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Vincenzo Agnetti / Tomaso Binga – una macchina è una macchina
In corso fino al 15 luglio 2024 presso la Galleria Erica Ravenna una bipersonale dedicata a Vincenzo Agnetti e Tomaso Binga. Un dialogo tra due artisti che, a partire dagli anni ’60, hanno privilegiato l’uso della parola come medium espressivo di quel processo di trasformazione grazie al quale il pe
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Vincenzo Agnetti - Tomaso Binga | una macchina è una macchina
12 marzo 2024 – 15 luglio 2024
Testi in catalogo di Giuseppe Garrera e Ilaria Gianni
COMUNICATO STAMPA ¬
In corso fino al 15 luglio 2024 presso la Galleria Erica Ravenna una bipersonale dedicata a Vincenzo Agnetti e Tomaso Binga. Un dialogo tra due artisti che, a partire dagli anni ’60, hanno privilegiato l’uso della parola come medium espressivo di quel processo di trasformazione grazie al quale il pensiero, le esperienze e la vita divengono operazione artistica.
Circa 30 opere, per la maggior parte inedite, intendono mettere a fuoco i punti di contatto tra i due artisti che hanno condiviso linguaggi comuni tra cui l’uso della poesia, le pratiche performative e la concezione dell’arte come un’operazione di sintesi.
Erano gli anni della sperimentazione, dell’avvento di materiali extra-artistici e di più aggiornate tecnologie, che hanno ispirato e influenzato la ricerca nell’ambito dei nuovi linguaggi dell’arte. Tra i vari supporti meccanici e tecnologici, la macchina da scrivere ha costituito uno degli strumenti che numerosi artisti, nei decenni ’60 e ‘70, hanno utilizzato per la realizzazione delle loro opere. Il noto saggio The Art of Typewriting a cura di Ruth e Marvin Sackner, ne traccia una rassegna all’interno della quale figura Tomaso Binga – artista legata alla galleria stabilmente da lungo tempo - con i suoi Dattilocodici realizzati con un’Olivetti lettera32. Da un errore di battitura di due tasti contemporaneamente, è generato un segno che a sua volta, attraverso la scelta compositiva dell’artista, darà luogo a un criptico codice linguistico e a originali immagini.
Nel saggio non compare Vincenzo Agnetti: è il 1969 quando l’artista espone per la prima volta, da Cenobio-Visualità a Milano, La macchina drogata: una calcolatrice Divisumma 14 Olivetti nella quale sostituisce ai numeri i segni alfabetici e quelli d’interpunzione. Il pubblico è invitato a interagire con lo strumento meccanico, producendo un’azione collaborativa e performativa definita da Agnetti come “teatro statico”. La lettera originale Del teatro statico, riguardante fra l’altro la funzione metalinguistica del linguaggio, la demistificazione delle informazioni e il rapporto con la società dei consumi, sarà eccezionalmente esposta in mostra.
Prosegue così il lavoro della galleria sul confronto tra Agnetti e Binga, la cui ricerca è stata per la prima volta posta in dialogo in occasione della collettiva Fare uno, dalla parola al segno un dialogo possibile (marzo 2023) e successivamente all’interno del progetto di miart 23. A testimonianza e a riprova del senso di questo confronto possiamo rileggere la poesia che Vincenzo Agnetti ha dedicato a Tomaso Binga nel lontano 1977 e oggi straordinariamente ritrovata.
Attraverso i dattilocodici di Tomaso Binga e i prodotti della macchina drogata di Vincenzo Agnetti la mostra riflette su come il lavoro di questi due artisti abbia straordinariamente anticipato quanto accade oggi nell’ambito delle nuove tecnologie, dell’intelligenza artificiale e dei new media come produttori di opere d’arte attraverso i trascorsi risvolti creativi nel rapporto fra l’uomo e la macchina, che diventa autonoma e “viva”
NOTE BIOGRAFICHE
Tomaso Binga (Salerno 1931), nome d’arte di Bianca Pucciarelli Menna, artista, poetessa e performer, vive e lavora a Roma. Nel 1971 Binga inizia una sperimentazione artistica e poetica incentrata sulla scrittura verbo-visuale. Nella prima fase della sua carriera lavora con la scrittura “desemantizzata”, un segno grafico apparentemente disfunzionale e non comunicativo, presentando la prima mostra nel 1974 presso la Galleria L’Obelisco di Roma. Nel 1974 inizia le sue azioni performative: la prima è Parole da distruggere, parole da conservare. Gli anni successivi saranno ricchi di attività culturali e mostre significative: nel 1976 completerà una serie di opere che rimarranno un caposaldo della sua ricerca artistica, come la sua "Scrittura Vivente": lettere dell'alfabeto formate con il proprio corpo femminile e in particolare le sue famose carte da parati. In quell’anno è invitata a partecipare alla mostra organizzata da Mirella Bentivoglio dal titolo Tra linguaggio e immagine seguita da Materializzazione del linguaggio (1978). Prosegue la sua attività partecipando a numerose mostre e iniziative culturali, tra cui la XVI Biennale di San Paolo, Brasile (1981) XI Quadriennale di Roma (1986), Fondazione Prada (2017), Frigoriferi milanesi (2019), Museion, Bolzano (2019), Centre d’Art Contemporain, Ginevra (2020). Da ultimo l’edizione della Biennale di Venezia del 2022. Le sue opere sono inoltre presenti in collezioni museali italiane ed estere.
Vincenzo Agnetti (Milano, 1926 – 1981), diplomato all’Accademia di Brera, esordisce negli ultimi anni ’50 affiancando alla pittura in ambito informale l’attività di critico, saggista e teorico. Nel 1957 collabora ad ‘Azimuth’ e alla rivista omonima con Manzoni, Castellani, Bonalumi, Boriani, Anceschi, De Vecchi. Dal 1960 respinge la pratica della pittura per identificare l’arte con l’assenza, operando in un ambito concettuale estremamente radicale, ‘freddo’, a volte criptico. Del 1962 è Obsoleto, con la cancellazione del testo delle ultime pagine, operazione ripresa a fine decennio in Libro dimenticato a memoria con il taglio totale dei blocchi di testo da tutte le pagine, e con Pagina dimenticata a memoria in cui la scritta campeggia al negativo sulla pagina nera. Lavora quindi e sperimenta al di fuori della pittura in anni di viaggi fino al 1967 quando, rientrato in Italia, sostiene la pratica artistica come pura analisi dei concetti. Il suo lavoro di analisi dell’oggetto in rapporto alla sua immagine fisica e mentale e il suo operato sui linguaggi della comunicazione sono di fondamentale importanza. Nel 1975 Agnetti apre uno studio a Manhattan, inizia la collaborazione con Ronald Feldman, stringe amicizie con altri artisti, in particolare con Arakawa. Ha partecipato alle Biennali di Venezia dal 1974 al 1978, alla Quadriennale di Roma, alla documenta 5 del 1972 e alla Biennale di S. Paolo del 1973. Muore a Milano nel 1981.
SCHEDA INFORMATIVA
“Vincenzo Agnetti - Tomaso Binga | Una macchina è una macchina”
Galleria Erica Ravenna
via della Reginella,3 - Via di Sant’Ambrogio, 26 – 00186 Roma
7 marzo – 15 luglio 2024
Inaugurazione:
martedì 12 marzo 2024 ore 18.00
Orari di apertura:
lunedì - venerdì 10:30 – 13:30; 15:30 – 19:30; sabato 10:30 – 13:30
Informazioni:
artecontemporanea@ericafiorentini.it
Tel. +39 06 3219968
ericaravenna.com
UFFICIO STAMPA
Allegra Seganti – allegraseganti@yahoo.it +39 335 536 2856
Flaminia Casucci –
12 marzo 2024 – 15 luglio 2024
Testi in catalogo di Giuseppe Garrera e Ilaria Gianni
COMUNICATO STAMPA ¬
In corso fino al 15 luglio 2024 presso la Galleria Erica Ravenna una bipersonale dedicata a Vincenzo Agnetti e Tomaso Binga. Un dialogo tra due artisti che, a partire dagli anni ’60, hanno privilegiato l’uso della parola come medium espressivo di quel processo di trasformazione grazie al quale il pensiero, le esperienze e la vita divengono operazione artistica.
Circa 30 opere, per la maggior parte inedite, intendono mettere a fuoco i punti di contatto tra i due artisti che hanno condiviso linguaggi comuni tra cui l’uso della poesia, le pratiche performative e la concezione dell’arte come un’operazione di sintesi.
Erano gli anni della sperimentazione, dell’avvento di materiali extra-artistici e di più aggiornate tecnologie, che hanno ispirato e influenzato la ricerca nell’ambito dei nuovi linguaggi dell’arte. Tra i vari supporti meccanici e tecnologici, la macchina da scrivere ha costituito uno degli strumenti che numerosi artisti, nei decenni ’60 e ‘70, hanno utilizzato per la realizzazione delle loro opere. Il noto saggio The Art of Typewriting a cura di Ruth e Marvin Sackner, ne traccia una rassegna all’interno della quale figura Tomaso Binga – artista legata alla galleria stabilmente da lungo tempo - con i suoi Dattilocodici realizzati con un’Olivetti lettera32. Da un errore di battitura di due tasti contemporaneamente, è generato un segno che a sua volta, attraverso la scelta compositiva dell’artista, darà luogo a un criptico codice linguistico e a originali immagini.
Nel saggio non compare Vincenzo Agnetti: è il 1969 quando l’artista espone per la prima volta, da Cenobio-Visualità a Milano, La macchina drogata: una calcolatrice Divisumma 14 Olivetti nella quale sostituisce ai numeri i segni alfabetici e quelli d’interpunzione. Il pubblico è invitato a interagire con lo strumento meccanico, producendo un’azione collaborativa e performativa definita da Agnetti come “teatro statico”. La lettera originale Del teatro statico, riguardante fra l’altro la funzione metalinguistica del linguaggio, la demistificazione delle informazioni e il rapporto con la società dei consumi, sarà eccezionalmente esposta in mostra.
Prosegue così il lavoro della galleria sul confronto tra Agnetti e Binga, la cui ricerca è stata per la prima volta posta in dialogo in occasione della collettiva Fare uno, dalla parola al segno un dialogo possibile (marzo 2023) e successivamente all’interno del progetto di miart 23. A testimonianza e a riprova del senso di questo confronto possiamo rileggere la poesia che Vincenzo Agnetti ha dedicato a Tomaso Binga nel lontano 1977 e oggi straordinariamente ritrovata.
Attraverso i dattilocodici di Tomaso Binga e i prodotti della macchina drogata di Vincenzo Agnetti la mostra riflette su come il lavoro di questi due artisti abbia straordinariamente anticipato quanto accade oggi nell’ambito delle nuove tecnologie, dell’intelligenza artificiale e dei new media come produttori di opere d’arte attraverso i trascorsi risvolti creativi nel rapporto fra l’uomo e la macchina, che diventa autonoma e “viva”
NOTE BIOGRAFICHE
Tomaso Binga (Salerno 1931), nome d’arte di Bianca Pucciarelli Menna, artista, poetessa e performer, vive e lavora a Roma. Nel 1971 Binga inizia una sperimentazione artistica e poetica incentrata sulla scrittura verbo-visuale. Nella prima fase della sua carriera lavora con la scrittura “desemantizzata”, un segno grafico apparentemente disfunzionale e non comunicativo, presentando la prima mostra nel 1974 presso la Galleria L’Obelisco di Roma. Nel 1974 inizia le sue azioni performative: la prima è Parole da distruggere, parole da conservare. Gli anni successivi saranno ricchi di attività culturali e mostre significative: nel 1976 completerà una serie di opere che rimarranno un caposaldo della sua ricerca artistica, come la sua "Scrittura Vivente": lettere dell'alfabeto formate con il proprio corpo femminile e in particolare le sue famose carte da parati. In quell’anno è invitata a partecipare alla mostra organizzata da Mirella Bentivoglio dal titolo Tra linguaggio e immagine seguita da Materializzazione del linguaggio (1978). Prosegue la sua attività partecipando a numerose mostre e iniziative culturali, tra cui la XVI Biennale di San Paolo, Brasile (1981) XI Quadriennale di Roma (1986), Fondazione Prada (2017), Frigoriferi milanesi (2019), Museion, Bolzano (2019), Centre d’Art Contemporain, Ginevra (2020). Da ultimo l’edizione della Biennale di Venezia del 2022. Le sue opere sono inoltre presenti in collezioni museali italiane ed estere.
Vincenzo Agnetti (Milano, 1926 – 1981), diplomato all’Accademia di Brera, esordisce negli ultimi anni ’50 affiancando alla pittura in ambito informale l’attività di critico, saggista e teorico. Nel 1957 collabora ad ‘Azimuth’ e alla rivista omonima con Manzoni, Castellani, Bonalumi, Boriani, Anceschi, De Vecchi. Dal 1960 respinge la pratica della pittura per identificare l’arte con l’assenza, operando in un ambito concettuale estremamente radicale, ‘freddo’, a volte criptico. Del 1962 è Obsoleto, con la cancellazione del testo delle ultime pagine, operazione ripresa a fine decennio in Libro dimenticato a memoria con il taglio totale dei blocchi di testo da tutte le pagine, e con Pagina dimenticata a memoria in cui la scritta campeggia al negativo sulla pagina nera. Lavora quindi e sperimenta al di fuori della pittura in anni di viaggi fino al 1967 quando, rientrato in Italia, sostiene la pratica artistica come pura analisi dei concetti. Il suo lavoro di analisi dell’oggetto in rapporto alla sua immagine fisica e mentale e il suo operato sui linguaggi della comunicazione sono di fondamentale importanza. Nel 1975 Agnetti apre uno studio a Manhattan, inizia la collaborazione con Ronald Feldman, stringe amicizie con altri artisti, in particolare con Arakawa. Ha partecipato alle Biennali di Venezia dal 1974 al 1978, alla Quadriennale di Roma, alla documenta 5 del 1972 e alla Biennale di S. Paolo del 1973. Muore a Milano nel 1981.
SCHEDA INFORMATIVA
“Vincenzo Agnetti - Tomaso Binga | Una macchina è una macchina”
Galleria Erica Ravenna
via della Reginella,3 - Via di Sant’Ambrogio, 26 – 00186 Roma
7 marzo – 15 luglio 2024
Inaugurazione:
martedì 12 marzo 2024 ore 18.00
Orari di apertura:
lunedì - venerdì 10:30 – 13:30; 15:30 – 19:30; sabato 10:30 – 13:30
Informazioni:
artecontemporanea@ericafiorentini.it
Tel. +39 06 3219968
ericaravenna.com
UFFICIO STAMPA
Allegra Seganti – allegraseganti@yahoo.it +39 335 536 2856
Flaminia Casucci –
12
marzo 2024
Vincenzo Agnetti / Tomaso Binga – una macchina è una macchina
Dal 12 marzo al 15 luglio 2024
arte contemporanea
Location
GALLERIA ERICA RAVENNA
Roma, Via della Reginella, 3, (Roma)
Roma, Via della Reginella, 3, (Roma)
Orario di apertura
lunedì - venerdì 10:30 – 13:30; 15:30 – 19:30; sabato 10:30 – 13:30
Vernissage
12 Marzo 2024, 18.00, su invito
Ufficio stampa
Ufficio stampa Allegra Seganti e Flaminia Casucci
Autore
Curatore