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La dimensione politica dello spazio: due mostre alla Manifattura Tabacchi Firenze
Arte contemporanea
Come disponiamo lo spazio? Quanto i luoghi raccontano di noi? Come uno spazio diventa manifesto politico e auto-rappresentativo? Da Manifattura Tabacchi, uno dei principali progetti di rigenerazione urbana in Italia che prevede la riqualificazione e il riposizionamento dell’ex storica fabbrica di sigarette di Firenze, due mostre che, seppur non strettamente in dialogo, raccontano di un paesaggio urbano che diviene identitario, di spazi abitativi disposti e fluidificanti. Dal 16 maggio al 16 giugno, la mostra evento Even if words appear in clearly divergent places they can be at one time, un progetto espositivo che vede le opere dell’artista Valentina De Zanche e del duo artistico Pessima, composto da Simona Coltello e Marte Gastaldello. In contemporanea, dal 24 maggio al 30 giugno, la personale di Ulrich Egger dal titolo Unheimlich.
Even if words appear in clearly divergent places they can be at one time è un progetto espositivo curato da SPECIFIC, una realtà composta da Nic Bello, Alessandra Pallotta, Andrea Sala, Patrick Tuttofuoco e Stefano D’Amelio, che fa parte del progetto delle residenze d’artista Straordinari promosso da BiM – Dove Bicocca incontra Milano.
Il tutto diviene provocatorio, disobbediente e trasversale. Non c’è cura, non c’è alcuna mediazione, ci sono solo le opere che si posizionano politicamente e invadono gli spazi. Attraversando il cortile di Manifattura Tabacchi è impossibile non vedere e non attraversare l’imponente bandiera-manifesto della realtà collettiva trans*, Pessima. L’opera No room for effortless conversations, una bandiera di 27 metri, invade lo spazio e diventa araldo della storia. «I am the herald, bringing the message of those that brought me here, but were stripped from history», recita parte del manifesto installato nello spazio. L’opera diviene un manifesto a supporto della comunità trans e non binaria, una porta d’ingresso verso un luogo sicuro, uno spazio di autodeterminazione dove le identità mutano in altro, dove le voci plasmano bandiere.
Proseguendo ed entrando nell’edificio B11 si arriva nel cuore dell’esposizione, un luogo allestito con le opere spaziali di Valentina De Zanche che riorganizzano lo spazio e lo trasformano in altro. Esso assume le sembianze di una geografia musicale, dalle forme animalesche. Ecco allora Microphones, una serie di poster che raffigurano fiori-microfono che richiamano visivamente l’opera sonora e performativa Lylac, realizzata con l’artista e produttore Davide Belingheri. Un’opera intangibile dove forme, suoni, e parole si mischiano e si perdono per divenire altro, un altro che si ritrova anche nei pannelli forati dell’opera Tiny Tears, quattro lastre specchianti che rimandano alle pratiche sperimentali di poesia concreta. L’intera mostra è un evento dell’attraversamento, in cui le opere mutano, l’ambiente plasma e i racconti diventano meta-narrazioni dell’ipotetico e della messa in discussione.
Nell’edificio B9, del complesso post-industriale di Manifattura Tabacchi, prende luogo Unheimlich, una mostra personale dell’artista Ulrich Egger e curata da Pietro Gaglianò e Antonello Tolve. Lo spazio diventa una pelle, la terza pelle, una geografia identitaria che assume una visione freudiana dello spazio. Cos’è la terza pelle? Cosa ci mostrano le opere architettoniche di Egger? Il progetto espositivo indaga costrutti sociali, visioni duali che oscillano tra interno ed esterno, e mostra panorami temporali spezzati e malinconici. L’edificio si riempie di architetture, corpi spaziali della memoria dimenticata. Dall’aspetto mimetico e distopico, il tutto sembra essere un invito alla scoperta, alla ricerca di storie nell’osservare il mondo attraverso una finestra.
Le opere raccontano di spazi abbandonati, desoggettivati, disposti tra il nulla dei ricordi. Sta all’osservatore il compito di scoprire quei luoghi, immergersi tra le vite passate e nascoste dietro quelle pareti. L’intera mostra fa riferimento al concetto della terza pelle, la pelle che abitiamo, i luoghi che attraversiamo, e mostra come essa permane nel tempo. L’artista mette in scena quinte teatrali, scorci di città che diventano identitari e rivelatori. Adesso sta solo a noi immaginare chi o cosa indossava quella terza pelle, quali memorie emergono e quali identità sopravvivono.