02 agosto 2024

Antichi e nuovi maestri della scultura friulana e italiana dialogano a Spilimbergo

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Nel ventennale della Fondazione Ado Furlan, è stata inaugurata in Friuli-Venezia Giulia, la XIV edizione della mostra “Percorsi nella scultura italiana” che resterà aperta al pubblico fino al 6 ottobre

Percorsi nella Scultura italiana (1841-2001). Installation view, Palazzo Tadea, Spilimbergo, 2024

La splendida cornice del cinquecentesco Palazzo Tadea, parte del complesso del castello di Spilimbergo, ha aperto le porte all’annuale esposizione Percorsi nella Scultura italiana (1841-2001) organizzata dalla Fondazione Ado Furlan che porta avanti la memoria e la promozione dell’opera dello scultore pordenonese.

La mostra, articolata in tre sezioni, si apre con un primo capitolo dedicato alla scultura in Friuli Venezia-Giulia tra il 1841 e il 1942, continua poi attraverso un focus sulla produzione di Ado Furlan e si conclude con una notevole panoramica sulla scultura italiana del secondo Novecento e dei primi anni Duemila. Ad aprire il percorso di visita in un dialogo attorno al tema dell’antico, si trova il gruppo marmoreo di Zefiro e Flora realizzato per la famiglia Torossi dallo scultore neoclassico Antonio Marsure (1807-1855), artista particolarmente debitore alla poetica e alla delicata sensualità canoviana. Violenta controparte mitologica della sospensione temporale è il gesso mutilo della Caduta di Icaro di Luigi de Paoli, dove il terrore che percorre le membra del fanciullo è dispiegato con estremo realismo. Terzo interlocutore è il dinamico modello in gesso realizzato nel 1941 da Ado Furlan per la fontana raffigurante un cinghiale azzannato dai cani che, commissionata da Luigi Moretti in vista dell’Esposizione Universale del 1942, è poi andata a impreziosire il Foro Mussolini nel complesso urbanistico dell’Eur.

Percorsi nella Scultura italiana (1841-2001). Installation view, Palazzo Tadea, Spilimbergo, 2024. Credits FotoCiol

La dimensione pubblica e monumentale della prima sala lascia spazio all’ambiente più intimo e modesto dello studio di Furlan, nostalgicamente immortalato Italo Zannier nel 1971, anno della morte del maestro. Qui, bronzetti, marmi, gessi e cere che danno testimonianza dei molteplici linguaggi impiegati dall’artista nei decenni intercorsi tra gli anni del regime e le Neoavanguardie. Soggetto prediletto è la figura umana colta ora in momenti di privato abbandono, ora immortalata in ritratti solenni di ispirazione classica, che caratterizzano in particolare la produzione degli anni ’30. Due sorprendenti gessi raffiguranti i figli addormentati, Italo dorme e Giannino sogna, risalgono al periodo romano, durante il quale Furlan fu sodale di alcuni artisti di via Margutta. Tracce di quest’amicizia romana, in modo particolare con Pericle Fazzini, sono riscontrabili in due opere risalenti al 1947, quali la Bagnante e Icaro caduto, caratterizzati da una forte plasticità che, sospesa nel 1950 per la realizzazione della Donna che sogna, dall’estetica più classicheggiante, riemerge nell’opera tarda Donna che cammina (1970-1971), contraddistinta inoltre da una scabrosità delle superfici che conferisce al bronzo un timbro espressionista.

Percorsi nella Scultura italiana (1841-2001). Installation view, Palazzo Tadea, Spilimbergo, 2024. Credits FotoCiol

Ultima sezione della mostra è quella che estende lo sguardo all’intera produzione nazionale abbracciando tutto l’arco temporale del secondo Novecento fino a lambire il nuovo millennio. In una prima sala, la scelta curatoriale di creare un ensemble multimediale, grazie alla disposizione di alcune tele degli anni ’60 dell’udinese Carlo Ciussi, permette di seguire, come in un’antologia, la linea tracciata dal movimento Informale italiano verso un’indeterminazione della forma artistica, verso un’opera aperta oltre realismo e astrattismo. Qui si trovano infatti gli incastri lapidei di Pietro Cascella, gli aspri volumi di Lorenzo Guerrini e altrettanto quelli finemente levigati di Giò Pomidoro. Ancora, si possono apprezzare le indagini attorno ai materiali industriali e al rapporto tra scultura e spazio di Nicola Carrino, Mauro Staccioli e Giuseppe Uncini. Procedendo verso l’ultima sala si viene accolti da un particolare pezzo della collezione, Mammuth di Piero Gilardi, artista attivo tra Pop Art, Arte Povera e New Media Art, che seppe animare la propria opera con un’ideale politico anticapitalista, ecologico e partecipativo. Alle spalle di questo improbabile scanno, il Lamento per la morte di Picasso di Renato Guttuso si pone quale contraltare pittorico e figurativo dell’opera di Nane Zavagno, che a sua volta dialoga bene con l’acciaio di Ciussi sia per la scelta di ricorrere a materiali industriali che per quella di usare il taglio netto della retta assieme a quello morbido che disegna curve circolari. Chiudono il percorso due opere del pordenonese Massimo Poldelmengo, la Scala, che riprende il tema già trattato per il Premio “In sesto” del 2009, simbolo in cui è insito un percorso di ascesa fisica e spirituale e IX, parte di un dittico commissionato da Ado Furlan, nipote dell’artista, in ricordo del padre Italo.

Percorsi nella Scultura italiana (1841-2001). Installation view, Palazzo Tadea, Spilimbergo, 2024. Credits FotoCiol

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