12 agosto 2024

Un libro al giorno: Il tempo della rivolta di Donatella di Cesare

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Torna la rubrica "Un libro al giorno", per presentare romanzi e saggi, ultime pubblicazioni e grandi classici. Non solo arte e storie di artisti, ma anche critica, filosofia, attualità e cultu-ra a 360 gradi. Consigli di lettura dai nostri autori da mettere in valigia e portare con sé

Lo scorso 9 giugno il partito francese Rassemblement national ottiene una vittoria schiacciante alle elezioni europee. Pochi istanti dopo, il presidente Emmanuel Macron scioglie l’Assemblea nazionale e indice, sconfitto, la convocazione anticipata delle legislative, con un primo turno il 30 giugno e un secondo il 7 luglio. Dal giorno 15 dello stesso mese, il Fronte Popolare ha fatto scendere in piazza e nelle strade quasi 1 milione di persone in tutto il paese, manifestando un dissenso collettivo contro un imminente nuovo governo di estrema destra. Prendendo questo evento come un esempio della temperatura del nostro presente-politico, al di là delle sue specificità: cosa significa oggi manifestare?

Il libro edito da Bollati Boringhieri (2020) Il Tempo della rivolta di Donatella di Cesare presenta una contro narrazione, una rilettura della disobbedienza civile tracciando per la prima volta una topografia di questa costellazione apparentemente frammentaria e priva di logica, caotica, come viene presentata dalla visione mediatica, attraverso aspetti politici e filosofici, estremamente puntuali. «La rivolta non è una risposta casuale. Sarebbe un errore considerarla semplicemente un’esplosione di collera, una reazione maldestra al soffocamento incombente» afferma l’autrice «un modo di riprendere la piazza, restituire presenza agli esclusi, difendere i diritti degli indesiderabili. Riaffiora così il nesso stretto tra rivolta e spazio pubblico». Il rapporto tra lo spazio pubblico e il manifestare è centrale, una riappropriazione momentanea di qualcosa che è diventato ormai disciplinato, sotto il controllo della polizia che qui ha il potere coercitivo di decidere a chi può appartenere e a chi negarne invece il diritto. La rivolta è la voce di ciò che accade oltre i confini di un’architettura politica statocentrica, di chi è tagliato fuori, marginalizzato, ed ecco perché manifestare non è più così ovvio «i luoghi delle nuove rivolte, sempre più nomadi e transitorie, sono andati moltiplicandosi ben oltre la piazza […] fino alla decentralizzazione del web». Si tratta di un modo per mettere in discussione le strutture di uno spazio pubblico sempre più sorvegliato, soffocante, tanto che per farlo si è costretti a nascondersi, a indossare una maschera, diventare anonimi per mostrarsi nei confronti di una politica violenta dell’identificazione che censura, condanna, tutto ciò in cui non vuole riconoscersi. «Decisivo è il criterio dell’identità sulla scena pubblica». Dis-identificarsi in una democrazia: un modo per ridurre il numero dei disobbedienti.

In Il Tempo della rivolta, di Cesare dimostra che manifestare è un modo per rivendicare un diritto di apparizione. Una massa mutevole di soggettività anonime che scendono nelle piazze e nelle strade per essere visibili, riconfigurano lo spazio pubblico e dando forma qui a un corpo politico collettivo che vuole essere riconosciuto. «Anziché restare nell’ombra, chiudersi nel silenzio, [i cittadini] cercano le vie d’accesso allo spazio pubblico per formulare le proprie richieste, per esprimere in vari modi il proprio dissenso».

Il 7 luglio ha segnato la vittoria elettorale della coalizione del Fronte Popolare. Sui social gira un’immagine che recita «le pen is not on the table». L’identità del dissenso è stata riconosciuta.

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