19 agosto 2024

Scenari Urbani: la sintesi di uno spazio nella fotografia di Lorenzo Zandri

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La piattaforma Scenario presenta "Scenari Urbani", serie dedicata all'intersezione tra fotografia, territorio e paesaggi umani. In questa puntata esploriamo la ricerca di Lorenzo Zandri

Lorenzo Zandri, italiano basato da tempo a Londra, nei suoi lavori narra gli scenari urbani aprendoli a riferimenti ed analogie con i dipinti ed immagini d’arte della nostra cultura.

Protagonista di diverse esposizioni dedicate all’architettura, è inoltre co-fondatore di ROBOCOOP, duo artistico che crea visioni inedite della città attraverso installazioni, collage, fotomontaggi.

Si riscontra spesso, nella descrizione del tuo lavoro, la parola immagine, più che fotografia. Sapresti raccontarmi la differenza che esiste tra questi due termini nelle tue ricerche?

«Mi ha sempre interessato l’etimologia di immagine, dal latino imago, come schema immaginario, prototipo inconscio che orienta in maniera specifica il modo in cui il soggetto percepisce l’altro, ne orienta cioè le proiezioni. Questo potere dell’immagine di andare oltre a ciò che è tangibile apre degli scenari di costruzione e di manipolazione più ampia, e ho sempre considerato la fotografia il mezzo piuttosto che il fine. In questo per me diventa cruciale costruire immagini più che fotografie del mondo che mi circonda».

Nutri diverse ricerche sui paesaggi urbani – come On the riverside sul rapporto tra l’elemento naturale e il contesto antropico lungo il Tamigi, o Lost & Found, sulle tracce di architetture religiose nella capitale inglese. Intanto ti chiedo, cosa ti porta ad esplorare fotograficamente il contesto urbano? E cosa intendi per progetto a-geografico, raccontando di The Possibility Of che curi dal 2020?

«Vista la mia formazione in architettura, la mia indagine si direziona naturalmente verso il paesaggio urbano, con un interesse specifico per gli spazi marginali del contesto della città.
The Possibility Of, in questo senso, esplora gli incidenti urbani e naturali come spunti per costruire l’idea di architetture possibili intorno a diversi scenari curiosi e contraddittori dell’ambiente costruito e naturale. Le immagini diventano a volte i punti di partenza e gli strumenti di rappresentazione per svelare continue visioni immaginarie utopiche, costruendo la possibilità di un’immagine intorno all’architettura, esaltando la bellezza dell’ordinario astratto.
Se On the riverside e Lost & Found, hanno una forte connotazione perché esplorano dei temi specifici della geografia di Londra, The Possibility Of è in questo senso una sorta di journal di riferimenti senza limiti geografici, da Lussemburgo a Parigi, passando per Amsterdam fino a La Habana».

In una tua intervista, riguardo al viaggio e alla memoria, hai raccontato l’esperienza di “sintesi di uno spazio”: in che modo avviene questo processo inconscio, preventivo alla restituzione in uno scatto? Puoi esplicitare le esperienze in Messico?

«Venendo dalla città in cui vivo, Londra, il viaggio in Messico è stato davvero rivelatore: la luce è intensa, la materia viva, il paesaggio predominante. Ricordo ancora oggi quanto fossi immerso nell’essenza del luogo nel Jardin Botanico di Oaxaca, o nel Convento di San Bernardino de Siena a Valladolid. L’esperienza visiva ha trasceso quella fisico-reale. Il processo fotografico è stato molto istintivo verso il soggetto, il che ha fatto sì che avvenisse una certa specifica associazione, una sequenza di immagini. Mi è capitato ultimamente di fotografare un’extension in cemento armato disegnata da Alors Studio in una casa rurale in Francia, e credere per un attimo di essere di nuovo in Messico. Direi quindi che la sintesi di uno spazio può avvenire a volte attraverso una sequenza per frammenti tratti dalla nostra memoria visiva».

 

LostandFound ©Lorenzo-Zandri_2020-3
LostandFound ©Lorenzo-Zandri_2020-1

Nella tua biografia, rendi esplicito quanto i riferimenti ad opere o immagini pittoriche in qualche modo possano diventare un elemento nel processo di costruzione delle tue immagini. Ci racconti la tua relazione con l’arte e quali sono gli autori a cui guardi con maggiore spirito di consonanza?

«L’arte pittorica figurativa e quella fotografica sono associati in modo forte e diretto, basti pensare a come i pittori fiamminghi costruivano i loro dipinti, attraverso una camera oscura.
Per me quindi citare i grandi maestri diventa un processo molto spesso inconscio e involontario, spesso sottile ed impercettibile, ma talvolta anche molto intenzionale e diretto. Dunque le architetture nei dipinti di Giotto o Piero della Francesca sono sicuramente degli spazi che riconosco culturalmente a me affini, ma mi piace anche guardare ad autori dello scorso secolo, come Monet, Hammershøi o Magritte, dopo lo spazio rappresentato è più profondo, espressivo, surreale».

In questo senso, non posso non citare il tuo alter ego ROBOCOOP, un progetto di ricerca esplorativa e provocatoria dei luoghi urbani, attraverso diversi approcci – collage, fotografie, disegni. Ce ne racconti l’essenza, e il vostro recente lavoro a Roma?

«ROBOCOOP è sempre stato un cantiere di idee, soprattutto riguardo soglia tra immagine bi e tridimensionale. Dove la mia immagine fotografica trova il suo limite fisico, inizia quella di ROBOCOOP. BassoRilievo, l’ultimo lavoro commissionatoci dalla Soprintendenza Speciale di Roma, ci ha permesso di esplorare in primis il tema dell’infill urbano, attraverso un’immagine/edificio innestata in una corte interna di un palazzo, ma anche del frammento come strumento di costruzione del prospetto. Inoltre, l’idea di agire in uno spazio di trasformazione e limitata temporaneità come quello del cantiere (l’artwork è stato infatti realizzato a supporto del cantiere di restauro conservativo del Palazzo Mattei di Giove), ci affascina sempre di più».

The Possibility Of ©Lorenzo Zandri 2020-21_4
The Possibility Of ©Lorenzo Zandri 2020-21-7
Greece – Lorenzo Zandri © 2022-20
Cuba – Lorenzo Zandri © 2024-30

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