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Spostare o non spostare la Gioconda? Il dilemma del Louvre
Musei
La direttrice del Louvre di Parigi, Laurence des Cars, in una intervista recentemente rilasciata al Telegraph, ha dichiarato che, nel tentativo di risolvere il problema di sovraffollamento delle sale del museo, la Gioconda potrebbe essere esposta in un nuovo spazio sotterraneo appositamente dedicato. Ma quando la Gioconda si sposta fa sempre molto rumore – fu per il clamoroso furto di Vincenzo Peruggia, per la messa in sicurezza durante la Seconda Guerra Mondiale, per una mostra negli Stati Uniti voluta da John Fitzgerald Kennedy e della first lady Jacqueline a inizio anni ’60, per una esposizione a Tokyo con tappa a Mosca a metà degli anni ’70 -, anche quando si tratta di pochi metri (l’ultima volta all’interno del Louvre tra il 2019 e il 2020, per dei lavori di ristrutturazione della sala).
Sono anni ormai che il capolavoro di Leonardo Da Vinci, probabilmente l’opera d’arte che ha definito lo statuto di icona per una immagine, crea non pochi grattacapi al Louvre, museo che lo ospita in collezione dal 1797 (prima era a Versailles e prima ancora al castello di Fontainebleau). La causa dipende non tanto dal quadro in sé, che è piuttosto contenuto nelle dimensioni, con i suoi 77 × 53 centimetri, quanto dall’effetto dirompente che sortisce sulle persone e che le persone riflettono su altre persone, probabilmente per una questione di neuroni specchio. Il Louvre riceve circa nove milioni di visitatori ogni anno e, secondo i funzionari del museo, la Gioconda è l’attrazione principale per l’80%. Nei periodi più congestionati, le file possono arrivare a contare 250mila presenze giornaliere.
Le immagini dei variopinti assembramenti di visitatori di fronte all’opera – che è tenuta sotto teca e a distanza di sicurezza tramite una ingombrante balaustra – sono rappresentativi della Weltanschauung della nostra epoca, così come è assolutamente tipica quella sensazione di partecipazione a un rito collettivo che si prova quando ci trova nella sala. Ho avuto la fortuna di vedere l’opera a Louvre chiuso, con la Sala 6 della sfarzosa Ala Denon praticamente vuota e devo ammettere che, senza la presenza degli “altri”, è tutta un’altra cosa, nel bene e nel male.
A quanto pare, piuttosto male, considerando i risultati di un’analisi della piattaforma CouponBirds, che ha comparato più di 18mila recensioni di alcune delle opere più famose della storia dell’arte per nominare, con il 37,1% di valutazioni negative, proprio la Gioconda come «Il capolavoro più deludente del mondo». Il Louvre ritorna in questa spiacevole classifica anche con un’altra opera, La Libertà che guida il popolo di Eugene Delacroix, che arriva sul podio scivoloso delle opere deludenti, insieme a La persistenza della memoria di Salvador Dalì al MoMA di New York. Come ogni classifica, ovviamente, va presa con le molle anche se è pur vero che molte delle opere più importanti del Louvre avrebbero bisogno di una campagna approfondita di restauro. A pesare sul giudizio potrebbe anche esserci una eccessiva familiarità visiva con l’opera, riprodotta in milioni di immagini e su ogni tipo di supporto.
Ma nelle recensioni, più che lo stato di conservazione dei dipinti o l’opera in sé, si cita l’esperienza totale di visita, con il termine “folla” che compare in 127 recensioni negative, influendo dunque in maniera sostanziale sul giudizio. Di certo una serie di valutazioni negative sul temibile Tripadvisor non può riscrivere la storia dell’arte e nemmeno influire sul suo presente o sul suo futuro (giusto?) ma, considerando che dopotutto viviamo in un mondo di prosumer, in cui, cioè, prodotto e consumatore coincidono, qualcuno dovrà pur tenerne conto. Sarà che tutta l’esperienza del museo – del Louvre come di qualunque altro luogo con funzioni simili – dovrebbe essere riconsiderata, rivista, raccontata, tradotta, percepita in modo diverso?
La questione è impegnativa, coinvolge molti aspetti dell’esistenza di un museo, anche non direttamente conservativi, visto che almeno da una ventina di anni a questa parte si è parlato con sempre più convinzione di valorizzazione, esplicitando la narrazione economica del contenuto-opera-oggetto e del contenitore-museo-impresa. Ma, in attesa di trovare un altro paradigma per calibrare questo rapporto, sembra più semplice spostare un dipinto di pochi centimetri. E la trovata di esporre nella sala dei cartelli con la scritta “La Gioconda è circondata da altri capolavori: dai un’occhiata”, come si fece qualche tempo fa, rappresenta solo la presa d’atto di una sconfitta.
«Non accogliamo molto bene i visitatori in questa stanza, quindi riteniamo che non stiamo svolgendo il nostro lavoro correttamente. Spostare la Gioconda in una stanza separata potrebbe porre fine alla delusione del pubblico», ha detto de Cars, che è la prima donna alla guida del museo parigino e che potrebbe essere l’artefice di uno spostamento leggendario, al livello di quello di Maometto e della famigerata montagna. La nuova camera per la Gioconda farebbe parte del più ampio piano di ristrutturazione del museo, per il progetto Grand Louvre, che prevede anche l’apertura di un nuovo accesso. I visitatori potrebbero bypassare l’ingresso del Carrousel, sotto la piramide di vetro di Ieoh Ming Pei, per accedere direttamente all’ala sotterranea, dedicata all’opera e alle mostre temporanee, differenziando in questo modo i pubblici.
Ma nonostante i grandi progetti, anche questa sembra suonare come l’ammissione di una disfatta. In ogni caso, considerando che sono anni che discute di questo cambiamento in maniera più o meno provocatoria e quasi mai realistica, con ogni probabilità la Gioconda rimarrà nella Sala 6 ancora per un po’ di tempo.
A questo punto, sarà necessario mettersi in forma, per resistere alla calca e spuntarla per una fotografia. E il Louvre ci viene incontro. Con una sessione di esercizi fisici e di yoga da un’ora, per 30 persone, negli spazi più suggestivi del museo. E vengono anche forniti tappetini e armadietti. Le sessioni si svolgono prima dell’apertura del museo al pubblico e sono state ideate dal coreografo e ballerino Mehdi Kerkouche. Il progetto rientra nell’ambito delle attività per le Olimpiadi, che saranno ospitate per la terza volta a Parigi, dal 26 luglio all’11 agosto 2024, a 100 anni esatti dall’ultima volta. Al Louvre è poi in esposizione una mostra inaugurata alcune settimane fa, dedicata all’evoluzione della manifestazione sportiva per eccellenza, dall’antichità fino alla ripresa in epoca moderna.