirito di rinascita e novità. Questo aspetto è legato al prender forma di nuove immagini all’interno delle Geografie Temporali.
La dimensione giocosa di Sophie Ko
Al piano interrato, un’installazione sperimentata in precedenza durante la 15ma edizione di Contemporary Locus a cura di Paola Tognon. Il tempo di Sophie Ko si interfaccia ora, oltre che con la materia, anche con l’infanzia e con la memoria. L’ispirazione per l’opera Una barca (2023) proviene dal legame con il figlio. Tre fusioni in bronzo di foglie e corteccia si mostrano nello spazio come piccole imbarcazioni in fila, pronte a navigare in un possibile laghetto.
Lo stesso tema è rappresentato da Prima che la notte cada (2023), la scansione di una mano adulta che accoglie e protegge una più piccola, probabilmente di un bambino. Un attimo fissato sulla stampa con un bagliore di luce improvviso, come quello di una stella cadente, magica ed effimera. A contornare le opere, una citazione tratta dalla poesia Elogio dell’infanzia di Peter Handke «Voleva che il ruscello fosse un fiume, il fiume un torrente e questa pozzanghera il mare». Un’incisione a parete, con foglia d’oro brillante, che mostra la sua forte presenza nonostante la sua delicatezza primaria.
Ed è in questa dimensione di cambiamento perenne, ma anche di gioco e osservazione spontanea, che le opere prendono vita: «Sporgersi nella notte – così recitava il titolo della personale di Sophie Ko nel 2018 – ma fermarsi prima che la notte cada. Restare nella tensione dell’attesa, una tensione per cui non sembrano esserci segnatempo». In occasione del finissage, il 16 novembre, alle ore 18:30, Sophie Ko e Riccardo Venturi saranno protagonisti di un talk nella sede della galleria.