13 giugno 2024

Esplorazioni visive tra marmo, fiori e stelle: l’arte ecologica di Marta Abbott

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Marta Abbott esplora il legame tra essere umano e mondo naturale attraverso narrazioni visive suggestive, che uniscono organico e inorganico, conoscenze botaniche e poesia, bellezza e decadimento

Marta Alexandra Abbott è un’artista di origine ceco-americana, nata ad Amsterdam, cresciuta negli Stati Uniti e attualmente residente a Roma. Dopo aver passato l’infanzia a contatto diretto con l’atmosfera artistica dello studio della madre, Abbott ha intrapreso gli studi accademici nell’ambito delle belle arti, specializzandosi nel campo del restauro artistico e del floral design, prima di dedicarsi completamente alle arti visive. Tra residenze ed esposizioni personali e collettive, Abbott ha portato i suoi lavori in diverse città come Roma, Firenze, Milano, New York, Praga e Pantelleria. Ha ricevuto numerosi premi, le sue opere sono state oggetto di pubblicazioni in varie riviste e i suoi dipinti sono inclusi in collezioni private in tutto il mondo.

Marta Abbott, The Stars Waved as They Flew. ©Marta Abbott

La sua formazione è caratterizzata da una continua ricerca e sperimentazione di tecniche e materiali, che l’ha portata a distinguersi nel panorama artistico contemporaneo per la sua capacità di utilizzare materiali organici e botanici – come inchiostri e pigmenti naturali che spesso produce lei stessa – senza rimuovere la sua impronta su di essi come artista ma valorizzandone le proprietà. In equilibrio tra caos e controllo, tra consapevolezza e curiosità, Abbott si unisce alle numerosi voci per un’arte ecologica che destituisca l’uomo dalla centralità  in cui si è prepotentemente posto e allarghi lo sguardo verso tutto il mondo naturale moltiplicando domande, terminologie, connessioni e scenari. 

La poetica di Marta Abbott si concentra infatti sulla interconnessione tra l’essere umano e il mondo naturale, riconoscendo gli esseri umani come parte della natura e non separati da essa. La sua arte si propone di esplorare e celebrare questa “simpatia” (dal greco sympatheia, “patire insieme”), cercando di evocare una comprensione più profonda e rispettosa del nostro rapporto con la natura, dei suoi cicli e dei suoi elementi.

«Questa è una delle cose principali che cerco di comunicare nel mio lavoro, perché credo che questa comprensione sia fondamentale per poterci muovere nel mondo in un modo diverso, con un maggiore senso di cura, rispetto ed empatia per quella parte del mondo naturale che esclude la presenza dell’uomo», ci ha raccontato l’artista. Le opere di Marta Abbott sono un viaggio tra microcosmi e macrocosmi, decontestualizzando e ricontestualizzando elementi naturali per creare nuove narrazioni visive.

Marta Abbott, I made myself evaporate so the light could pass through me. ©Marta Abbott

Tra le sue serie più significative, Hour of the Rose, presentata questo marzo durante la terza edizione della fiera d’arte (un)fair a Milano all’interno della rassegna Brushing the Trigger, è una celebrazione dell’effimero e dell’opulenza delle feste dell’antica Roma. Le opere trasmettono la fragranza dei petali di rosa, la luce dei fuochi d’artificio e l’azzurra profondità dei cieli romani attraverso una combinazione di fotografia ad alta risoluzione e sovrapposizioni digitali. Attraverso questa fusione di elementi, Abbott crea scene surreali che rivelano la sua profonda fascinazione per i colori e le forme del linguaggio floreale e la bellezza transitoria associata alla natura.

L’ispirazione per Hour of the Rose risiede nella descrizione dei banchetti dell’antica Roma, dove i fiori decoravano ogni superficie e saturavano l’aria con il loro profumo intenso. Questi banchetti, noti come “l’ora della rosa”, offrono l’occasione ad Abbott di esplorare il legame tra la bellezza e la decadenza, trasformando l’effimero in opere d’arte tangibili che catturano l’essenza di quel momento fugace.

Marta Abbott, Elderflower and Venus. ©Marta Abbott

Un’altra serie, Pietra Viva, realizzata durante la residenza artistica presso La Fondazione Il Bisonte a Firenze nel 2021, combina l’essenza caduca dei fiori con la natura metamorfica del marmo. Questa serie è l’evoluzione di un precedente progetto a cui l’artista ha collaborato: un documentario commissionato dal National Film Board of Canada sulla storia dell’inchiostro. Il documentario, intitolato The Colour of Ink e diretto da Jason Logan è stato presentato al Toronto International Film Festival nel 2022 e ha dato la possibilità ad Abbott di esplorare e di arricchire ulteriormente le proprie pratiche, utilizzando tecniche come la monostampa, la stampa alla gomma e l’incisione a cera, materiali ad acqua mescolati con la polvere di marmo raccolta nelle cave di Carrara, e inchiostri ricavati da fiori e piante, quali sambuco e cactus, impiegati sia come calchi che come inchiostri. Citando Arthur Rimbaud, “Carne, Marmo, Fiore, Venere, è in te che io credo!”,  Abbott crea 17 opere che fondono studio alchemico e arte contemporanea, elementi organici e inorganici, materici ed eterei, restituendo quelli che sembrano paesaggi lunari.

Marta Abbott, A Flowery Band to Bind us to the Earth 3. ©Marta Abbott

«Il mio lavoro è un invito a trovare la luce delle stelle in luoghi dove non si penserebbe sempre di guardare», sostiene Abbott. E le stelle le ha create in Stargazers (2020), una raccolta di opere realizzate utilizzando inchiostri fatti a mano derivati da fiori, foglie e materiali vegetali raccolti nel Cimitero Acattolico di Roma e collage di immagini fotografiche che ritraggono dettagli di licheni che crescono sulle lapidi. Le opere esplorano la connessione tra la vita e la morte, tra la terra e il cielo e il risultato sono immagini che ricordano il cielo notturno, cercando modi per interpretare ciò che collega i due.

Marta Abbott continua a indagare il rapporto tra l’essere umano e la natura attraverso un approccio artistico, sostenibile e responsabile, che invita a pensare e pensarsi all’interno dei processi e come parte di questo mondo materiale. «Mi auguro che il mio lavoro contribuisca alla tematica senza essere una voce prevaricante, ma che con calma e gentilezza, in un modo pacifico, possa essere efficace per il cambiamento», conclude Abbott.

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