15 settembre 2024

Ricordi di un collezionista. A tu per tu con Paolo Brodbeck

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Collezione in Fondazione, “La misura di un orizzonte sensibile, ritratto di Paolo Brodbeck”, è la mostra aperta fino al 20 dicembre che segna il terzo appuntamento espositivo organizzato e voluto dalla Presidente della Fondazione, Ornella Laneri, presso la Fondazione Oelle Mediterraneo Antico di Acicastello

Anna Tusa, Ritratto di Paolo Brodbeck, 2024

«Non mi ritengo né un collezionista puro né un mecenate puro; in me prevale principalmente il piacere di vivere e partecipare all’arte contemporanea con un agire vero radicato nel quotidiano». Questo è l’incipit con cui avvio questa mia intervista al collezionista Paolo Brodbeck, fondatore dell’omonima Fondazione d’arte a Catania. Ma prima è d’obbligo una precisazione: alla Fondazione Oelle fino al 20 dicembre è visitabile una parte della sua collezione d’arte. Sì, una parte, perché si tratta di una storia lunga trent’anni e che mai potrebbe essere contenuta tutta all’interno di mura, forse idealmente, ma non nel concreto, in quanto la collezione di Paolo Brodbeck non è contenibile per la portata culturale, per la ricerca, per l’attenzione in nessun luogo che non sia infinito.

Ed è così che per porre delle domande all’altezza mi butto a capofitto nella rilettura di alcuni stralci e titoli di libri dei maggiori collezionisti per trovarne ispirazione. La prima domanda nasce dal libro biografico, Ricordi di un collezionista, di Giuseppe Panza Di Piuma, ed è così che inizio l’intervista quasi in una sorta di viaggio della memoria che ripercorra gli inizi fino ad arrivare ai giorni nostri: a ciò che è La misura di un orizzonte sensibile, ritratto di Paolo Brodbeck.

Anna Tusa, Ritratto di Paolo Brodbeck, 2024

Quali sono i suoi ricordi di collezionista a cui è più affezionato?

«Molti ricordi sono popolati da persone che hanno accompagnato il mio percorso di collezionista lungo trent’anni. Galleristi, artisti, mi hanno aiutato a muovere i primi passi in questo mondo, nei primi tempi, sconosciuto. La mia prima volta fu a Brera nel ‘90-’91. C’erano gli artisti moderni trattati da Franco Collica. A lui e alla sua Galleria Andrea Cefaly sono dovuti i primi ricordi e l’inizio di questa attività. Poi c’è stato il gallerista Tucci Russo, da lui ho appreso l’Arte Povera e Primo Piano di Roma. Entrambi mi hanno presentato molti artisti e mi hanno fatto conoscere, attraverso le loro opere, quelli non viventi. La conoscenza fa scattare la molla che mi spinge all’acquisto. Importanti sono state le visite di mostre, Bologna, Basilea, in America, e di tanti musei italiani e stranieri. I ricordi, lo so, sono tantissimi ormai. Ricordo ancora le opere frutto di corteggiamenti, come due amanti, durati due, tre anni, che mi hanno visto impegnato in una trattativa commerciale appassionante che le ha ammantate di un valore aggiunto. Tanta attenzione si deve al fatto che nessuna scelta è stata casuale, ogni opera ha un senso nel totale della mia collezione. Ricordi, i miei guardano a un passato remoto e prossimo, ma so che ci saranno quelli che nasceranno dalle esperienze che sto vivendo o che ancora non ho vissuto, che verranno, dovuti anche alla mia attenzione verso i giovani artisti che sono passati dalla Fondazione d’arte e che, con la loro esperienza, hanno segnato i suoi spazi. Anche l’artista Barbara Cammarrata, a gennaio terrà una mostra alla Fondazione, è un ricordo nascente».

Anna Tusa, Ritratto di Paolo Brodbeck, 2024

E dal titolo del libro che racconta la collezione di Vittorio Cini, Lo specchio del gusto che nasce la seconda domanda: La sua collezione è lo specchio del suo gusto?, in che modo ha selezionato le opere esposte alla mostra “La misura di un orizzonte sensibile” alla Fondazione Oelle?

«Ho un passato da fotografo e il mio primo interesse da collezionista è stata la fotografia. Successivamente ho iniziato a guardare il Figurativo, Forma 1, fino ad arrivare al Contemporaneo. Ma il fulcro da cui è partita la mia collezione è stata l’Arte Povera. Le opere scelte per la mostra, sono state selezionate con il curatore Gianluca Collica, ci sono delle opere, come per esempio quella di Fausto Pirandello, Oggetti, un olio su tavola del 1929/1930, o l’opera di Renato Guttuso, Studio per Zolfara, del 1955; nettamente figurative; c’è l’ultima opera di Alberto Garutti, acquisita pochi giorni prima dell’inaugurazione, Orizzonte, dalla serie “Orizzonti”, del 1992, che ha dato il titolo alla mostra; ci sono le opere di Marco Maria Zanin, Cattedrali rurali II,  del 2015, che rimandano al mio inizio fotografico. Un aspetto affascinante del mio lavoro, o per meglio dire della mia passione, è stata la conoscenza, la scoperta, dell’artista, l’entrare nel suo lavoro, nel suo progetto e quindi nel suo mondo. Poc’anzi ho usato il termine lavoro, in realtà il mio lavoro quotidiano è ben diverso dal quello che faccio come collezionista, ma quello che li accomuna è il mio coltivare i rapporti, curarli, dare risalto alla conoscenza personale delle persone che mi circondano. Questo ha fatto sì che molti artisti siano diventati amici, come Urs Luthi, Paolo Parisi, entrambi presenti nella mostra con, rispettivamente, Tell me who stole your smile, del 1973, e Under the Bridge(Simeto) del 2011». 

Anna Tusa, Ritratto di Paolo Brodbeck, 2024

Qual è il messaggio che vuole trasmettere a chi vedrà la sua collezione?

«Non c’è un messaggio preciso, è stata scelta la Art Gallery della Fodazione Oelle Mediterraneo Antico, per ragioni di continuità con l’opera di Ornella Laneri sul territorio. La mostra rappresenta il terzo appuntamento espositivo del format “Collezione in Fondazione”. Il periodo estivo sembrava il periodo più interessante per la presentazione della mostra, soprattutto per la quantità di persone che avrebbe usufruito dell’hotel. L’obiettivo della Fondazione, a cui mi associo, è quello di promuovere l’arte contemporanea e penso che a Catania è necessario dare più visibilità  alle mostre appartenenti a questo filone artistico. Il problema nasce anche dalla mancanza a livello scolastico, in generale in tutta Italia, ma al Sud e in Sicilia in particolare, l’arte contemporanea non ha un’ampia visibilità e risonanza».

Arrivo all’ultima domanda allargando l’orizzonte. Le fiere, e nel nostro caso Artissima, è stato un luogo proficuo per la ricerca della sua collezione?

«Chiaramente! Artissima è una tra le fiere italiane più importanti per quanto riguarda l’arte italiana,  penso sia propositrice di novità e non ha una base soltanto italiana ma internazionale, anzi è la fiera, indubbiamente, più internazionale nel panorama dell’arte italiana. Le fiere sono luogo di scambi, la prima fiera a cui sono andato, accompagnato da Franco Collica, è stata Bologna. E’ stata molto proficua per i miei primi acquisti sul figurativo e lo storico. Con il tempo, la mia collezione e il mio gusto sono variati. Subentrando la figura di Gianluca Collica, la mia visione e la mia attenzione si è spostata verso il contemporaneo, non solo nazionale ma anche internazionale. In questo caso mi ha aiutato moltissimo anche la Fiera di Basilea. Ma, ribadisco, Artissima era, ed è ancora, a mio avviso, la fiera più importante per l’arte contemporanea che c’è in Italia. Artissima, tra scoperte e acquisizioni di tante opere, tramite i collezionisti, ritengo che innegabilmente abbia avuto un ruolo molto importante nel mio percorso di collezionista, tanto da diventare un appuntamento ormai annuale, infatti mi vedrà partecipare anche all’edizione di quest’anno». 

Anna Tusa, Ritratto di Paolo Brodbeck, 2024

La mostra di Paolo Brodbeck nasce e inaugura in contemporanea alla presentazione ufficiale della trentunesima edizione della fiera d’arte Artissima che ha luogo a Torino. Per l’edizione di quest’anno, per la terza volta diretta da Luigi Fassi, il titolo scelto è “The Era of Daydreaming”. Qui mi affido al pensiero del direttore Luigi Fassi: «Vi è una scoperta del valore inestimabile del pensiero spontaneo e del daydreaming, ovvero del sognare ad occhi aperti. Come apprendiamo dalla presentazione della fiera, si tratta di una riscoperta del ruolo di questo territorio incontaminato della mente che vede cooperare tra loro i ricercatori che con le loro scoperte, rivelano un potere inaspettato da associare a questa azione inconsapevole: la capacità innata di immaginare costantemente nuovi scenari relazionali, trovare soluzioni originali e dando forma a progetti ambiziosi. Sognare ad occhi aperti ha un potenziale creativo immenso, ed è quello di cui si servono principalmente gli artisti per infrangere le barriere di ciò che è noto e prevedibile e tracciare nuovi sentieri nell’esplorazione del nostro tempo. Artissima invita così ad ascoltare i propri sogni ad occhi aperti, chiamando a raccolta una comunità di daydreamers, quella degli artisti e di chi accompagna il loro lavoro, per intraprendere un viaggio emozionante alla scoperta del potenziale illimitato della mente umana». 

Anna Tusa, Ritratto di Paolo Brodbeck,Urs Luthi, Tell me who stole your smile,1973

Questa conclusione calza a pennello con quella che vorrei dare a questo articolo. Un articolo che parla, non a caso, di un uomo e di un collezionista che “sognando ad occhi aperti” ha alimentato e vissuto dei sogni, delle speranze e delle realtà che nutrono il mondo dell’arte. Ed è cosi allora che dovremmo vivere questo mondo, a occhi chiusi ma con i piedi per terra. Non è “l’accumulo” di opere d’arte che fa di un uomo un collezionista, ma, il pescatore di perle, così come l’ha definito Hannah Arendt, ha un ruolo ben diverso che è quello di porsi come ordinatore del caos o della bellezza. Di fronte all’omologazione dei prodotti, il collezionista deve farsi interprete del gusto, se un tempo i collezionisti si radunavano tra pochi adepti, oggi hanno preso il loro ruolo moto seriamente, sentono il loro obbligo morale di prendersi la responsabilità anche della condivisione col pubblico e non solo, sono promotori di ricerca e di bellezza. 

E questo ruolo il signor Brodbeck in trent’anni l’ha interpretato al meglio.

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