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Da Tiziano a Banksy, l’amore nella storia dell’arte, ancora una volta: la mostra a Terni
Mostre
Un omaggio all’amore attraverso l’arte, nella città dell’amore. È quello proposto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni, con la mostra dal titolo: L’Amore nell’Arte da Tiziano a Banksy a cura di Costantino D’Orazio, nella sua sede di Palazzo Montani. Un tema più che banale, se vogliamo, e più volte esplorato, ma che in questo caso vuole trovare giustificazione nel fatto di trovarsi proprio a Terni, cioè nel cuore della città umbra che diede i natali a San Valentino, patrono locale nonché degli innamorati. Una fonte di ispirazione imperdibile (commercialmente parlando), che ha portato all’organizzazione di un’esposizione che ha accompagnato la città durante le festività natalizie e continuerà a farlo nei successivi bagliori degli Eventi Valentiniani, che da anni rinvigoriscono la scena locale nei primi due mesi del nuovo anno e ben oltre il solo 14 febbraio.
Dopo il successo riscosso dalla precedente mostra Dramma e passione. Da Caravaggio ad Artemisia Gentileschi, la Fondazione ha scelto quindi di concentrarsi su un tema molto caro alla città di Terni, proponendo un racconto che raccoglie le iconografie più note e appassionanti dedicate al sentimento che ha maggiormente ispirato gli artisti nel corso dei secoli. Dall’amore più puro, come quello di una madre per il proprio figlio, all’amore seducente, in cui per secoli Venere e Cupido hanno sedotto e condannato i cuori di uomini e donne, fino alle relazioni più problematiche e ambigue descritte dagli artisti del Novecento.
Fino a chiudere con l’opera più recente, Balloon Girl di Banksy, della serie di cartoni realizzati dall’artista anonimo nel 2015, appena entrata a far parte della collezione della Fondazione bancaria ed esposta in anteprima per l’occasione, accanto a due artisti del secolo scorso che hanno ben conosciuto il territorio umbro, oltre a solcare i più importanti palcoscenici nazionali, come Alberto Burri e Mario Schifano, avvicinati tra loro nell’ultima stanza della mostra. Sia pure con opere decisamente minori e tutt’altro che rappresentative di entrambi gli artisti.
Lo scopo, tuttavia, è quello di far immergere il visitatore in un percorso ricco di storie ed emozioni, oltre a indagare sull’iconografia del sentimento d’amore nella storia, dall’Antichità fino al XXI secolo, grazie ad una serie di opere che affrontano le principali declinazioni di questo tema, che ha attraversato tutta l’arte in ogni tempo. Dalla mitologia greca e romana, attraverso le icone dell’amore spirituale medioevale, fino al recupero dell’Antico in epoca Rinascimentale, la sua trasformazione nel Barocco e lo sguardo nostalgico nell’Ottocento, l’Amore ha potuto fare affidamento su una serie di immagini e storie che soltanto nel Novecento cominciano ad essere messe in discussione. Come spiega D’Orazio, curatore della mostra insieme ad Anna Ciccarelli e con la collaborazione di Federica Zalabra, parlando di “metamorfosi dello sguardo” raccontata da circa quaranta opere tra pittura, scultura e ceramica.
«Assieme alla letteratura e, forse in maniera ancora più iconica e pregnante, l’Arte costituisce uno strumento perfetto per conoscere l’antropologia dei sentimenti e capire come sia cambiato il nostro rapporto con essi. L’Amore, senza dubbio, occupa il posto principale in questa vicenda secolare: quello passionale vissuto in gioventù, quello impossibile e scandaloso vissuto tra gli dei e gli uomini, quello tragico e quello eterno, come l’amore di una madre per i propri figli. Dall’Antichità fino al XX secolo è possibile individuare delle icone che, più di altre immagini, sono in grado di esprimere come il sentimento d’amore sia stato avvertito, raccontato e rappresentato».
Tornando alle opere, al di là del già citato Banksy, l’ultima opera acquisita dalla Fondazione Carit ed esposta in questa occasione, è una delle versioni più raffinate del dipinto Venere e Adone (1554 circa) della bottega di Tiziano Vecellio. Il celebre dipinto – replicato più volte dalla bottega di Tiziano, sotto la supervisione del maestro – che pone così la città di Terni nel circuito che collega la città a New York (Metropolitan Museum), Londra (National Gallery), Los Angeles (Getty Foundation), Washington (National Gallery) e Madrid (Museo del Prado), dove sono conservate alcune delle tele gemelle.
Ad aprire l’esposizione è però un omaggio diretto a San Valentino, che compare nel dipinto attribuito a Giambattista Volpato raffigurante San Valentino battezza santa Lucilla (Museo Civico, Bassano del Grappa), copia della grande opera di Jacopo Bassano, nel quale il giovane sacerdote restituisce la vista alla ragazza, a seguito della sua conversione al Cristianesimo.
La mostra prosegue poi presentando le opere in ordine cronologico: nella sezione archeologica sfilano i due protagonisti principali dell’Amore pagano, Venere e Cupido. A Terni arrivano la Venere di Ocriticum (Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo, Chieti) e due splendide ceramiche in cui Eros volteggia corteggiando una figura femminile allo specchio (Fondazione Sicilia).
Mentre a rappresentare la scuola umbra di Pinturicchio è la Madonna con bambino della Fondazione Perugia, che si confronta con il raffinato fronte di cassone nuziale istoriato in prestito dalla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia e con una delicata e intima Vergine con bambino di stampo raffaellesco. Queste scene così pure e castigate aprono le porte alle figure più sensuali e provocanti concepite da alcuni tra i maggiori maestri del Cinquecento, come Dosso Dossi – in mostra il dipinto Psiche abbandonata da Amore (Unicredit Banca), nato in una Ferrara godereccia e al contempo neoplatonica – e Tintoretto, dalla cui bottega veneziana emerge un’elegante rappresentazione di Venere con le tre Grazie (Museo Nazionale di Capodimonte, in deposito presso la Camera dei Deputati), inno all’Amore ispirato all’armonia della Natura, fino al fiammingo Frans Floris, che rappresenta una raro abbraccio tra Adamo ed Eva mentre si consuma il Peccato Originale (Gallerie degli Uffizi).
Tra i vari dipinti in mostra, la pittura barocca più raffinata è rappresentata da un affresco riportato di Guercino in cui Cupido attira l’attenzione di Venere (Accademia di San Luca), da un tenero Cupido dormiente dipinto su tela da Guido Reni (Galleria Corsini, in deposito presso la Camera dei Deputati), in cui emerge la natura fanciullesca della divinità più impertinente e imprevedibile dell’Olimpo. Per poi passare al rigore neoclassico in cui si trasforma Amore in un personaggio più quieto ed equilibrato, persino dolce nella sua innocenza, come compare nelle tele di Antonio Canova, in cui Venere e Cupido si scambiano teneri gesti d’affetto, quali quelli tra una madre e un figlio (Museo Canova, Busseto).
Si tratta di alcune tra le ultime scene mitologiche della mostra, che con l’Ottocento si immerge nell’immaginario romantico di Francesco Hayez, con cui l’Amore diventa un sentimento intrecciato con le istanze patriottiche del Risorgimento. Così accade nel celebre Bacio, di cui a Terni sarò esposto il bozzetto ad acquerello (Pinacoteca Ambrosiana) e lo studio dei Vespri siciliani (BNL), in cui l’Amore ispira gesti di grande impegno civile per la libertà.
Nell’ultima parte della mostra, dedicata al XX e XXI secolo, vengono messi in discussione tutti i principi d’Amore raccontati in precedenza. Dallo sguardo interrogativo della moglie di Giacomo Balla, ritratta dal marito nel Dubbio (Galleria Comunale d’Arte Moderna, Roma)- qui esposto all’interno della sua splendida cornice realizzata anch’essa dall’artista – all’abbraccio d’addio di due enigmatici manichini che Giorgio De Chirico identifica come Ettore e Andromaca (Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea), il Novecento trascina l’Amore in una dimensione sempre più problematica, riflettendo anche in questo sentimento le inquietudini dell’epoca.
Fino ad arrivare alla visione più dolce di questo sentimento, che Schifano rappresenta nei colori squillanti di cuori prodotti dai passi di un moderno Pegaso, affiancato ai segni erotici dedicati a Saffo di Burri, che portano al compimento della mostra, esaurendo in qualche modo quel percorso celebrativo dell’amore nell’arte che la Fondazione intendeva omaggiare. Ma è un omaggio, forse, un tantino pretenzioso. Almeno nel titolo: riuscendo nell’azzardo di accostare due nomi così distanti come quello di Tiziano e Banksy, al punto da far impallidire i più scafati (bisognerebbe vietare per legge l’organizzazione di mostre “da…a…’, scherzavamo con un collega – ma non troppo – entrando nell’esposizione). Ma lo scopo, fin troppo evidente, è quello di rendere esplicita l’impostazione cronologica, oltre a voler citare espressamente le due recenti acquisizioni: con la potenziale speculazione ravvisata da molti, giustificata dal chiaro intento divulgativo, come del resto fin troppo spesso accade nel panorama espositivo nazionale.
E nonostante la missione divulgativa condotta dalla Fondazione si possa considerare compiuta, vedendo l’entusiasmo con cui la città ha accolto anche questa nuova esposizione di Palazzo Montani, il primo impatto di chi naviga tra le mostre da qualche tempo è inevitabilmente permeato da un forte pregiudizio, dovuto proprio a quel titolo, e non solo al tema. Per fortuna che a rinvigorire lo spirito è qualche chicca comunque presente nell’esposizione: come quel Balla, che da solo varrebbe una mostra, insieme a qualche altra bella opera. Come quelle di De Chirico o Licini, tanto per rimanere sul contemporaneo.