27 aprile 2024

Other Identity #109. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Alessandro Trapezio

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola ad Alessandro Trapezio

AUTORITRATTO, Alessandro Trapezio

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Alessandro Trapezio.

 

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Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«Nel mio lavoro c’è sempre qualcosa di biografico (ma non sempre autobiografico). Ho sempre cercato di raccontare delle storie usando linguaggi visivi e non, mescolando generi e supporti differenti, mantenendo però sempre la necessaria distanza.  Mi piace molto coinvolgere altri artisti e uso molto il ritratto come metodo narrativo. Difficilmente nei miei lavori si trovano dei paesaggi, al massimo ci sono dei non-luoghi e anche gli spazi che rappresento hanno sempre un legame con me; che sia stato un attimo intenso o amore quotidiano, quello spazio rimane legato a me. Cerco sempre di fare in modo che una certa intimità resti sospesa tra me e lo spettatore e quando non parlo di me cerco di replicare lo stesso momento che ho vissuto: da voyeur a voyeur.  Sono abbastanza sicuro che nella mia rappresentazione di arte ci sia sempre anche un inconscio richiamo “ai maestri” e non mi pongo mai il problema del deja-vu, perché sono conscio che, in un’epoca di sovrapproduzione di immagini, l’unica via per la fotografia resta la tua “personale poesia”, più lontana dalla forma e dalla composizione ma più legata al momento».

Alessandro Trapezio, By This River, 2022, Fotografia Digitale, 50×70

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Cercare un’identità è la mia identità. So che sembra una risposta paracula ma è così. Sono abbastanza certo che in più di 20 anni di fotografia io abbia trovato una riconoscibilità e un’identità, che poi forse sono gli altri che riconoscono, ma allo stesso tempo ogni equilibrio è sempre precario e ogni volta mi spinge verso differenti visioni e idee. Io da sempre, oltre al mio percorso d’artista, faccio un lavoro da “fotografo operaio” ; faccio foto in modo industriale per un e-commerce e lo faccio da talmente tanto tempo che questa “identità operaia” si è manifestata anche nella mia ricerca e nella metodica del mio lavoro. A volte per rigetto e a volte per serialità del metodo. Proprio per queste mie strane molteplicità credo di non aver ancora trovato una collocazione nell’arte contemporanea. Questo da una parte mi piace, perché mi rende indipendente nel mio lavoro e perché mi piace essere anche un po’ outsider dal “sistema arte”, dall’altra mi rendo conto che può rallentare un mio confronto più diretto sia con il mercato che con la critica».

Alessandro Trapezio, By This River, 2022, Fotografia Digitale, 70×100

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Ahhh! è un incubo! è un dilemma continuo tra l’essere e non esserci. Apparire è praticamente il fondamento della società di adesso ma il valore aggiunto credo sia il saper scomparire. Mi dico continuamente che non dovrei regalare contenuti a Instagram o a qualsiasi social ma allo stesso tempo mi accorgo di non poterne fare a meno. Tu ad esempio mi hai trovato su IG e il pubblico percepisco che è sempre molto più interessato a quello che faccio che a quello che realizzo. Sembra che l’importanza stia solo nell’essere lì e nel doverlo rappresentare, non ha importanza il vissuto, ma la rappresentazione del vissuto. Il momento vero che ti porti dentro però è solo tuo e vorrei elaborarlo con calma e decidere se è solo mio o se ho voglia di rappresentarlo o raccontarlo, con i miei tempi, che non sono “la diretta”.  Mi sono reso conto che ho più lavori che non ho mai fatto vedere di quelli che ho esposto, ma cerco il posto giusto e il momento giusto. Quindi, riassumendo: per me non è cosi importante ma forse dovrei trovare un compromesso!».

Alessandro Trapezio, Closer, 2022, Fotografia Digitale, 20×30

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Come già accennavo prima, viviamo in un’epoca di sovrapproduzione di immagini e c’è una sensazione di già visto costante; Il valore della fotografia oggi, secondo me, è dato dal racconto e dalla poetica dell’artista. La rappresentazione ha un valore se c’è dietro uno studio, un percorso e un po’ di poesia, altrimenti ci troviamo di fronte a tecnicismi puri o al seguire le mode del momento. Noto sempre più spesso che ai festival di fotografia faccio fatica a distinguere degli artisti da altri ed è sempre più difficile non adattarsi “a quello che va di moda” per poter essere anche ammessi ai festival. Va bene che ci sia una tendenza o che un gusto domini su altri ma se questo poi diventa dominante dalle scuole o dalle accademie fino alle gallerie, il rischio è che non ci sia più una rappresentazione alternativa. Tutto mi sembra un po’ più mediamente carino ma allo stesso tempo piatto».

Alessandro Trapezio, Closer, 2022, Fotografia Digitale, 70×100

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«Mi definisco artista ma lo faccio ancora con molto riserbo, perché comunque è un ruolo ancora importante. Credo che ci sia già anche troppa gente che si definisce artista in modo spudorato. Sentirsi artisti ed avere un’esigenza nell’esprimersi con la propria arte è sicuramente la base ma non basta per potersi definire tali. Ci vuole anche un percorso, un lavoro, una storia e una poetica “universalmente” riconoscibili».

MORADUCCIO_2020

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Non lo so. Nel senso che non sono ancora definito ( e neppure finito ) ma sicuramente nel mio percorso ho intravisto altre identità interessanti che mi sono rimaste e che forse non ho affrontato fino in fondo. Ho scelto la fotografia perchè ho trovato fosse quella che meglio si combinava con la mia voglia di esprimermi e raccontare, guardando ma tenendomi un po’ distante; in più sono cresciuto in due decadi assurde per la fotografia: gli anni ‘80 e gli anni ‘90 in cui tutte quelle riviste patinate di moda e lifestyle piene di grandi autori e mostri sacri della fotografia come Helmut Newton, Peter Lindbergh, Avedon o Annie Leibovitz hanno sicuramente influenzato il mio modo di guardare. Però il mio percorso è stato strano perché ho studiato teatro per anni e ho fatto per un bel po’ l’attore in piccole compagnie a La Spezia e poi a Bologna e pensavo che quella fosse la mia identità. Quindi forse pensandoci, un’identità culturale e pubblica che avrei voluto essere, potrebbe essere il cinema. Mixa bene il mio percorso non credi?».

Alessandro Trapezio, TEN!, 2016, Fotografia Digitale, 33×33

Biografia

Alessandro Trapezio (La Spezia, 1981) vive e lavora tra Bologna e la Lunigiana, è un appassionato narratore: ritrae le persone a lui più vicine e immortala la quotidianità di giovani artisti e musicisti. Ha collaborato con varie riviste, tra cui Il Mucchio Selvaggio, Rumore, Abitare, Festa Mobile e con artisti come Flavio Favelli, Jacopo Benassi, Jochen Arbeit, Xabier Iriondo e Stefano Pilia (Afterhours), Sissi, Andrea Büttner e Peter Buggenhout. Da anni collabora con Antonio Grulli.

Alessandro Trapezio, TEN!, 2016, Fotografia Digitale, 33×33

Del 2014 la pubblicazione di Love Will Tear Us Apart. Again, catalogo del progetto e della mostra Love Will Tear Us Apart. Del 2016 TEN!, catalogo e disco dell’omonimo progetto, presentato da ONO Arte Contemporanea (Bologna). Nel 2022 è stato pubblicato il libro By This River, per SelfSelf Books ed Edgar Libri ed è stato presentato il progetto CLOSER, con la partecipazione di Gaia Ginevra Giorgi, per il centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini con due mostre: una a Bologna per Maison Ventidue e a Roma da Ombrelloni Art Space.

Ha esposto a livello nazionale in spazi come Fotografia Europea, SIFest e il Centro di Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia (Camec).

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