-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La cattedrale della memoria di Giulia Marchi da LABS Contemporary Art
Mostre
A Bologna, LABS Contemporary Art inaugura la seconda mostra personale, interamente fotografica, di Giulia Marchi (Rimini, 1976), che offre un viaggio nella memoria e nella formazione dell’artista. La mostra, accompagnata da un testo di Fabiola Triolo sarà visitabile fino al 2 marzo 2024.
Il titolo, Bildungsroman (romanzo di formazione), fa riferimento alle colonne e ai mattoni che hanno contribuito a costruire la cattedrale della memoria di Giulia Marchi, emergendo attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica come drappi di stoffa colorata.
Tra le colonne portanti di questa cattedrale della memoria si annoverano il Bilderatlas Mnemosyne di Aby Warburg, Ragazzi di Vita di Pier Paolo Pasolini, La montagna incantata di Thomas Mann, o il Bartolomeo Apostolo di El Greco. Di questi, Giulia Marchi ha scelto di rappresentare visivamente un dettaglio che si è fissato con forza nella sua memoria, come l’azzurro oltremare del velo dell’Annunciata di Palermo di Antonello da Messina, che emerge come verità tangibile, spesso al di là delle forme principali. Le immagini sono pulite e dirette, in sintonia con il ricordo che l’artista ha dell’opera a cui si riferiscono. Si tratta di drappi colorati fotografati su un tavolo ricoperto di un tessuto bianco accecante, evocando un’atmosfera sacra e drammatica. Solo una fotografia si distingue dalle altre, è la foto-altare in fondo al white-cube di LABS, che peraltro sorge negli spazi di un’ex chiesa sconsacrata. Su quest’opera non compare alcun drappo, è la “casella vuota” di Deleuze, il 4’33’’ di John Cage, il bianco denso che dà significato ai colori attorno a sé. La ricerca di Marchi si è già ampiamente rivolta in passato a questo concetto di vuoto e sospensione.
L’attrazione che le opere di Giulia Marchi esercitano si nasconde anche nell’appagamento che si prova una volta sciolto l’enigma dei riferimenti visuali o letterari, poiché tutto si rivela evidente, palpabile e fortemente condivisibile. Il punto di verde pastello delle acque del Giordano del Battesimo di Cristo di Masolino da Panicale vibra con la stessa intensità di quello del drappo ritratto da Giulia Marchi. La scelta delle stoffe deriva dal suo coinvolgimento in un’associazione che si occupava di dare un nuovo impiego a donne vittime di incidenti sul lavoro e che lavorava materiali recuperati da industrie tessili. È stato in quel momento che l’artista, colpita da questi drappi, ha deciso di utilizzarli come mezzo per realizzare e visualizzare la sua memoria.
È una mostra essenziale, che invita a scartabellare nelle migliaia di immagini dalle quali il nostro sguardo è bombardato quotidianamente, per distillare le opere o le parole che hanno lasciato un solco nella nostra storia personale. Bildungsroman stimola a cercare le proprie colonne portanti e come ha fatto Giulia Marchi, sceglierne il frammento più significativo, posizionarlo sul tavolo bianco e sacralizzarlo.