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C’è una mostra fotografica di Mimmo Jodice all’hotel di Palazzo Velabro a Roma
Mostre
È trascorso un anno da quando Palazzo Velabro riapriva le sue porte al pubblico, nella primavera del 2023, rinnovato nella forma, nella gestione e negli obiettivi. A pochi minuti a piedi da Piazza Venezia e dal Vittoriano, nel cuore della città capitolina, questo “mixed-use hotel” prosegue il suo impegno di collaborazione con l’arte, in particolare quelle fotografica, offrendo ogni anno nuove mostre all’interno degli spazi comuni, frutto di sinergie con curatrici ed esperte del campo. E se la prima inaugurazione si era svolta nel segno di Gabriele Basilico – sotto la supervisione di Maria Vittoria Baravelli che ne aveva curato la mostra nel foyer, oltre all’arredamento delle camere e all’allestimento di una libreria fruibile al pubblico – il secondo capitolo culturale di Palazzo Velabro si apre celebrando un altro grande maestro italiano.
Il cielo è quasi tutto azzurro è la mostra che riunisce le fotografie di Mimmo Jodice (Napoli, 1934), in collaborazione con la Galleria Vistamare diretta da Benedetta Spalletti. Cinque scatti che colgono a pieno la poetica struggente del fotografo partenopeo, in particolare nella sua ricerca dedicata all’archeologia e al Mediterraneo. In particolare, nel Trittico di Demetra, dell’inizio degli anni Novanta, il volto della statua antica viene fotografato in tre momenti diversi in cui si tenta di ricomporre il frammento caduto. Una narrazione che, in pochi scatti, riesce a evocare «un passato che irrompe nel presente», il mistero della bellezza classica che Jodice celebra attraverso il suo bianco e nero intenso, la mano del contemporaneo che accarezza il reperto antico. «In questo mio Mediterraneo io ritrovo l’eternità dei luoghi, immagini di architetture, paesaggi pieni di bagliori, cavità misteriose, frammenti di corpi e volti che hanno visto e ci parlano di vicende lontane», afferma. «Un omaggio al grande maestro napoletano che ha da poco compiuto novant’anni e che con il suo sguardo ci insegna a guardare con occhi nuovi anche ciò che crediamo di conoscere», aggiunge Benedetta Spalletti. Il legame con una classicità atemporale – filo rosso perseguito da Palazzo Velabro, gioiello settecentesco nei pressi dei Fori Imperiali – trova eco anche nelle altre opere disposte tra la reception e il corridoio che porta alle camere. Tra queste, l’opera di Joseph Kosuth Maxima Proposito (Ovidio) del 2017, un dittico che presenta le scritte al neon Venus ventus temerarus / Venus favors the bold e Dum loquor, hora fugit / While I speak, the time flies, parole tratte dai testi di Ovidio; seguono Dittico, Azzurro, Toro di Ettore Spalletti (2014) le cui ricerche luministiche si riverberano sulla superficie opaca celeste, cifra inconfondibile dell’autore abruzzese. Ancora, il dialogo con Roma è sottolineato dal soffitto dell’ingresso di Palazzo Velabro, affrescato dal giovane artista Edoardo Piermattei che si ispira ai colori della città e in particolare ai suoi elementi fondativi, l’acqua e il tempo, per realizzare un paesaggio astratto proveniente dall’osservazione circostante.
“Accoglienza culturale” è la parola chiave espressa da Cristina Paini, direttrice della struttura e fondatrice di LHM, compagnia che si occupa di hotel management in sinergia con importanti catene alberghiere in Italia. «Mi piace pensare a questa mostra come un dono offerto alla città di Roma, che chi passa di qui possa varcare la porta di ingresso e fruire liberamente delle opere, anche se non è un cliente dell’hotel o non usufruisce dei nostri servizi», racconta a exibart. Un impegno “privato per il pubblico” che va ben oltre il lancio dei singoli progetti temporanei. Sulla valorizzazione del patrimonio, infatti, la ceo ha le idee chiare: «Roma è una città di difficile gestione, dallo sconfinato patrimonio storico e culturale che non sempre riesce a essere tutelato al meglio. Per questo penso che l’intervento privato debba rientrare necessariamente nel sistema di recupero e rilancio della città in modo più consistente, come è avvenuto in parte negli ultimi anni. Mi riferisco ad aziende, marchi, brand di moda e tutti i grandi player che ne hanno la capacità economica: se ognuno di noi si impegnasse a riconsegnare un pezzo alla città, produrremmo un ritorno dei cui effetti positivi beneficeremmo tutti collettivamente».