25 luglio 2024

Non chiamatelo artista pop! Il Guggenheim di Bilbao omaggia la carriera di Yoshitomo Nara

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Dagli esordi “Superflat” con Takashi Murakami all’attivismo dopo l'incidente nucleare di Fukushima: l’ampia retrospettiva è un viaggio evocativo attraverso quattro decenni della carriera del celebre artista giapponese

Yoshitomo Nara è conosciuto per le sue immagini di adolescenti dalle teste esagerate e grandi occhi espressivi, iconografie che comunicano curiosità e emozioni che vanno dalla solitudine, alla ribellione, all’incertezza. Un’ampia selezione di dipinti, disegni, sculture e installazioni realizzati dal 1984 al 2024, sono raccolti al Guggenheim Museum Bilbao, in forma tematica e non cronologica. Le iconografie ricorrenti riguardano i ricordi dell’adolescenza, segnati da una forte sensazione di isolamento, i viaggi all’estero, il pacifismo e l’amore per la storia dell’arte occidentale. Nato nel 1959 a Hirosaki, nella prefettura di Aomori, appena ventenne fa il suo primo viaggio in Europa, per ammirare i dipinti del Medioevo e del Rinascimento, gli impressionisti e gli espressionisti. Esperienza che ha un forte impatto sul suo immaginario.

Nel 1987 si trasferisce a Düsseldorf per studiare alla Kunstakademie, e poi terminati gli studi, a Colonia. Tra i suoi docenti vi era A.R. Plenck, tra i principali esponenti del neo-espressionismo tedesco. La sua influenza è evidente nelle pennellate di Nara, dei colori vibranti e dell’integrazione di elementi narrativi. Plenck gli suggerisce di dipingere sulla tela come se stesse disegnando, suggerimento che Nara segue.

“Da adolescente ascoltavo la musica emessa dalle radio americane, amavo il blues, Neil Young e Bob Dylan con i suoi messaggi antimilitaristi contro la guerra in Vietnam. A Düsseldorf sono stato a molti concerti dal vivo, dei Kraftwerk, Devo, Ramones, per ricordarne solo alcuni, e la musica mi ha aiutato molto ad entrare in contatto con un’altra cultura”, ha raccontato Nara all’inaugurazione della mostra. La passione per la musica la ritroviamo in opere come My Drawing Room, Bedroom Included, struttura architettonica in legno che ricrea lo spazio del suo studio che all’esterno ha un cartellone che indica lo statement “Place Like Home” e all’interno una scrivania con musica cassette, CD, pile di disegni, dipinti e oggetti vintage, e in collaborazioni con gruppi musicali come i REM per cui disegna la cover del singolo I’ll Take The Rain.

La vicinanza con le pratiche sonore è presente anche nel suo modo di lavorare, agisce come un musicista, che riedita i propri dipinti. “Al Guggenheim è esposto un dipinto di cui ha fatto una nuova versione e l’ha chiamata Dead Flower 2020 Remastered, come se fosse un album rimasterizzato. Anche se le dimensioni e la tecnica sono cambiate, mentre dipingevo ha ascoltato la musica che ascoltavo per il primo dipinto. Mi piace modificare qualcosa che ha creato in passato per trasformarlo” precisa l’artista.

“Nara non è un artista pop, come altri suoi connazionali, la sua carriera è talmente unica da non consentire di tracciare una linea teorica coincidente con il Kawaii, stile che è stato inventato in Occidente per indicare immagini di personaggi che suscitano tenerezza e simpatia, con tratti facilmente riconoscibili come grandi teste, corpi paffuti, occhi rotondi”, afferma Lucía Agirre, curatrice della mostra. E aggiunge: “Il fatto di aver orbitato nell’ambito di Superflat, nome del movimento artistico postmoderno fondato da Takashi Murakami, e di aver esposto nell’omonima mostra da lui curata, ha fatto sì che Nara fosse incluso in quell’ambito. Ma la verità è che il suo lavoro, nonostante le numerose collaborazioni con Murakami, sfugge a quell’etichetta, attinge a fonti che provengono da campi molto diversi ed è per questo che ha uno stile unico”.

È stato a Los Angeles e non in Germania, dove aveva esposto in numerose mostre, che il suo lavoro ha il riconoscimento internazionale, grazie alla personale alla Blum & Poe Gallery a Santa Monica nel 1995, e alle collaborazioni con Murakami. Nel 1998 insegna come visiting professor di pittura all’Università della California invitato da Paul McCarthy, e per tre mesi condivide un appartamento con Murakami, anche lui visiting professor.

L’avventura europea termina quando nel 2000 ritorna in Giappone. L’anno successivo viene inaugurata al Museo d’Arte di Yokohama I DON’T MIND, IF YOU FORGET ME, importante mostra personale che viaggia in altri cinque musei del Paese, che lo consacra in Giappone.

L’incidente nucleare di Fukushima del marzo 2011 è stato per Nara un grande trauma. “Per un certo periodo ha interrotto la produzione pittorica per lavorare direttamente con le mani”, racconta Agirre di fronte alle sculture presenti al Guggenheim. Per rendersi utile e stare vicino alla popolazione colpita, dà vita a progetti fotografici collettivi nell’area di Tohoku. Il suo attivismo pacifista è evidente nella presenza del simbolo della pace in diverse sue opere, e nel dipinto From the Bomb Shelter in cui una ragazzina emerge da un bunker sotterraneo. Il dipinto è ispirato al film Hiroshima del 1953, diretto da Hideo Sekigawa, basato sul best-seller Children of the A -Bomb, raccolta di testimonianze di bambini sopravvissuti al bombardamento di Hiroshima.

Visitabile fino al 3 novembre 2024, la mostra rende evidente la ricchezza della pratica artistica di Nara. Sono le sue parole a racchiudere l’essenza della mostra: “solo lasciando il Giappone ho capito l’importanza della cultura del mio paese natale. Ma ho dovuto andarmene per capirlo. E le mie opere ne sono la testimonianza”.

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