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Al MASI di Lugano il fotoreporter Ernst Scheidegger a confronto con i grandi del suo tempo
Mostre
A Lugano, il MASI, Museo d’arte della Svizzera Italiana, proteso con elegante discrezione verso il lago dai cangianti colori, continua quell’opera di ponte culturale che si concretizza negli anni con la presentazione di personaggi e situazioni che hanno in sé il concetto di transcultura come succede con Ernst Scheidegger (Rorschach 1923 – Zurigo 2016), artista svizzero dalla personalità sfaccettata e dalla profonda sensibilità. A lui dedica, quale suggello delle celebrazioni per il centenario della sua nascita, l’intrigante mostra-omaggio (curata da Tobia Bezzola e Taisse Grandi Venturi e in collaborazione con il Kunsthaus di Zurigo e la fondazione Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv) Faccia a faccia. Giacometti, Dalí, Miró, Ernst, Chagall. Omaggio a Ernst Scheidegger che, fino al 21 luglio 2024, presenta più di 100 fotografie del celebre fotoreporter accostando i suoi famosi ritratti d’artista ad alcune importanti opere degli artisti fotografati e per la prima volta un nucleo di scatti giovanili ritrovati da poco nell’archivio della Stiftung Ernst Scheidegger.
Nato nel 1923 a Rorschach, pittoresca cittadina portuale sul Lago di Costanza nel Cantone di San Gallo, Ernst Scheidegger, dopo un tirocinio di tre anni come vetrinista a Zurigo, nel 1943 compie il servizio militare a Maloja (in Val Bregaglia nei Grigioni) dove conosce Alberto Giacometti con cui stringe un sodalizio destinato a durare per sempre. L’anno successivo, si dedica con successo alla pittura riscuotendo consensi in varie personali. Studia fotografia a Zurigo e come volontario per la ricostruzione di quanto devastato dalla guerra si reca nei Paesi Bassi, in Cecoslovacchia e in Jugoslavia poi come assistente affianca Werner Bischof e Max Bill. Si trasferisce a Parigi dove collabora al Piano Marshall e frequenta artisti iniziando a scattare foto ai loro atelier e a loro stessi. Lavora come fotoreporter di guerra con la Magnum dal Mediterraneo Orientale al Medio Oriente fino al Sud Est Asiatico e le sue foto vengono pubblicate su numerose testate. Tuttavia, la tragica scomparsa ravvicinata e sul lavoro di due cari amici e colleghi e le esperienze di guerra lo scuotono profondamente, tanto da decidere di abbandonare l’attività di fotoreporter per la Magnum. Collabora con produzioni cinematografiche e accetta di dedicarsi all’insegnamento di progettazione grafica a Ulma, dove resta per due anni. Numerosi e intensi gli incarichi negli anni successivi, in cui tra l’altro approfondisce la conoscenza dell’India e per più di quattro lustri è photo editor per la Neue Zürcher Zeitung, settimanale illustrato dove escono i suoi reportage. Tanta vis creativa si concretizza nella fondazione di una casa editrice in cui è anche curatore, grafico, fotografo e autore. Apre pure una galleria d’arte attiva per più di quattro lustri e per qualche anno è regista indipendente per la Televisione Svizzera (l’attuale SRF). Nel 1997, con Heiner Spiess, fonda la casa editrice Scheidegger & Spiess. Nel 2010 a Zurigo fa nascere la Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv. Fino alla scomparsa a Zurigo nel 2016 espone in mostre personali e collettive in patria e all’estero ottenendo premi e riconoscimenti.
Punto di svolta nella sua esistenza è il 1956, quando in seguito alla crisi esistenziale succitata cambia stile e linguaggio visivo, pur restando fedele alla fotografia e, memore della sua formazione giovanile, estende ad ampio spettro il raggio d’azione della sua creatività occupandosi di foto di architettura, di fotografia pubblicitaria e oggettuale e inoltre di concezione grafica, progettazione di mostre e di libri, di impaginazione di riviste e di film promozionali e documentari. Quasi tutto il materiale antecedente il 1956 “archiviato” in uno scatolone, portato nel suo appartamento zurighese in Zeltweg al rientro da Parigi, “riposa” per una sessantina di anni finché ritrovato disvela un vero tesoro.
Entriamo dunque nell’incipit della mostra dove si dipanano le prime inedite esperienze di fotografia in bianco e nero di Scheidegger che, peregrinando dopo gli anni angusti della guerra in vari Paesi europei disseminati di macerie, con l’aiuto di una Rolleiflex coglie lo slancio esistenziale di uomini che, dopo essere stati costretti per anni al chiuso e al buio in compagnia di paura e terrore, si slanciano all’aperto per bere la vita in una luce quasi abbacinante: un caleidoscopio di contraddizioni e di sentimenti che attraverso molteplici sfumature di grigio che dal nero portano al bianco divengono pennellate poetiche e realistiche molto lontane dalla formazione sulla fotografia oggettuale ricevuta a Zurigo.
Come non essere attratti dal composito, eterogeneo, strabordante e pittoresco scorcio della nostra Penisola in Macelleria nel Sud Italia (1948 ca.), dall’atmosfera alacre di Ricostruzione postbellica, Cecoslovacchia (1946 ca.), dai mega-manifesti di Cartelloni Pubblicitari, Milano (1948 ca.) e dalle molteplici foto con protagonisti bimbi dagli abiti trascurati come in Bambini cecoslovacchi (1948 ca.) con atteggiamenti “da grandi”? Splendidi lo sguardo tra il melanconico e il torvo del piccolo vicino al carrello del cibo in Mensa del carcere minorile di Arese (1948), il viso perplesso del bimbo in braccio che si accorge dello scatto in Uomo con palloncini (probabilmente fine anni Quaranta) e ancora l’atteggiamento divertito dei tre Bambini sulla porta di un’abitazione, probabilmente Paesi Bassi (1949 ca.). Serenamente giocosi appaiono l’Uomo con bambina, Valle Verzasca (1955 ca.), tranquillo e gratificato è il Bambino con gatto, Valle Verzasca (1955 ca.) e sorridente e furbetto il Bambino nascosto dietro una “cadola” [intelaiatura di sostegno di gerle o zaini, termine ticinese, ndr], Valle Verzasca (1955 ca.): da notare che si tratta di una valle della Svizzera che non ha patito la guerra. Affascinanti Allieva della scuola di danza di Madame Rousanne, Parigi (1955 ca.) e Partita di hockey su un lago ghiacciato (primi anni Sessanta), ma gli esiti del secondo conflitto mondiale sono ormai lontani!
Eccoci nella sezione in cui si manifesta un vero e proprio Faccia a Faccia tra il nostro fotografo e protagonisti (donne e uomini) dell’arte del Novecento: un fitto e piacevole dialogo con molte eccezionali figure della scena pittorica d’avanguardia con cui Scheidegger stabilisce rapporti quando a Parigi si specializza in ritratti d’artisti generalmente non in posa, ma immortalati al tavolo da disegno o al cavalletto. Straordinaria l’area dedicata al profondo rapporto d’amicizia con Alberto Giacometti attraverso rare vintage print realizzate durante alcuni incontri a Stampa, a Maloja e nell’atelier di Montparnasse in cui lo va a trovare quasi ogni giorno accolto sempre con calore fiducioso. L’intenso sodalizio, interrotto solo dalla scomparsa di Giacometti, fa sì che Scheidegger realizzi scatti emblematici come il Ritratto frontale di Giacometti, ripreso sulla vecchia banconota svizzera da 100 franchi. Presenti in mostra anche il famoso cortometraggio Alberto Giacometti, realizzato con Peter Münger tra il 1964 e il 1966 e lo splendido Ritratto Ernst Scheidegger che Giacometti ha dedicato intorno al 1959al suo caro amico.
Nella capitale francese, Scheidegger, specializzatosi nei ritratti d’artista per riviste di settore e progetti editoriali, frequenta non solo Giacometti, ma anche la scena artistica e letteraria d’avanguardia del Novecento, come racconta la successiva sezione in cui sfilano figure dei grandi artisti – colti raramente in posa tanto da carpire aspetti sconosciuti del loro processo creativo – con i quali si è trovato faccia a faccia: Joan Miró, Salvador Dalí, Max Bill, Marc Chagall, Verena Loewensberg, Germane Richier, Cuno Amiet, Hans Arp, Max Ernst, Oskar Kokoschka, Le Corbusier, Fernand Léger, Henry Moore… per citarne alcuni. Quali i segreti del suo successo? Riservatezza, tratto fine, nessuna smania per lo scatto giusto tantomeno programmato da elenchi, anzi, spesso si muove senza l’attrezzatura perché nei rapporti Scheidegger, oltre ad affidarsi al caso, antepone lo scambio conviviale e la costruzione di legami sempre nel rispetto della privacy dell’artista. Quanta finezza quando per ritrarre Sophie Tauber Arp scomparsa prematuramente ne immortala il suo studio vuoto! Quando la “corrispondenza di amorosi sensi” è maggiore, la si percepisce: vale dunque la pena soffermarsi con attenzione davanti alle opere degli artisti presenti facendosi aiutare dalle intriganti foto del Nostro per comprenderli meglio ed entrare in sintonia più approfondita per delibarne le godibilissime sfumature.