11 luglio 2024

Una biodiversità in vetro: scoprendo il lavoro di Michela Cattai

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Nella sua ricerca, Michela Cattai fa evolvere la magica complessità della tradizione vetraria veneziana attraverso una declinazione contemporanea e poetica, tra arte, scienza e design

Michela Cattai, Pistillo

Il prossimo settembre sarà un mese assai fecondo per la laguna veneta, in termini culturali. La Biennale d’Arte costituirà lo sfondo su cui si muoveranno varie iniziative legate a una creatività che sfugge agli incasellamenti e alle categorie restrittive della critica tradizionale, specie per quanto riguarda le relazioni complesse tra arte e design. In questa prospettiva effervescente, una delle figure che maggiormente suscitano interesse è quella di Michela Cattai, veneziana per nascita, poi milanese per l’attività di gallerista ma ancora veneziana per il rapporto che intrattiene costantemente con i maestri vetrai di Murano per via del proprio lavoro. Una creazione che è soprattutto ricerca.

Dopo una lunga collaborazione con Venini, di cui è stata direttrice artistica, ha intrapreso un percorso del tutto autonomo nell’ambito della lavorazione artistica del vetro, attraverso cui si distacca dai moduli espressivi e tecnici della millenaria tradizione vetraria. Cattai rimane sicuramente radicata in quel substrato ma interpreta e fa evolvere una certa eredità in una chiave più personale facendo ricorso a un vasto orizzonte di suggestioni figurative. Oltre ad attingere dalla Laguna una certa téchne – fissa, dogmatica, gelosamente custodita – essa rilegge quel paesaggio in chiave figurativa, come sistema carico di valori bio-ambientali che diventano spunti iconologici.

Michela Cattai, ANEMONE, Maison Gerard Gallery New York

E dà vita così alla collezione Botanica Vitrea, che celebra la biodiversità della Laguna veneziana attraverso cinque serie di vasi (con forte orientamento scultoreo) in vetro soffiato: Bocciolo, Corolla, Pistillo, Botanica Adriatica e Libellula. Le forme organiche e dinamiche delle opere si impongono sullo spazio circostante creando un’interazione tra luce e materia in un gioco di riflessi e trasparenze seducenti. A livello cromatico, le collezioni puntano su una palette di toni caldi: ambra, oro antico e ortensia.

Michela Cattai, BOCCIOLO Ortensia

Botanica Adriatica è caratterizzata propaggini turgide e succulente che si ramificano nel vetro come mosse dalle maree delle acque salmastre. Bocciolo esprime la sua forza con la sua forma tonda e irregolare, sagomata a caldo, mentre Corolla visualizza elementi lirici astratti, ovvero creste dalla valenza dinamiche. Il posizionamento obliquo di Pistillo simboleggia l’imprevedibilità della natura, lasciando la libertà ai decori applicati a caldo di abbracciare spontaneamente la sua forma tondeggiante. Infine, Libellula esprime al meglio le sperimentazioni sulla materia che vedono sfidare le tensioni del vetro.

Michela Cattai, COROLLA

Proprio nel valorizzare e reinterpretare le antiche tecniche muranesi, l’autrice indaga la storicità delle piante autoctone dell’habitat lagunare, come la Salicornia e la Salsola, le cui ceneri, un tempo, contenenti potassio e carbonato di sodio, venivano miscelate nel crogiolo per produrre vetro soffiato. Insomma, la sua ricerca multilaterale guarda al passato per generare innovazione.

Quando si discute sui manufatti appartenenti al mondo magico del “vetro artistico” di Murano ci si chiede se questi afferiscano all’alveo del design o se fanno parte della dimensione dell’arte. O anche se è possibile riconoscerne l’ambiguità e l’ambivalenza. Nel caso di Michela Cattai diremmo che i suoi manufatti appartengono al primo settore, seppur permeati da un’aura lirica, surreale, quasi onirica.

Michela Cattai, Botanica Adriatica, Ph. Fiorese

Il fatto che le sue opere siano prevalentemente monocolori (oltreché a superficie satinata) non significa che l’autrice non contempli la complessità materica e il potenziale visivo impliciti nella lavorazione del vetro. Anzi, Cattai trascorre on stage ore e ore a manipolare il vetro magmatico assieme a i maestri vetrai: questi detengono il “saper fare”, mentre la designer attua una sorta di risemantizzazione.

Niente scintillii, niente cromatismi tropicali, ma forme solide, concrete, che materializzano l’immagine di quell’Adriatico un po’ sonnolento e rarefatto.

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