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Quanto siamo consapevoli della dipendenza tecnologica? La mostra a Modena che prova a spiegarlo
Arte contemporanea
di Erica Baglio
Testimone dell’inarrestabile espansione della rete digitale, Evan Roth, così come tutti gli artisti della sua generazione, vide inizialmente in Internet un innovativo e utopico strumento di libera circolazione di dati e opere d’arte in formato digitale. La crescente dipendenza collettiva dalla rete sancisce per l’artista l’inizio di una ricerca sulla vera natura dei sistemi di comunicazione. Gli aspetti invisibili di queste tecnologie, così come quelli sorprendentemente tangibili, vengono indagati nel tentativo di suscitare una coscienza critica riguardo al potere e all’influenza che la rete digitale ha su di noi. Le scelte politiche ed economiche che si sono succedute nel corso della storia hanno da sempre inciso sul modo in cui le informazioni vengono trasmesse mediante questi sistemi di comunicazione, da noi erroneamente creduti attendibili. Il visitatore è invitato a prendere coscienza del mancato controllo sulla percezione del mondo circostante e sulla facilità con cui si prendono come vere informazioni falsate. Il rapporto tra rete digitale e società viene affrontato in questa ricerca artistica mediante installazioni, dipinti, video e sculture, in uno spazio immersivo e interconnesso.
L’opera inedita “…” [dot dot dot] (2023) accoglie il visitatore nella prima sala. L’enorme prisma rovesciato e sospeso omaggia nel titolo la lettera “…” – la S in codice Morse –, che per la prima volta nel 1901 attraversò l’oceano raggiungendo dalla Cornovaglia le coste del Canada. L’evocativa forma del triangolo ricorda la stazione di trasmissione radio utilizzata da Marconi per trasmettere il primo segnale transoceanico, passo fondamentale che darà il via al velocissimo processo di interconnessione globale. Sono i cavi Ethernet di cui il prisma è composto ad aprire la riflessione sulla diversa natura di Internet rispetto al più libero sistema radiofonico. A differenza della radio, infatti, pochi hanno il possesso della rete Internet, ma tutti ne sono ormai utenti. I cavi convergono verso il vertice del triangolo occupato da un router a cui il visitatore è invitato a connettersi.
La distorsione a cui i sistemi di comunicazione sottopongono le informazioni che compongono la nostra percezione della realtà è portata all’estremo dall’artista impiegando il software worldsinfigures.com. Il software permette la manipolazione e la sovrapposizione delle 121 mappe, che Roth ha accumulato dal 2018, con bandiere reali o inventate, dando origine ai veri e propri mondi distorti della serie di dipinti in acrilico Strands (2020 – in corso). L’impossibilità della restituzione del dato reale è ulteriormente visibile nel secondo ambiente della mostra, occupato dalla videoinstallazione Skyscapes (2023). Protagonista assoluto è il cielo di Modena, fotografato dall’artista nell’aprile 2023. Inserite in questo video, le immagini sono anch’esse forzate dall’innaturale quadratura dell’area del cerchio e dalla moltitudine di alterazioni tipiche del sistema cartografico.
L’installazione di video Landscapes (2016 – 2020), una delle più note di Evan Roth, occupa la terza sala e riporta alcuni dei luoghi strategici del mondo in cui riemergono i cavi Internet transoceanici. Con questi video l’artista rende a noi palese un aspetto del digitale a cui non siamo abituati a pensare, ovvero la sua materialità. Il senso di irrealtà, dato dal suggestivo colore rosso, è dovuto alla decisione di girare questi video sulla stessa frequenza dello spettro elettromagnetico della rete, l’infrarosso.
Il cavo che collega tra loro tutte le opere della mostra, dispiegandosi lungo le pareti e il pavimento, è reso visibile dalla serie di sculture Bent Networks (2020 – in corso), nella quarta e ultima sala del percorso espositivo. Distorcendo fisicamente il cavo Ethernet, l’artista ribadisce l’inattendibilità di quei sistemi da cui ci facciamo ciecamente guidare nella vita di tutti i giorni, rimanendo però all’oscuro delle scelte politiche, economiche e tecniche che si nascondono dietro di essi.