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Castro Projects, le attività in programma nello spazio artistico ibrido nel cuore di Roma
Arte contemporanea
Dopo aver studiato alla Goldsmiths University di Londra, l’artista romana Gaia Di Lorenzo è rientrata in Italia nel 2017 e ha deciso di aprire un artist-run-space diverso dagli studi d’artista già presenti nella Capitale, puntando su un approccio più discorsivo, sull’impronta londinese. Nasceva così, nel 2018, a Roma, Castro Projects, progetto artistico dedicato principalmente alla formazione, articolato in tre binari paralleli e «Finanziato da eventi fundraising e da un gruppo di mecenati che scelgono di sostenere la formazione artistica».
Il team attuale è formato da quattro persone. Oltre a Gaia Di Lorenzo, sono parte di Castrp Angelica Bollettinari, Manager dei Programmi – ha lavorato nel dipartimento educativo di Studio Voltaire e della South London Gallery -, Anna Tagliacozzo, coordinatrice del Programma Academia e responsabile della Comunicazione – ha lavorato nel campo dell’educazione al Macro, Federica Nicastro, Assistente ai Programmi – ha maturato un’esperienza lavorativa da Cura.
Il Programma Studio di Castro
I progetti di Castro abbracciano tre linee principali: il programma studio, il programma pubblico e il programma Academia.
Il programma studio, di cinque mesi, è previsto per un gruppo di cinque o sei artisti/artiste, ricercatori/ricercatrici: i cosiddetti “fellows”. CASTRO preferisce non chiamare questo programma “residenza” per sottolineare il carattere sperimentale di un’educazione né gerarchica né frontale, bensì orizzontale “pear to pear”, con attività di gruppo in cui il sapere viene condiviso tra i partecipanti.
Come funziona la selezione dei candidati per il programma educativo? Per prima cosa, viene formata una giuria internazionale – 50 e 50, tra italiani e stranieri – che seleziona i borsisti, considerando lo stesso criterio di internazionalità. Una volta chiaro l’organigramma, si preparano e predispongono le attività, tenendo a mente gli interessi e i desideri delle persone selezionate.
Ogni anno, Castro chiede alla giuria di pensare non solo alle pratiche individuali ma anche agli elementi di tangenza e continuità, in maniera tale da strutturare un gruppo eterogeneo di talenti con aspetti sia comuni che complementari, come fossero i diversi componenti di una squadra sportiva. Quest’anno, ad esempio, gli artisti partecipanti sono interessati all’uso del corpo e della voce come strumenti nelle pratiche perfomative, alle idee di identità e genere. Proprio per questo, i seminari colmano e rispondono a tali necessità espressive e tematiche, come nel caso del seminario con la scrittrice colombiana Mayra A. Rodríguez Castro o di quello tenuto dal drammaturgo, filosofo e scrittore Joshua Wicke.
Gli stessi tutor sono stati chiamati per i loro campi di specializzazione, Ilaria Mancia è, infatti, una curatrice esperta di performance. Per i fellows sono organizzati studio visit con curatori e curatrici locali in maniera tale da espandere il loro network a livello locale.
Uno dei format più usati che interseca il programma di studio con il programma pubblico è una sorta di “group tutorial brain-storming”. Si tratta dei CRITS, appuntamenti di presentazione che si susseguono mensilmente, coinvolgendo due artist* che hanno a disposizione 45 minuti a testa: ogni artista installa il lavoro nello spazio e lo presenta brevemente esplicitando solo il titolo, l’anno e i materiali che ha impiegato per la realizzazione. Per la prima mezz’ora rimane in silenzio, ascoltando quello che la platea pensa dell’opera, in un momento di critica collettiva. Il CRIT si rivela strumento, utile all’artista, per vedere come un lavoro è percepito esternamente, senza l’intercessione-mediazione del suo artefice. Nella seconda parte, l’artista può intervenire rispondendo alle domande e ai vari input ricevuti, creando così un momento prolifico di conversazione e dialogo.
Il 30 aprile si è tenuto, presso Fondazione Giuliani, un CRIT sul lavoro di Ohii Katya (1993, Kharkiv, Ucraina) e Anaïs Horn (Graz, Austria, vive a Parigi), fellow di Castro che andrà via in questi giorni. Horn è un’artista talentosa che crea ambienti intimi in cui le narrazioni personali diventano specchio della vita contemporanea. Il 28 marzo le protagoniste sono state invece Ayse Idil Idil, artista dello Studio Program e Sarina Sheiddeger, artista residente all’Istituto Svizzero.
I fellows di Castro
Un’occasione importante per conoscere i fellows di Castro Projects si terrà dal 19 al 21 giugno 2024 per gli open studio. Chi sono i borsisti che rimarranno fino a fine giugno?
Aliaskar Abarkas (1994) è un artista e scrittore iraniano; Rihanata Bigey (nata nel 1994) è un’artista multidisciplinare con sede a Londra e radici in Burkina Faso e in Francia; Ayşe İdil İdil è un’artista che vive a Istanbul ed è cofondatrice di Garp Sessions, un programma di ricerca estivo sulla costa egea della Turchia, che dà priorità all’apprendimento collettivo, al pensiero e alla digestione; Ohii Katya _ The Local Fellowship – è un’artista autodidatta ucraina nata nel 1993 nella periferia della città di Kharkiv che vive e lavora a Roma; Chiara Pagano attualmente vive a Roma dove è membro di LOCALES. Il suo lavoro si muove nell’intersezione tra performance, scrittura sperimentale e composizione musicale. Antoine Simeão Schalk è un curatore svizzero-brasiliano con sede a Berlino, che lavora nell’intersezione tra pratiche visive e sonore.
Una volta conclusi i cinque mesi di programma-studio, verrà formata una nuova giuria internazionale e chiamati nuovi mentors per rispondere alla formazione, all’identità e alla poetica dei futuri borsisti che incontreremo nel 2025.
Il programma Academia e il programma pubblico
Il Programma Academia, inaugurato nel 2023, è stato pensato per attrarre pubblici diversi. Carla Chiarchiaro, direttrice della galleria ADA, ad esempio, è stata invitata da CASTRO a tenere, lo scorso febbraio, due giornate di seminario sull’arte contemporanea. L’obiettivo? Tracciare delle linee generali sul sistema artistico e aprirsi a tutti, soprattutto ai non addetti al settore.
How to…? consiste in un ciclo di otto workshop a pagamento tenuti da professionisti del settore che puntano a fornire agli studenti gli strumenti per entrare nel mondo professionale dando indicazioni su come scrivere uno statement, fare un portfolio, come organizzare uno studio visit, come venire pagati e come affrontare questioni legali e burocratiche.
La Biblioteca sperimentale
Parte del programma pubblico coincide con l’ampliamento della biblioteca di CASTRO Projects. La biblioteca sperimentale è concepita per essere una raccolta di testi perennemente in progress, grazie alla partecipazione collettiva. Di volta, in volta viene invitata (per passaparola) una nuova persona che può suggerire un volume che ritiene importante per la sua formazione. Gli scaffali sono interdisciplinari, toccando i campi dell’arte, della filosofia, della sociologia e dell’antropologia. La biblioteca è gratuita e chi vuole consultare i suoi libri può fare richiesta tramite email. I titoli sono accessibili grazie all’archiviazione online. Tra questi, si possono trovare saggi di Bell Hooks, attivista e femminista americana, e di Paulo Freire, pedagogista brasiliano, come anche il pamphlet The classroom is burning.
School. A Recent History of Self-Organized Art Education di Sam Thorne passa invece in rassegna, attraverso un ventaglio di interviste e testi, una serie di piattaforme educative indipendenti, ideate da artisti e collettivi di creativi. Ancora, The Silent University racconta il progetto di para università, concepito per persone con problemi di permesso di soggiorno e messo in piedi da Ahmet Ögut. Artista concettuale turco di base a Istambul, Amsterdam e Berlino, Ahmet Ögut è stato uno dei membri del board internazionale di Castro che ha vagliato le varie application e le candidature per la settima edizione dello Studio Program. È stato, inoltre, protagonista di un talk in relazione alla sua formula di educazione sperimentale, ospitato da Fondazione Giuliani e mediato da Chris Rawcliffe, direttore dell’organizzazione londinese FORMA Arts and Media e da Kiera Blakey, direttrice di New Contemporaries London.