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872.903 HZ: dove la sinergia concettuale s’intreccia alla poetica dell’auto-alterazione sensoriale
Mostre
Nello spazio espositivo Universo Factory a Vittorio Veneto la mostra 872.903 HZ, si connota come una realtà profondamente concettuale che invita a esplorare le complessità della percezione temporale e sensoriale, fondendo scienza e arte. Il titolo enigmatico, che indica la differenza di velocità tra la luce e il suono, suggerisce una riflessione sul rapporto dell’individuo con la realtà, scaturita dall’interazione tra le opere degli artisti Edoardo Ongarato ed Enrico Antonello.
Le installazioni multimediali di Enrico Antonello aprono l’esposizione introducendo la relazione tra luce, suono e movimento, accompagnando circolarmente il visitatore lungo un percorso immersivo. Il concetto di multiplo diventa una costante per l’artista, evidenziando la ripetizione alla base della genesi di ogni oggetto. L’opera inedita Lightning esemplifica questa considerazione, mostrando 144 caselle uguali che riproducono combinazioni diverse. I codici, generati da Arduino, rispecchiano la naturale evoluzione e imprevedibilità delle cose, favorendo l’accessibilità alla modifica e l’interattività tecnologica, nonostante una concezione utopica avvolga le installazioni che sembrano vivere di vita propria.
La soggettività è il filo conduttore che lega la percezione ai suoi molteplici strati e a visioni personali. Tra questi, Enrico Antonello tratta il tempo, esplicitato nell’attesa dell’attivazione elettronica, e il suono, che evoca mondi diversi e rappresentazioni naturali, creando un dialogo con l’ambiente e con le opere dell’artista Edoardo Ongarato. La ricerca di Antonello si articola entro una dimensione terrena che contiene l’esperienza extrasensoriale proposta da Edoardo Ongarato, dando corpo alle astrazioni intrinseche generate dal subconscio.
In questo dialogo, luce e suono convergono dilatando una percezione estatica multisensoriale. L’espansione di coscienza che si manifesta eleva il processo intimo del singolo al concepimento collettivo di una religione postmoderna condivisa dai free party, rituali tribali contemporanei dove danza e musica fungono da veicoli meditativi. La trasposizione della propria connessione con l’inconscio genera visioni e stati sensoriali apparentemente alterati, che proiettano il visitatore all’interno delle primordiali geometrie alla base della realtà, rendendo l’arte un mezzo di esplorazione spirituale e identitaria, oltre che documentaristica.
L’auto-alterazione si codifica come una terapia psichedelica che incoraggia l’analisi interiore per ricercare la propria essenza e disinnescare limiti emotivi eclissati. Secondo Huxley, il flusso di informazioni che arriva al cervello è modulato da una valvola di riduzione che consente di non lasciarsi sopraffare dalla realtà. L’auto-alterazione stimola questa valvola, consentendo al cervello di percepire l’ambiente in tutta sua pienezza.
Basandosi su questa teoria, le opere di Edoardo Ongarato sviluppano una pluralità diversificata di media, dalla pittura alla composizione digitale, integrando elementi del mondo urbano e del post-graffitismo. La narrativa dell’artista si serve di visioni e trasformazione per rievocare immagini archiviate nella memoria. Ambienti eterei emergono dalla sovrapposizione di disegni e fotografie, per sospendersi in un’alternanza di assenza e presenza, suggerita dalla luce UV che riflette la vernice fosforescente sulle tele, catalizzando il sincretismo in siti che ospitano spiritualità alternative.
La capacità poliedrica dello spazio espositivo consente a questo dialogo di evolversi, trascendendo la mera estetica per compensarsi organicamente in un equilibrio simbiotico. L’indole industriale anima un luogo in cui il confine tra esterno e interno si assottiglia fino ad accogliere un’univoca soglia in cui le installazioni site-specific vengono sagomate dell’ambiente circostante. La poster art di Edoardo Ongarato, che richiama il paesaggio esterno, e i microcontrollori impiegati da Enrico Antonello, che favoriscono un’immersione nella natura, abbattono questa barriera, rendendo imprescindibile un’unione integrale dell’individuo con ciò che lo circonda.
In occasione della mostra 872.903 HZ, il curatore Simone Ceschin promuove un allestimento innovativo dal carattere concettuale e urbano, intrecciando una comunicazione tra le installazioni contemporanee degli artisti ed elementi come reti metalliche e ponteggi, che rievocano l’atmosfera del paesaggio urbano. Gli oggetti di design di Plam Creative Studio, come le panche realizzate con tubi da cantiere, contribuiscono alla suggestiva commistione che caratterizza il percorso espositivo. Questo progetto curatoriale esalta un’esperienza significativa e coinvolgente, dando origine a una mostra fortemente contemporanea, che richiama gli spazi espositivi della Biennale e s’inserisce in un contesto di interazione con l’ambiente da cui scaturisce una percezione fluida e organica.
very nice