-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Bellezza e attivismo, due strade della moda alla Parigi Men Fashion Week
Moda
Dopo quello che è stato ironicamente definito Milano Fashion Weekend (per la sua breve durata e predominanza di brand storici a discapito delle poche novità) la staffetta della moda uomo è passata e si è chiusa a Parigi con un calendario corposo e ben strutturato tra marchi big ed emergenti. Una settimana della moda uomo che ha entusiasmato e coinvolto la fashion community con tantissimi eventi.
Dalla grande performance total white di Rick Owens all’anniversario dei dieci anni di Loewe diretto da Jonathan Anderson, dal workwear ricco di citazioni artistiche e costruito con alta artigianalità di Kim Jones per Dior Men per finire con i global dandies di Pharrell per Louis Vuitton. Parigi si conferma una capitale dove la creatività si declina in collezioni e stili differenti che ben rispecchiano la complessità e l’evoluzione della moda contemporanea.
In questo scenario sono però due i fashion moment che mi hanno toccato le corde per gli opposti sentimenti: da un lato l’addio gentile e sussurrato di Dries Van Noten, dall’altro il debutto urlato, quasi un movimento di protesta, di A$ap Rocky che ha lanciato a Parigi la sua prima collezione American Sabotage. Due visioni differenti che ben esemplificano lo zeitgeist del fashion attuale, dove da un lato ci si focalizza sulla ricerca di una Bellezza (che speriamo salverà il mondo), dall’altro sente l’urgenza di lanciare messaggi di attivismo per sensibilizzare sulla situazione sociale.
Ci sono creativi più concettuali, come Dries Van Noten e la Scuola di Anversa, che preferiscono uno storytelling più colto e non convenzionale, e altri come A$ap Rocky che usano gli slogan e la moda street per parlare in modo più semplice e diretto, strizzando l’occhio all’opportunità commerciali. Due mondi e due linguaggi, tra i diversi, che abbiamo visto durante la settimana della moda a Parigi.
La moda fiabesca di Dries Van Noten
Il designer di Anversa, che ha debuttato a Parigi proprio con una collezione uomo nel 1991 chiude il cerchio con questa stagione, lasciando la direzione creativa del suo marchio che nel 2018 aveva venduto a Puig, gruppo spagnolo di profumi e beauty. Van Noten, classe 1958, ha deciso di ritirarsi per dedicare il proprio tempo alle sue passioni. Il suo lavoro continuerà in modo diverso come consulente e supervisore accanto ad alcuni marchi. La sua decisione, seppur imprevista, non sorprende visto l’approccio anticonformista del designer, che è stato parte dei Sei di Anversa (Walter Van Beirendonck, Ann Demeulemeester, Dirk Van Saene, Dirk Bikkembergs e Marina Yee), un gruppo di autentici creativi che hanno rivoluzionato il sistema moda. Su chi possa prendere il suo lascito non ci sono ancora nomi, ma solo rumours tra cui quello che vede Haider Ackermann, stilista francese di origine colombiana, appena nominato direttore di Canada Goose.
Per chiudere questo capitolo della sua carriera, Van Noten ha citato Marcello Mastroianni e la sua “nostalgia del futuro”, un messaggio che vuole guardare avanti, seppur con toni romantici e a tratti fiabeschi. A omaggiare Dries al suo show non tanto una schiera di celebritries ma amici di sempre come Ann Demeulemeester, Walter van Beirendonck, Haider Ackermann, Glenn Martens, Thom Browne, Diane von Frustenberg, Pierpaolo Piccioli e forse il designer invisibile per definizione, Martin Margiela, forse anonimamente presente tra il pubblico.
La collezione presenta tanti temi e tecniche care al designer: le stampe con foglie e petali, l’animalier, l’oro spalmato sui pantaloni o in tie-dye sugli orli delle giacche fino ai ricami in oro sui giubbotti. Non solo una sfilata di addio, ma anche un finale aperto per chi verrà dopo di lui a scrivere il sequel di uno dei brand più amati dagli insiders e clienti, che negli anni ha saputo trovare il giusto equilibrio tra ricerca e successo commerciale, sempre all’insegna di una comunicazione low-profile.
Il debutto di A$ap Rocky con il suo brand AWGE
Il nome della collezione è già un manifesto: AMERICAN SABOTAGE segna il debutto del rapper come stilista, che ha scelto la suggestiva location dell’Hôtel de Maisons, in cui un tempo visse anche Karl Lagerfeld. Il concept del progetto ruota intorno alla connessione tra moda e attivismo e per questo motivo la collezione è costellata di messaggi volutamente provocatori, satira politica, bandiere americane, pezzi ispirati al Dipartimento di Polizia di New York o alle uniformi dei paramedici. In passerella anche tanti elementi che raccontano la storia del cantante newyorkese, nato e cresciuto nel quartiere di Harlem.
Il risultato è una serie di giovani ribelli il cui stille è frutto di un mix tra sartorialità, streetwear e grafiche che ricoprono i capi dai volumi oversize su cui campeggiano scritte “POLITICAL SATIRE” o frasi “TEMPORARILY UNABLE OR UNWILLING TO SPEAK” sulle felpe, passando per il logo NYPD rivisitato in “NOW YOU’RE PUBLIC DOMAIN” e lo slogan “DON’T BE DUMB” che si riferisce al titolo dell’album in uscita il 30 agosto.
«AMERICAN SABOTAGE è più di un semplice marchio, è un movimento. Stiamo infrangendo i confini e facendo dichiarazioni attraverso ogni pezzo, riflettendo lo spirito e la resilienza delle nostre comunità. Questa è moda con uno scopo, dove l’arte incontra l’attivismo», dichiara lo stesso A$ap Rocky. Al suo fianco non solo la moglie Rihanna, che aveva provato anche lei a lanciare un suo marchio, ma tante star della musica, come Pharrell, Maluma, Pusha T, che sono stati accolti all’ingresso da figuranti che avevano in mano un cartello “Don’t Be Dumb” e cartoncini con “la scritta “NO WAR”.