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MAG apre una nuova sede a Bologna: si parte con “Padiglione Itaglia”, curioso threesome artistico
Arte contemporanea
Arriva a Bologna MAG | Magazzeno Art Gaze, l’anticonformista galleria d’arte fondata da Alessandra Carini nel 2016 a Ravenna, che il 24 aprile, con la doppia personale dei chiacchierati artisti Giulio Alvigini e Luca Rossi, dal titolo “Padiglione Itaglia“, apre in via Testoni 5E, dove prima c’era il mondo di Eutèpia; sala da Te, piccola spezieria dove i bolognesi si andavano a rifugiare durante i freddi inverni felsinei. E forse non è un caso che in un luogo dove si sorseggiavano Tè esotici, all’insegna della convivialità e dell’elogio alla lentezza, nasca un così audace e ambizioso progetto che vuole mettere la G in mezzo a Italia quasi a sbeffeggiare quel Padiglione Italia tanto discusso. In un momento in cui il calendario del mondo dell’arte si ritrova congestionato dagli eventi culturali di aprile, tra miart, Salone del Mobile e Biennale di Venezia, MAG promette di scuotere la stagione primaverile presentando un’alternativa spregiudicata e imprevista al tradizionale circuito artistico. Il Padiglione Itaglia si propone come una mostra “divisiva” nel senso di equamente divisa tra le opere dell’enfant terrible dell’arte italiana Giulio Alvigini e di Luca Rossi, da alcuni considerato “la spina nel fianco dell’arte” per la sua schiettezza, io lo definirei “un multi potenziale istrionico” in equilibrio. MAG non sarà solo un luogo espositivo, ma un vivace centro di sperimentazione, discussione e convivialità e a rafforzare l’offerta sarà anche la collaborazione con Bonobolabo che curerà il bookshop.
Abbiamo fatto un’intervista a 3 voci per saperne di più:
Magazzeno Art Gaze ha nel nome e nella mission la proposta di offrire un nuovo sguardo sul mondo dell’arte in Italia. In cosa consiste questo nuovo sguardo?
Alessandra Carini: «Penso che siamo arrivati, almeno in Italia, ad un punto di stallo: girando continuamente per fiere, gallerie e musei vedo solo opere didascaliche, manieristiche, per lo più una pittura vuota fatta da trentenni che sembrano appena usciti dalla Transavanguardia. Non credo che la responsabilità sia tutta degli artisti, ma piuttosto di un sistema vecchio fatto da vecchi un pò provinciali, che guardano al presente e al futuro con diffidenza e si rifugiano allegramente nel passato. Non che ci sia nulla da inventare sia chiaro, ma sicuramente c’è ancora molto da dire, da sovvertire. Negli ultimi anni ho abbandonato quelle che chiamo (in modo molto snob) “le pitturine” e mi sono interessata a opere e artist* che in qualche modo analizzassero il loro tempo e cercassero nelle idee la loro forza, un po’ come facevano gli artist* di Fluxus: opere-manifesto, prese di posizione, veri e propri atti politici. Ovviamente senza prendersi troppo sul serio perché, in fin dei conti, parliamo di un bene (quasi) inutile per una cerchia ristrettissima di persone.»
Perché ha scelto Bologna per l’apertura della nuova sede di Magazzeno?
Alessandra Carini: «Già alla fine del 2019 avevo deciso di spostarmi a Bologna, poi sappiamo cosa è successo negli anni successivi e questo mi ha momentaneamente rallentata, ma mai spostata dal mio obiettivo. Bologna è una città che, a differenza di Milano, Firenze o Venezia (nella quale ho vissuto 10 anni), non sembra ancora satura; è una città che storicamente resiste e si ribella e che, negli ultimi anni, è cresciuta tantissimo in vari ambiti, sia artistici che turistici. Mi sembra che in questa città ci sia ancora spazio: negli ultimi mesi hanno aperto 4 nuove gallerie d’arte contemporanea e questo mi convince sempre più della mia scelta. A Bologna poi ci si diverte molto, i bolognesi sono simpatici, questo mi sembrava importante, anche per l’idea di arte che curiamo e promuoviamo.»
“Padiglione Itaglia” è un refuso oppure è uno sfottò?
Giulio Alvigini: «Entrambi e soprattutto uno scudo protettivo, una forma di autodifesa. Cavalcare l’onda della sovraesposizione mediatica del padiglione italiano, proprio in queste settimane, avrebbe significato esporsi a facili accuse di presunzione.
Il nostro è un Padiglione Italia storpiato, made in china: come quando ordini un prodotto su internet e ti arriva a casa qualcosa di difforme.»
Qual è il fil rouge che lega Giulio Alvigini a Luca Rossi?
Giulio Alvigini: «Il filo “Rossi” che ci lega credo possa essere una certa, insistente, tematizzazione del sistema dell’arte. Da due prospettive diverse, separate da una generazione, mi sembra emergere un’attitudine comune nel ragionare sul mondo dell’arte come circolo autoreferenziale, bolla auto confermativa ed elitaria. Forse è il ruolo della critica all’interno del nostro lavoro a marcare la differenza più plateale: demolitrice, decostruttiva ma anche ricostruttiva in Luca Rossi; molto più disillusa, cinica e smaccatamente ironica per quanto mi riguarda. Se dovessi fare una sintesi con uno slogan: lui ci crede molto, io ci credo meno e ci rido sopra. Come dice spesso Luca, siamo complementari nella nostra diversità.»
Come vi siete convinti ad inaugurare un nuovo progetto espositivo nel periodo più denso di appuntamenti nel calendario degli eventi d’arte in Italia?
Luca Rossi: «Sicuramente in questo periodo “ci siamo tutti”, tutti sono “presenti”, se non fisicamente sicuramente nell’attenzione a quello che accade sui social e online. Questo ci ha permesso di pensare a un progetto che può vivere anche in dialogo con tutto quello che accade intorno ad esso, e quindi questo diventa un valore in più.»
Cosa dobbiamo aspettarci dall’opening del 24 aprile?
Luca Rossi: «Fuori e dentro il mondo dell’arte stiamo vivendo una fase estremamente caotica e problematica, un “grande vuoto” mascherato da grande pieno. Ogni senso critico, ogni tentativo di “allenare nuovi occhi”, sembra assopito e anestetizzato. Penso che questo progetto possa aprire un nuovo sentiero da percorrere con gli occhi aperti; per passare dalla critica ad una progettualità più consapevole, sostenibile e attinente al nostro presente.»
Definite con una parola ciascuno questo threesome artistico che vedremo il 24 aprile.
Giulio Alvigini: «Hegeliano»
Alessandra Carini: «Definitivo»
Luca Rossi: «Eccitante»