03 agosto 2024

Other Identity #123, altre forme di identità culturali e pubbliche: Erik Kessels

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola a Erik Kessels

Erik Kessels, Jump Trump, 2017. Installation.
Erik Kessels, Jump Trump, 2017. Installation

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Erik Kessels.

Erik Kessels, RITRATTO, photograph by Nosh Neneh

Other Identity: Erik Kessels

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«Forse la rappresentazione di me stesso e della mia arte è quella di un narratore. Mi piace portare alla luce storie di persone sconosciute perdute e dimenticate. In questo momento, immagini, parole e suoni corrono così veloci che a volte è bello fermarsi e trovare il tempo per una storia sconosciuta. L’arte dovrebbe rappresentare e provocare una forte emozione e sentimento. Quando guardi l’arte la tua emozione dovrebbe essere estrema. Che questo sia estremamente divertente, triste, ironico, bello ecc. L’arte e ciò che fa un artista è il carburante per la vita quotidiana e il tuo spirito creativo».

Erik Kessels, 24HRS in Photos, 2012. Installation with photographs

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Spero che le storie che racconto col mio lavoro lascino le loro impronte nelle persone che le vivono. È l’artista colui che raccoglie, modifica e si riappropria. Il risultato si presenta come un lavoro intensificato e compresso che viene mostrato in un nuovo contesto e, si spera, lascerà poi un segno nella gente».

Erik Kessels, in almost every picture no.11, 2012. Waterproof book

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Come artista, penso che sia molto importante condividere le proprie storie e la propria visione con gli altri. Inutile dire che oggi ci sono più opportunità per farlo, rispetto al passato. L’identità e la personalità sono un ingrediente molto importante nel raccontare la storia del proprio lavoro. Ovunque posso cerco di trasmettere la storia delle mie opere attraverso libri, conferenze e workshop. Ogni artista è l’autore del proprio lavoro ed è stupendo che l’artista stesso possa promuoverlo».

Erik Kessels, Unfinished Father, 2014. Installation with car and photographs

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Lavoro nel campo della “riappropriazione” principalmente con materiali e opere già esistenti. Realizzo libri e mostre con fotografie ritrovate e immagini realizzate in prima battuta da altre persone. Questo atto è fortemente connesso al montaggio e al modo in cui mostro l’opera e racconto la storia nel suo nuovo contesto. Questo processo è spesso molto vulnerabile e intimo e come artista devo sostenere e proteggere questa intimità e vulnerabilità nel mio lavoro che direttamente o indirettamente è sempre un riflesso della mia personalità e quindi diventa la mia identità».

Erik Kessels, in almost every picture no.17 (Carlo e Luciana), 2023. Photographic installation

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«Quando possibile, cerco di creare questa connessione nel mio lavoro. Come artista, questo è in un certo senso il mio punto di partenza. Tutti i sentimenti forti, positivi o negativi, devono emergere in qualche modo nel mio processo creativo. Questa è la cosa bella e allo stesso tempo potente dell’arte, che qualunque persona sia in grado di farlo».

Erik Kessels, Empty Chair, 2022. Book and chair
Erik Kessels, Empty Chair, 2022. Book and chair

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Forse, in quel caso, mi piacerebbe avere l’identità di un mago molto bravo. Trovo emozionante credere che qualcuno abbia poteri magici e sia in grado di far apparire e scomparire le cose a richiesta. Il cocktail di abilità, virtuosismo e menzogna è davvero esplosivo. Il fatto che il mago viva solo con i suoi segreti ha qualcosa di malinconico. Ma forse come artisti siamo tutti, in un certo senso, più o meno dei maghi!».

Erik Kessels, Mele e Pere, 2023. Photographic installation

Biografia

Erik Kessels è un artista, curatore e designer della comunicazione olandese, con grande interesse per l’arte e la fotografia. Dal 1996 è Creative Partner dell’agenzia di comunicazione KesselsKramer.

Come artista e curatore Kessels ha pubblicato oltre 100 libri delle sue immagini “riappropriate” e ha scritto il bestseller internazionale Failed It! e Amatore Completo. Ha insegnato in diverse Accademie d’Arte (Amsterdam, Milano, Toronto, Losanna, Düsseldorf).

Ha realizzato e curato mostre come Loving Your Pictures, Mother Nature, 24HRS in Photos, Album Beauty e Unfinished Father. Attualmente sta lavorando a un progetto artistico europeo a lungo termine chiamato Europe Archive.

Nel 2010 Kessels è stato premiato con l’Amsterdam Prize of the Arts, nel 2016 nominato per il Deutsche Börse Photography Prize. Fino al 2022 la sua retrospettiva di metà carriera è esposta a Torino, Düsseldorf e Budapest e recentemente ha esposto al SFMOMA. È stato definito “uno stregone visivo” dal Time Magazine e un “Antropologo moderno” da Voque (Italia).

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