14 giugno 2024

Gli Archivi Bragaglia e Carla Lonzi restino alla GNAM: parte la petizione

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Una petizione che in poche ore ha raccolto più di mille firme, chiede che gli Archivi di Carla Lonzi e di Anton Giulio Bragaglia rimangano in comodato alla GNAM di Roma, per evitare il rischio dispersione

Archivi Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Roma

Nelle scorse settimane ha fatto molto discutere la querelle che ha coinvolto la neodirettrice della GNAM – Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Renata Cristina Mazzantini, in merito alla sua decisione di restituire anzitempo i fondi archivistici e le opere in comodato presso il museo. Tra gli archivi in questione, anche quelli di Anton Giulio Bragaglia, regista teatrale e cinematografico, studioso e scrittore, e di Carla Lonzi, attivista, saggista e teorica de femminismo radicale, in comodato alla GNAM rispettivamente dal 2019 e dal 2017 e per un periodo di dieci anni. Dunque, dopo essere stati ordinati e digitalizzati, torneranno ai legittimi proprietari, Battista Lena, figlio di Carla Lonzi, e Valerio Jalongo, per l’Archivio Bragaglia, in anticipo sugli accordi previsti.

«Nell’interesse della tutela e della cura del patrimonio storico artistico italiano, chiediamo che questa decisione venga immediatamente revocata», si legge nel testo che accompagna una petizione, aperta il 13 giugno e che ha raccolto già più di mille firme. A lanciarla, Ilaria Schiaffini, professoressa associata di Storia dell’arte contemporanea alla Sapienza. Per la direttrice Mazzantini, però, non ci sarebbero più le condizioni adatte. Sia per questioni economiche, per la necessità di assicurare fondi e opere non coperti dalla garanzia di Stato perché privati, che di sicurezza, per ridurre il carico d’incendio che graverebbe sui locali destinati a magazzino. «A queste si aggiunge una petizione di principio, secondo la quale i musei pubblici “non devono essere depositi di archivi o quadri di terzi”», si legge nella petizione.

Nel 2021, la GNAM, allora diretta da Cristiana Collu, ospitò una mostra dedicata all’Archivio Bragaglia, costituito da 200 metri lineari di libri e materiali documentari rimasti inaccessibili per 60 anni ma fondamentali per la ricostruzione del lavoro di Bragaglia e per la conoscenza della storia dello spettacolo dal vivo in Italia. Dopo due anni di lavoro di risistemazione e digitalizzazione, la mostra esponeva una selezione di fotografie, grafiche, manifesti e locandine, documenti sugli allestimenti teatrali, produzioni editoriali. Inoltre, in collaborazione con Google Arts and Culture, era stato avviato un progetto di schedatura e digitalizzazione della corrispondenza personale di Bragaglia, dei copioni teatrali e di un patrimonio di 14.700 immagini.

Sempre nel 2021, l’Archivio Lonzi fu la base di partenza per diversi progetti della GNAM, dal Festival Women out of Joint alla mostra Io dico Io — I say I, a cura di Cecilia Canziani, Lara Conte e Paola Ugolini, nell’ambito di un più ampio piano di valorizzazione delle artiste donne presenti nella collezione. L’Archivio è composto da migliaia di documenti, tra dattiloscritti, quaderni, diari, corrispondenze, minute, audiocassette, fotografie e testi vari, che vanno dal 1949, quando Carla Lonzi era iscritta alla Facoltà di lettere dell’Università di Firenze, fino al 2003, anno della morte. L’ordinamento e l’inventariazione dell’Archivio Carla Lonzi presso la GNAM aveva preso avvio nel gennaio 2018 per volontà della Direttrice Collu e del figlio di Carla Lonzi, Battista Lena. Una prima verifica fu condotta dalla filosofa Annarosa Buttarelli in collaborazione con la responsabile dell’Archivio Bioiconografico della Galleria Nazionale, Claudia Palma. Quindi, il lavoro di ordinamento e inventariazione, svolto da Marta Cardillo. L’operazione di riordino dell’Archivio, con digitalizzazione su Google Arts and Culture, ha contribuito a riaccendere l’attenzione sul pensiero di Lonzi, portando alla ripubblicazione di una serie di scritti non più in commercio da anni, da parte della casa editrice La Tartaruga.

«I comodati spesso sono strumenti che garantiscono l’accessibilità a beni di interesse culturale, quando acquisti o donazioni non siano al momento praticabili e che spesso sfociano nella donazione (che però è tutt’altro che scontata, essendo necessaria comunque la volontà dell’istituzione pubblica – di chi la dirige –di procedere in tal senso, ndr)», continua la petizione. Inoltre, la restituzione della parte dell’Archivio Bragaglia attualmente in comodato determinerebbe lo smembramento dei fondi, visto che una parte è stata già acquisita per donazione dalla GNAM. «Oltre a contravvenire a ogni regola di buon senso, questo entrerebbe in aperto contrasto con l’articolo 20, comma 2 del Codice dei Beni Culturali e del paesaggio», che cita «Gli archivi pubblici e gli archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell’articolo 13 non possono essere smembrati».

Ci sarebbe poi il rischio che «Archivi e opere preziosi per la storia del nostro paese tornino ad essere inaccessibili o siano acquisiti da istituzioni straniere che, con lungimiranza, da molto tempo acquistano documentazione relativa all’arte italiana (come il Getty di Los Angeles, la Beinecke Library di Yale, o il Centre Pompidou di Parigi), penalizzando la ricerca e la crescita culturale nel nostro Paese». E in anni in cui si parla con molta insistenza – mediatica e anche politica – di restituzioni di beni culturali, spesso a ragione ma non senza certe derive scioviniste, sembrerebbe perlomeno paradossale.

«La Galleria ha avviato da tempo un progetto di rilancio del patrimonio archivistico del museo, in linea con un interesse crescente sul percorso di salvaguardia e fruizione da parte del pubblico e che sempre più spesso non rimane solo fonte primaria per gli studiosi ma arricchisce mostre ed altre iniziative di divulgazione», si legge sul sito del museo. «Negli anni passati la Galleria si è resa conto di quale valore aggiunto fosse per il suo prestigio scientifico la costituzione di un proprio archivio di documentazione e già nel 1946 Palma Bucarelli istituisce a questo proposito l’Archivio bioiconografico».

Attualmente l’Archivio bioiconografico della Galleria, con circa trecento metri lineari di documenti riuniti tematicamente, una sezione monografica costituita da circa 32.650 fascicoli personali e 7.750 fascicoli iconografici, compresa la nutrita sezione 51c dedicata alle attività della Galleria, documenta mostre, allestimenti e molto altro. Complessivamente risultano censite circa 51.453 unità archivistiche arricchite di 24.383 file digitali pubblicate sull’OPAC.

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