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Private Collection Vol.1 – Lorenzo Marini, a Milano
Opening
di redazione
Il mecenatismo e il supporto all’arte fanno parte del DNA di Milano, città che da sempre ha avuto in privati cittadini illuminati uno dei principali motori sociali ed economici: è questa la premessa di Private Collection Vol.1 – Lorenzo Marini, la mostra che Cramum, ente no-profit dedicato al sostegno delle eccellenze artistiche in Italia sin dal 2012, insieme ainsieme a Verga 1947 e Borghesi Associati, presenta presso la MyOwnGaller dall’11 al 30 gennaio.
La mostra offre l’opportunità unica per esplorare le opere di Lorenzo Marini raccolte nel corso degli anni da un noto e lungimirante collezionista milanese, che offre lo spunto per chiedersi quale sia, oggi, il ruolo del mecenatismo e del collezionismo. Si tratta di un supporto discreto e tempestivo alle eccellenze artistiche nella fase di progettazione e produzione: fase costosa, spesso limite stesso per la nascita di nuova arte. Questo rapporto virtuoso tra mecenate e artista, tuttavia, presenta il difetto di essere elitario e accessibile solo a pochi privilegiati, che frequentano tali fortunate abitazioni. Cramum, pertanto, dà vita a una forma di restituzione collettiva e di condivisione della bellezza alla società: alle pareti si può leggere chiaramente il percorso organico e l’evoluzione – artistica e personale – di Lorenzo Marini, uno dei protagonisti indiscussi dell’arte contemporanea italiana che riflette sul ruolo della parola nell’arte.
Il curatore, Sabino Maria Frassà, scrive: «Nell’arte contemporanea italiana, Lorenzo Marini emerge come figura chiave. L’artista fonde con abilità l’arte visiva con la potenza delle lettere, creando opere uniche e coinvolgenti, che esplorano il legame tra arte, immagine e comunicazione. La mostra “Private Collection Vol. 1 – Lorenzo Marini”, nella sua forma quasi antologica di raccolta di opere dal 2012 a oggi, offre un’occasione unica per comprendere il senso e l’evoluzione del pensiero del Caposcuola della Type Art. Dal 2016, Marini, con il movimento da lui fondato, si propone di liberare le lettere, ponendo l’attenzione sull’estetica e sul significato del segno grafico. Questo movimento è parte di una più ampia indagine sul futuro della comunicazione e del linguaggio. Ogni lettera nelle sue opere diventa un elemento di un puzzle che racconta storie, suscita emozioni e solleva interrogativi. Invita gli spettatori a sperimentare la magia delle lettere, coglierne il significato più profondo e riflettere sul potenziale comunicativo e stimolante delle stesse. Marini sfida a guardare oltre le parole, a scoprire nuovi modi di comunicare e interpretare il mondo, sempre più visivo ma anche sempre più divisivo».
«Attraverso le sue opere – prosegue Frassà – Marini invita a riflettere sulla velocità della trasformazione del linguaggio e sulla fusione tra sintassi tradizionale, immagini, loghi e persino emoticons. l percorso espositivo esplora il potere delle lettere come fondamento del nostro pensiero e della nostra esistenza: dalla gioia espressa nei primi alfabeti all’annichilimento visualizzato nelle opere più recenti, le BlackHole. La mostra si apre con la presentazione di questi ultimi lavori, rivelando un profondo interrogativo sul futuro della comunicazione. Marini si chiede dove finiscano le molte parole dette, se siano promesse dimenticate o semplicemente dissipate nell’aria. Il buco nero, presente nelle nostre galassie, diventa un simbolo che assorbe sia lo spazio che il tempo, aprendo a interpretazioni suggestive sulla natura delle parole e sulla loro possibile scomparsa in una dimensione sconosciuta».
Nella serie BlakHole le lettere si uniscono in vortici senza formare parole complete. L’assenza di punteggiatura contribuisce a creare un discorso apparentemente impossibile, una destrutturazione delle lettere che, unite, formano un non senso dominante nelle nostre vite. In tutte le composizioni di Lorenzo Marini, siano esse bidimensionali o tridimensionali, le lettere si trasformano, infatti, in immagini, instaurando un dialogo visivo e concettuale con lo spettatore. Il denominatore comune è sempre il distacco, profondo e irreversibile, dalla concezione tradizionale della lettera come fondamento della comunicazione linguistica, esplorando l’alfabeto e la scrittura come segni nello spazio, espressioni artistiche individuali.
Conclude Frassà: «Dal BodyType, in cui citazioni di opere sono collegate a corpi nudi che formano lettere, all’Alphatype, ciclo di opere in cui l’artista rinuncia a loghi di valore significativo per creare nuovi alfabeti di emoticon, Marini narra sempre il cambiamento nella comunicazione e sottolinea la prevalenza della forma sull’essenza semantica. Non giudica, ma descrive ciò che vede, offrendo una prospettiva dell’evoluzione del linguaggio e della comunicazione in un mondo sempre più dominato dall’immagine. Se è innegabile il vortice del cambiamento in atto, l’artista sottolinea che l’alfabeto convenzionale rimane fondamentale nella funzione del leggere e dello scrivere. Semplicemente, le nostre parole si stanno arricchendo di nuovi significati visivi ed estetici: in un’epoca in cui l’immagine è sempre più protagonista, Marini offre così uno sguardo sull’importanza continua della parola nella Babele contemporanea che stiamo costruendo, perché essa è portatrice di messaggi ulteriori e a prescindere dal contenuto proprio e consolidato in secoli di evoluzione linguistica».
Arnaldo Borghesi conferma di apprezzare profondamente «le opere di Lorenzo Marini che riescono ogni volta a stupirci dando nuova vita e forma alle lettere dell’alfabeto e alla loro storia millenaria. Ci troviamo di fronte un mondo che esiste ed è a portata di mano, ma che al contempo è ancora tutto da esplorare. E più ti addentri in esso e più capisci le sue potenzialità infinite: in questo mondo senza confini Lorenzo con metodo, originalità e prospettiva si è avventurato lasciando a noi il piacere di seguirlo». E Umberto Verga aggiunge: «Il tempo diventa per Lorenzo Marini un dipinto astratto, dove le sfumature dell’eternità si mescolano in un caleidoscopio di momenti senza fine. Le lettere, libere e liberate dall’artista dalla loro prigione di routine millenaria, si perdono nei meandri di un’infinità senza confini, danzando tra le ombre del buco nero e facendo perdere noi spettatori in infiniti labirinti di senso e bellezza».