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Decolonialismo e questioni di genere: le opere più interessanti di ARCOmadrid 2024
Fiere e manifestazioni
Esposto nello spazio progettato da Ignacio G. Galán, Arantza Ozaeta e Álvaro Martín Fidalgo a ARCOmadrid 2024, che sotto la rinnovata direzione della brillante Maribel López dedica la sua 43esima edizione (6-10 marzo 2024) ai Caraibi con il focus The shore, the tide, the current: an oceanic Caribbean (a cura di Carla Acevedo-Yates e Sara Hermann), il gelato azzurro fatto con l’acqua del mare dei Caraibi (Helado de agua del mar Caribe, 2002-2024) – “azione commestibile” partecipativa dell’artista multidisciplinare Quisqueya Henríquez (di origine cubana, vive e lavora nella Repubblica Domenicana) – ha le stesse tonalità dei guizzi che “illuminano” Untitled, 2019 dell’italiana Elisa Montessori.
La lunga carta occupa un’intera parete dello stand della galleria Monitor Roma, Lisbona, Pereto (AQ), con quel suo paesaggio astratto “fluttuante” di grande intensità poetica, come del resto lo è l’opera L’Erbario che Montessori ha realizzato nel 1978, tra le acquisizioni a ARCOmadrid 2024 del Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid. Due artiste appartenenti a generazioni diverse: entrambe le opere, tra l’altro, sono state già esposte in altri contesti, la prima nel 2021 al Malba – Museo de Arte Latinoamericano Buenos Aires e la seconda nella personale La camera bianca (2020) alla Fondazione Giuliani di Roma. Di rimandi al colore azzurro ce ne sono tantissimi, intercettabili in numerose altre opere d’arte contemporanea tra le centinaia in vendita nelle hall 7 e 9 del complesso fieristico di Ifema Madrid che firma l’organizzazione dell’evento: ci sono i moduli di acciaio inossidabile ed altri materiali in Cirrocumulus Uncinus Fluctus/M+I di Tomás Saraceno (neugerriemschneider, Berlino) ed è azzurra la parete che accoglie l’installazione testuale Around the world di Lawrence Weiner (Cristina Guerra Contemporary Art, Lisbona), così come i cieli della serie Paisajes dipinti ad olio da Daniela Ortiz (Àngels Barcelona, Barcellona) che raffigurano temi legati al razzismo, al patriarcato e all’immigrazione citando anche l’attivista Lolita Lebrón (1919-2010), figura carismatica della scena politica portoricana. Di respiro internazionale, ARCOmadrid con la presenza di 205 gallerie di 36 paesi si conferma come piattaforma di riferimento in Europa per l’arte del Centro e Sud America con ben 38 gallerie, in particolare dall’Argentina, Brasile e Messico e l’organizzazione di una seconda sezione dal titolo Never the same. Latin American art, a cura di Manuela Moscoso e José Esparza Chong Cuy in cui è evidenziato il rapporto con la tradizione e il patrimonio culturale.
La peruviana Violeta Quispe Yupari (Vigil Gonzales, Buenos Aires e Cusco), figlia di Gaudencia Yupari e Juan Walberto Quispe, due artisti originari della comunità contadina di Sarhua, nella regione andina di Ayacucho, recupera la tradizione della pittura su legno (Tablas de Sarhua) usando colori particolarmente vibranti per dare voce alle ingiustizie e alle violenze di genere ed affermare così la forza dell’arte come manifesto socio-politico contro le ingiustizie. In un’ottica analoga si pone il lavoro di Daiara Tukano (Richard Saltoun Gallery, Londra e Roma), artista e attivista indigena brasiliana che esplora in maniera visionaria la mitologia e la spiritualità della comunità Tukano, a cui appartiene, e il suo profondo legame con la natura. Quanto a Sandra Gamarra Heshiki è peruviana ma vive a Madrid: è lei l’artista che con il progetto Pinacoteca Migrante (a cura di Agustín Pérez Rubio) rappresenterà la Spagna alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia. In linea con la sua poetica anche i lavori presentati ad ARCOmadrid (Leme, San Paolo e 80m2 Livia Benavides, Lima) dove la pittura figurativa è lo strumento per “decolonizzare” l’arte e i suoi meccanismi di rappresentazione, esposizione e commercializzazione.
Infine, svelare e scardinare gli stereotipi della violenza di genere, per la catalana Laia Abril (Set Espai D’Art, Valencia) non è solo una ricerca visuale: i suoi ritratti concettuali di abiti e indumenti sono la denuncia di donne che hanno subito violenza. On rape (2019) è il secondo capitolo del suo progetto a lungo termine A History of Misogyny, tra pregiudizi e drammatiche verità.