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Armando Testa – Lord Finger
In perenne equilibrio tra pubblicità e arte, Armando Testa ha lasciato un segno indelebile nella storia della cultura visiva contemporanea. Tema di questa esposizione il dito.
Comunicato stampa
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Galleria Continua è lieta di ospitare nei suoi spazi di San Gimignano la mostra di Armando Testa (1917-1992) dal titolo “Lord Finger”. Il titolo della mostra chiarisce da subito il forte interesse per quello che l’artista ha definito una splendida ed emozionante architettura: il dito.
L’esposizione raccoglie opere di diversa tipologia che coprono un arco temporale che va dalla fine degli anni ‘60 agli inizi degli anni ‘90. Fotografie, sculture, opere su carta e su tela, che declinano in tutte le sue infinite possibilità espressive il tema del dito. L’idea che ispira questa specifica produzione artistica è quella di “[…] prendere un oggetto dei più comuni e fargli succedere qualcosa, stravolgerlo in modo da toglierlo dalla sfera degli automatismi e ridargli vitalità”. Una provocazione e insieme una sfida creativa.
In occasione di un’intervista, alla domanda perché avesse scelto proprio il dito come soggetto delle sue opere, Armando Testa rispose: “Beh, se vogliamo restare nel banale, perché il dito è un elemento grafico che io ho usato tantissime volte, attaccato alla mano o staccato e a sé stante, in molti miei disegni pubblicitari. Ma, a ben vedere, la ragione è un'altra. Perché il dito per me ha anche dei valori simbolici, oltre che anatomici. Il dito serve a indicare, a precisare e anche a toccare. Il dito è una specie di corpo a sé nel соrро umano. Con le dita si possono fare delle bellissime figure, delle ombre, addirittura delle recite. E poi, se ci rifletti bene, l'idea del dito non è mica venuta a me per primo. Pensa a tutto il surrealismo, pensa a Man Ray, a Max Ernst”.
Pensiamo quindi alle fotografie che ritraggono il dito, con la bombetta, tra le macchine come un vigilantes o sorgere dalla terra come un germoglio, di chiare influenze dada e surrealista. Oppure alla scultura “Il tempo”, un albero bronzeo a forma di mano i cui rami sono rappresentati da mani di dimensioni sempre più piccole collegate le une con le altre a simboleggiare l’eterna relazione tra gli essere umani e la costante ricerca di dialogo. La serie de “Il cerchio si stringe” gioca invece sull’incontro tra il pollice e l’indice, che danno vita a una cornice dalle dimensioni variabili, veritabile spazio vivo nella tela e buco di osservazione privilegiato.
Spesso protagoniste sono il pollice e l'indice: “Al medio succedono troppe poche cose. Mentre il pollice è autorevole, robusto, un commendatore. E l'indice è avventuroso nella sua forma e sempre coinvolto in tutto”, dichiara l’artista.
Talvolta giganti, talvolta serrate in un pugno, altre volte abbracciate in danze di ben dichiarata matissiana memoria, o antropomorficizzate in una parte per il tutto che le trasforma in corpi umani, ed ancora sgranate in un finto procedimento fotografico o graffittate bianco su nero, le dita di Armando Testa si declinano e si animano in plurime forme dando vita a un ritratto a tutto tondo del genere umano.
Armando Testa (Torino 1917-1992) ha lasciato un segno indelebile nella storia della cultura visiva contemporanea. Ca’ Pesaro, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, la cui collezione permanente conta ormai 17 sue opere, gli rende omaggio con una mostra monografica che ripercorre la sua carriera, sempre a cavallo tra arte e pubblicità. Armando Testa inizia a lavorare giovanissimo, a soli 13 anni. La sera frequenta la scuola tipografica Giuseppe Vigliardi Paravia, dove viene colpito dall’insegnamento di Ezio D’Errico, che lo inizia alla pittura astratta.
Nel 1937, a soli vent’anni, vince il suo primo concorso con la preparazione di un manifesto dal disegno geometrico ed essenziale, per l’azienda milanese di colori e inchiostri tipografici da stampa ICI. Nel 1946 fonda a Torino lo Studio Testa, e ottiene i primi incarichi da importanti committenti come Pirelli, Borsalino, Carpano e Martini & Rossi. All’inizio degli anni Cinquanta dirige la scuola di pubblicità grafica in Piazza Vittorio Veneto a Torino, dove tra i suoi allievi spicca Michelangelo Pistoletto. Tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70, Testa crea immagini e animazioni filmate che entreranno a far parte dell’immaginario collettivo italiano e della storia della pubblicità. Dal manifesto per il Digestivo Antonetto (1960) al Punt e Mes (1960), arrivando ai manifesti realizzati per marchi come San Pellegrino (1979) o Simmenthal (1963). Gli anni ‘60 sono quelli dei caroselli: indimenticabili i personaggi creati per la Lavazza, Paulista, Caballero e Carmencita (1965), così come gli sferici abitanti del Pianeta Papalla per la Philco (1966) o l’ippopotamo blu della Lines (1966), fino alle bionde visioni della birra Peroni (1968), solo per citarne alcuni. Testa si dedica anche all’ideazione di manifesti per eventi e istituzioni culturali come il Festival dei Due Mondi di Spoleto (1984) o il Teatro Regio di Torino (1989) oltre ai manifesti realizzati per campagne sociali, come quelli per Amnesty International (1979) o la Croce Rossa (1981). Realizza anche i loghi per enti come il Salone del Libro, il Festival Cinema Giovani di Torino e il Castello di Rivoli.
Accanto alla sua produzione cartellonistica, si dedica ad ironiche e giocose ricerche fotografiche sul cibo, sugli animali e sulle dita, spaziando ed esplorando diversi linguaggi e materiali, ma tenendo sempre fede all’essenzialità. La pittura, la sua vera passione e fonte d’ispirazione, non lo abbandona mai, ed lì che si esprime libero da vincoli commerciali e tematici.
Numerosi i riconoscimenti in Italia e all’estero, solo per citarne alcuni: dal 1965 al 1971, è invitato a tenere la cattedra di Disegno e Composizione della Stampa presso il Politecnico di Torino, e nel 1968 riceve la Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione per il suo contributo all’Arte Visiva, mentre nel 1989 diviene “Honor Laureate” presso la Colorado State University di Fort Collins. Nel 1978 lo Studio Testa diventa l’Armando Testa S.p.A., e la società apre diverse sedi in tutto il mondo. Istituzioni italiane e straniere dedicano ad Armando Testa esposizioni che ne esplorano l’attività artistica, e tra le mostre a lui dedicate dopo la sua scomparsa, ricordiamo: Palazzo Strozzi a Firenze nel 1993, Museo di Rivoli e Castel Sant’Elmo nel 2001, MART nel 2017, i Musei Reali - Sale Chiablese a Torino nel 2018. Le sue opere sono presenti in alcune importanti raccolte museali, come il MoMA di New York, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, il Museo d'Israele di Gerusalemme, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell'Università di Parma, e in molte altre. A Torino, dove l’artista è morto il 20 marzo 1992, è stata inaugurata in piazza XVIII Dicembre la scultura pubblica Sintesi ‘59.
L’esposizione raccoglie opere di diversa tipologia che coprono un arco temporale che va dalla fine degli anni ‘60 agli inizi degli anni ‘90. Fotografie, sculture, opere su carta e su tela, che declinano in tutte le sue infinite possibilità espressive il tema del dito. L’idea che ispira questa specifica produzione artistica è quella di “[…] prendere un oggetto dei più comuni e fargli succedere qualcosa, stravolgerlo in modo da toglierlo dalla sfera degli automatismi e ridargli vitalità”. Una provocazione e insieme una sfida creativa.
In occasione di un’intervista, alla domanda perché avesse scelto proprio il dito come soggetto delle sue opere, Armando Testa rispose: “Beh, se vogliamo restare nel banale, perché il dito è un elemento grafico che io ho usato tantissime volte, attaccato alla mano o staccato e a sé stante, in molti miei disegni pubblicitari. Ma, a ben vedere, la ragione è un'altra. Perché il dito per me ha anche dei valori simbolici, oltre che anatomici. Il dito serve a indicare, a precisare e anche a toccare. Il dito è una specie di corpo a sé nel соrро umano. Con le dita si possono fare delle bellissime figure, delle ombre, addirittura delle recite. E poi, se ci rifletti bene, l'idea del dito non è mica venuta a me per primo. Pensa a tutto il surrealismo, pensa a Man Ray, a Max Ernst”.
Pensiamo quindi alle fotografie che ritraggono il dito, con la bombetta, tra le macchine come un vigilantes o sorgere dalla terra come un germoglio, di chiare influenze dada e surrealista. Oppure alla scultura “Il tempo”, un albero bronzeo a forma di mano i cui rami sono rappresentati da mani di dimensioni sempre più piccole collegate le une con le altre a simboleggiare l’eterna relazione tra gli essere umani e la costante ricerca di dialogo. La serie de “Il cerchio si stringe” gioca invece sull’incontro tra il pollice e l’indice, che danno vita a una cornice dalle dimensioni variabili, veritabile spazio vivo nella tela e buco di osservazione privilegiato.
Spesso protagoniste sono il pollice e l'indice: “Al medio succedono troppe poche cose. Mentre il pollice è autorevole, robusto, un commendatore. E l'indice è avventuroso nella sua forma e sempre coinvolto in tutto”, dichiara l’artista.
Talvolta giganti, talvolta serrate in un pugno, altre volte abbracciate in danze di ben dichiarata matissiana memoria, o antropomorficizzate in una parte per il tutto che le trasforma in corpi umani, ed ancora sgranate in un finto procedimento fotografico o graffittate bianco su nero, le dita di Armando Testa si declinano e si animano in plurime forme dando vita a un ritratto a tutto tondo del genere umano.
Armando Testa (Torino 1917-1992) ha lasciato un segno indelebile nella storia della cultura visiva contemporanea. Ca’ Pesaro, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, la cui collezione permanente conta ormai 17 sue opere, gli rende omaggio con una mostra monografica che ripercorre la sua carriera, sempre a cavallo tra arte e pubblicità. Armando Testa inizia a lavorare giovanissimo, a soli 13 anni. La sera frequenta la scuola tipografica Giuseppe Vigliardi Paravia, dove viene colpito dall’insegnamento di Ezio D’Errico, che lo inizia alla pittura astratta.
Nel 1937, a soli vent’anni, vince il suo primo concorso con la preparazione di un manifesto dal disegno geometrico ed essenziale, per l’azienda milanese di colori e inchiostri tipografici da stampa ICI. Nel 1946 fonda a Torino lo Studio Testa, e ottiene i primi incarichi da importanti committenti come Pirelli, Borsalino, Carpano e Martini & Rossi. All’inizio degli anni Cinquanta dirige la scuola di pubblicità grafica in Piazza Vittorio Veneto a Torino, dove tra i suoi allievi spicca Michelangelo Pistoletto. Tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70, Testa crea immagini e animazioni filmate che entreranno a far parte dell’immaginario collettivo italiano e della storia della pubblicità. Dal manifesto per il Digestivo Antonetto (1960) al Punt e Mes (1960), arrivando ai manifesti realizzati per marchi come San Pellegrino (1979) o Simmenthal (1963). Gli anni ‘60 sono quelli dei caroselli: indimenticabili i personaggi creati per la Lavazza, Paulista, Caballero e Carmencita (1965), così come gli sferici abitanti del Pianeta Papalla per la Philco (1966) o l’ippopotamo blu della Lines (1966), fino alle bionde visioni della birra Peroni (1968), solo per citarne alcuni. Testa si dedica anche all’ideazione di manifesti per eventi e istituzioni culturali come il Festival dei Due Mondi di Spoleto (1984) o il Teatro Regio di Torino (1989) oltre ai manifesti realizzati per campagne sociali, come quelli per Amnesty International (1979) o la Croce Rossa (1981). Realizza anche i loghi per enti come il Salone del Libro, il Festival Cinema Giovani di Torino e il Castello di Rivoli.
Accanto alla sua produzione cartellonistica, si dedica ad ironiche e giocose ricerche fotografiche sul cibo, sugli animali e sulle dita, spaziando ed esplorando diversi linguaggi e materiali, ma tenendo sempre fede all’essenzialità. La pittura, la sua vera passione e fonte d’ispirazione, non lo abbandona mai, ed lì che si esprime libero da vincoli commerciali e tematici.
Numerosi i riconoscimenti in Italia e all’estero, solo per citarne alcuni: dal 1965 al 1971, è invitato a tenere la cattedra di Disegno e Composizione della Stampa presso il Politecnico di Torino, e nel 1968 riceve la Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione per il suo contributo all’Arte Visiva, mentre nel 1989 diviene “Honor Laureate” presso la Colorado State University di Fort Collins. Nel 1978 lo Studio Testa diventa l’Armando Testa S.p.A., e la società apre diverse sedi in tutto il mondo. Istituzioni italiane e straniere dedicano ad Armando Testa esposizioni che ne esplorano l’attività artistica, e tra le mostre a lui dedicate dopo la sua scomparsa, ricordiamo: Palazzo Strozzi a Firenze nel 1993, Museo di Rivoli e Castel Sant’Elmo nel 2001, MART nel 2017, i Musei Reali - Sale Chiablese a Torino nel 2018. Le sue opere sono presenti in alcune importanti raccolte museali, come il MoMA di New York, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, il Museo d'Israele di Gerusalemme, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell'Università di Parma, e in molte altre. A Torino, dove l’artista è morto il 20 marzo 1992, è stata inaugurata in piazza XVIII Dicembre la scultura pubblica Sintesi ‘59.
13
luglio 2024
Armando Testa – Lord Finger
Dal 13 luglio al 18 agosto 2024
arte contemporanea
Location
GALLERIA CONTINUA
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
Orario di apertura
da lunedì a domenica 10-13 e 14-19
Vernissage
13 Luglio 2024, da lunedì a domenica 10/13- 14/19
Sito web
Ufficio stampa
SILVIA PICHINI
Autore