29 gennaio 2024

Un ecosistema culturale caldo e unico: il caso di Industrie Fluviali, a Roma

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Hub creativo e inclusivo, museo, spazio di co-working e residenze artistiche, epicentro di energie, Industrie Fluviali porta avanti la sua attività a Roma, nel quartiere Ostiense

È il 16 ottobre 2019 – prima della pausa lockdown – quando nasce ufficialmente Industrie Fluviali. La cooperativa sociale Pingo cercava disperatamente un ufficio accessibile a soci con le sedie a ruote e l’ha trovato nell’ex lavatoio lanario Sonnino aperto nel 1923. Del 1936 è invece il Grande Gazometro che diventerà presto il simbolo dell’architettura industriale di Roma Sud.

Industrie Fluviali è un unicum a Roma, uno spazio ibrido che miscela più competenze e ambiti: sembra un centro sociale ma anche un museo, è co-working ma anche centro eventi. È un luogo che accoglie le energie e gli stimoli dal basso ma vanta una struttura organica che fa funzionare la macchina, è no-profit per alcuni progetti culturali e sociali ma ricava spesso i fondi dalle attività profit. Punta poi a lavorare non solo su Roma, bensì su tutto il territorio italiano, cercando di creare un network internazionale.

 

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La struttura di Industrie Fluviali

Industrie Fluviali è, come abbiamo detto, un luogo poliedrico: 2mila mq di spazi rigenerati che ospitano un’area co-working e coffice, un bar bistrot Oblò – dove ci si può ristorare con tè e tisane, birra artigianale, insalate a km0 e light lunch-, degli spazi dedicati a eventi di arte e cultura. 400 mq sono dedicati agli spazi condivisi: cinque sale, in particolare, sono messe a disposizione o in affitto per riunioni, talk, eventi e mostre, shooting e temporary shop.

Il bistrot è attivo dalla mattina fino a orario aperitivo. Qui, grazie alle postazioni-ricarica, molti studenti, ricercatori e smart-workers possono fermarsi con i loro libri e laptop.

Nulla è lasciato al caso: sono presenti pannelli per l’insonorizzazione all’interno del co-working e delle sale-riunioni, pronte ad essere modellate a seconda delle esigenze. Ad esempio, per progetti più esperienziali che laboratoriali sull’educazione dell’infanzia, l’associazione partner Libelà ha trasformato gli ambienti a disposizione pensando a un format sui quattro elementi: le stanze sono state riempite di petali che volavano, con una macchina che erogava il fumo.

Le parti più belle della struttura sono quelle all’aperto: un’ampia terrazza, usata soprattutto nel periodo estivo, si affaccia verso il Gazometro ed è diventata celebre perché, proprio qui, è stato ambientato il film di Ferzan Özpetek Le Fate Ignoranti. Sullo stesso piano si apre una delle gemme dell’edificio: una serra realizzata da Zaelia Bishop, lo stesso artista che ha dato vita allo spazio espositivo Cosmo di Trastevere. È un giardino sensoriale in cui ogni pianta racconta la propria storia e provenienza, grazie all’impatto visivo e olfattivo o ai Qrcode sui vasi. Ogni pianta esotica sprona a intraprendere un viaggio in cui si intrecciano storie romantiche e scientifiche, ma anche resoconti di un’aspra politica coloniale.

Oltre ad accogliere format già pronti, Industrie Fluviali si occupa di produzione di progetti ad hoc che, come trait d’union, hanno l’obiettivo di promuovere l’interazione con l’esterno e il territorio circostante, non tralasciando il coinvolgimento degli abitanti del quartiere. Si tratta di un’imprenditoria che punta a un approccio tangibile abbracciando il sociale. Pingo, la società cooperativa integrata onlus che vi opera, ha a cuore i temi legati allinclusività, in special modo delle persone con disabilità e dei migranti, per i quali si predispongono percorsi per l’inserimento lavorativo.

Industrie Fluviali ha, poi, in cantiere un progetto più ampio di riqualificazione del quartiere. Si punta alla trasformazione di varie aree del quartiere in spazi di aggregazione, in particolare nella zona della Riva Ostiense che costeggia il Tevere. Nel passato, Pingo ha sempre aderito a commesse pubbliche e a bandi per l’accessibilità, ma da quando il governo ha ridotto gli spazi per il sociale, mettendola a competere con le agenzie interinali, ha dovuto ripensare la propria struttura.

Si portano avanti progetti su più direzioni, come ci spiegano Federico D’Orazio, Direttore Creativo di Pingo e Gabriele Scorzoni, Cultural Manager di Industrie Fluviali: «Abbracciamo tre direzioni operative. La prima è aperta a soggetti terzi che si rivolgono a noi per la produzione e l’organizzazione di loro programmi; la seconda vede i soggetti terzi che ci contattano per collaborazioni trasformarsi in partner; l’ultima prevede la produzione di nostri progetti per i quali ricerchiamo fondi o investiamo nostre risorse. Queste tre linee si muovono all’interno di una sfera di temi intersezionali che ci stanno a cuore e vanno ad alimentare progetti d’arte e di dibattito: diritti e istanze delle comunità LGBT+, persone con disabilità, minoranze e in particolare rifugiati. Nel 2023 abbiamo organizzato Genderscape includendo una ball-room, sfide e performance valutate da una giuria composta da componenti della comunità queer, talk sulla mascolinità tossica, uguaglianza di genere. Vorremmo scalare Genderscape a livello internazionale come già stiamo facendo con Baba Jaga».

Baba Jaga, il festival di fumetti dedicato ai Balcani, è nato, in particolare, nell’ambito del bando Promozione fumetto. Ora ha un partner lettone e un partner ceco. La nuova edizione inizierà con una residenza di un mese, tra marzo e maggio 2024 – un artista italiano andrà in Repubblica Ceca, un artista della Repubblica Ceca in Lettonia e un Lettone in Italia. Alla residenza seguiranno dei risultati espositivi e a fine novembre 2024 il Babà Jaga arriverà a Roma.

WIDE, il programma di residenza artistica

Wide è invece un programma di residenze per artisti avviato nel 2022. Le attività laboratoriali estive sono proposte in maniera coordinata e armonizzata rispetto alla scintilla innescata da Wide e dagli artisti coinvolti.

Le residenze non hanno una durata fissa: si va da un minimo di una settimana a 4 mesi (pur essendo intervallati) – com’è accaduto per la gestazione di 350 metri che ha visto la partecipazione di 25 persone. La prossima residenza comincerà a giugno 2024. Al primo anno, il 2022, risalgono gli interventi The Giants, Teste di Rapa e Storie di Spazi.

The Giants è un murales realizzato da Geometric Gang sul Rooftop, la terrazza che affaccia sul Gazometro. È un intervento che vede quattro grandi colossi composti da figure geometriche accostate secondo colori complementari e brillanti.

Teste di Rapa di Alleg (Andrea Parente, abruzzese) vuole ribaltare il modo di dire che vede nella testa di rapa un insulto e in cuore d’oro un complimento. È un omaggio alla strabiliante intelligenza della natura, capace a seconda delle esigenze, di costruire reti ipogee articolatissime di organismi interdipendenti (basti pensare ai miceli), ma anche di organizzarsi in maniera ordinata ed equilibrata – come avviene per il fenomeno della timidezza delle chiome degli alberi. Realizzata con l’idropittura su muro, l’opera si trova sulla terrazza gemella del Rooftop, il Roof Garden ove si insedia anche la Serra Empirica di Zaelia, da cui trae infatti ispirazione. Rappresenta una sfilza di capoccioni vegetali sulla cui sommità si innestano i rami di altre piante e arbusti – cactus, ulivi, zucche, palme, querce.

Storie di Spazi di Carla Rak è un tuffo nel passato e nella vecchia funzione del palazzo, il lavatoio lanario. La sua composizione astratta è realizzata in lana taftata e ricamata a mano e rievoca, in verità, un paesaggio visto in prospettiva aerea. Le sue forme incapsulate riprendono i colori primari insieme al bianco e al nero e sembrano le sezioni di campi arati alternati a diverse colture.

Alla nuova edizione del 2023 appartiene un’altra serie di interventi come Pour Bâtir un Sanctuaire bien des Tissus sont Nécessaires dell’artista nativa di Tours, Madame. La street artist gioca sul significato di “bâtir” costruire un tempio ma anche confezionare un abito e sull’ampio valore del vocabolo “tessuti” che allude si all’ambito sartoriale ma anche a quello sociale come trama-rete umana, ordito essenziale dei luoghi. La sua opera è il risultato di un papier collé di carte con pattern diversi che formano la pelle di una donna con la fede al dito e attinge a un immaginario vittoriano. Le sue composizioni, in apparenza rassicuranti, nascondono spesso ambiguità e livelli sotterranei di lettura: la figura femminile è felice o si sente costretta e sofferente nel suo legame coniugale, cosa cerca e dove vorrebbe andare, vorrebbe sciogliere i nodi o è tutelata dai vincoli civili?

Cosmogonia di Andrea Casciu attinge a un bacino di mitologie globale, partendo dall’idea che il Tevere sia come un flusso creativo che influisce sull’andamento di Industrie Fluviali: i due ibridi squamati sono come pesci antropomorfi, creature magiche in grado di portare humus fertilizzante, la luna e il sole come fonti di luce ed energie, il caldo e freddo come la garanzie dei cicli della terra. E se l’iconologia del serpente che si morde la coda, l’uroboro, declinato con varianti locali attraversa il globo (tradizione norrena-vichinga, Mali, Benin, indù) e per il popolo Minangkabau dell’Isola di Sumatra la terra piatta è sorretta da un bufalo in equilibrio su un uovo, a sua volta sostenuto dal dorso di un pesce gigante, è evidente un richiamo all’energia dell’acqua. I rettili hanno infatti conservato le squame per una lontana parentela con i pesci.

Nel suo elaborato murale, che accoglie gli ospiti direttamente all’ingresso, Casciu ha inoltre aggiunto una strana presenza simbolica che sembra uscita fuori da un bestiarium medievale: il leggendario Barometz una pianta della Tartaria (Asia centrale) che si riteneva generasse frutti ovini, il fusto vegetale era quindi il cordone ombelicale di un agnello. L’artista aggiunge un elemento spurio, estraneo alle credenze originarie – un mizuchi, lo spirito dell’acqua in forma di drago della tradizione cinese-giapponese – per racchiudere all’interno della sua allegoria tutti gli elementi generativi di Industrie fluviali.

Branches di Eloise Gillow guarda alla meravigliosa presenza dei pini marittimi romani, punte di diamante nelle composizioni del Grand Tour, alla cooperazione all’interno di un’ecosistema multietnico. Se gli alberi appaiono inizialmente come presenze fantasmatiche e anonime – celate dietro un velo di Maya – sono le persone che vivono all’interno della Città Eterna a renderle presenze imprescindibili grazie al rispetto per questi antichi colossi e il supporto reciproco: una rete umana con gli anelli ben saldi, l’aspirazione a una comunità coesa, inclusiva, pluriculturale.

Infine, 350 metri progetto di Officinadïdue (duo composto da Vera Bonaventura e Roberto Mainardi), che parte dall’ingresso e finisce il circuito al piano superiore, non fa altro che ribadire le tematiche toccate dall’opere sopracitate. Un filo di lana, ottenuto dagli scarti di lavorazione e lungo la distanza che esiste tra Industrie Fluviali e le rive del Tevere, attraversa gli spazi dell’edificio. Si inerpica come un rampicante sulle pareti, corre lungo le pareti e i pavimenti, sale le scale e avvolge i pilastri creando un labirinto di venature blu a rappresentare il sodalizio del team e le risorse umane che arricchiscono questa hub creativa.

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