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Antonella Bosio – la Collezionista di Ombre
Il percorso di indagine, osservazione ed elaborazione delle ombre operato dall’artista. Installazioni, attività performative e opere che ci spingono a riflettere sulle “OMBRE” del nostro tempo. Un percorso che ci ripropone gli step, il metodo creativo e di costruzione del progetto artistico.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
una Torre per l’Arte, progetto di promozione e divulgazione dei linguaggi artisti contemporanei, inaugura sabato 28 ottobre alle 18.00, presso la torre campanaria di Castellaro Lagusello (Mn), il progetto proposto dall’artista Antonella Bosio “la Collezionista di Ombre”.
Con l’inaugurazione si completa, dopo la presentazione nei precedenti weekend di ARTIFICIO e OPIFICIO, il percorso di indagine proposto dall’artista sul significato e interpretazione delle ombre.
Inaugurazione sarà ad ingresso libero e in presenza dell’artista
La curatela del progetto e i testi sono stati affidati a Mauro Valsecchi
TESTO di SALA
“La collezionista di ombre” di Antonella Bosio – testo a cura di Mauro Valsecchi
Collezioni, agli umani piacciono le collezioni: collezioni di bottiglie vuote, collezione di tappi, di proiettili inesplosi, di copricapi, di denti finti, di sassi a forma di animali, di monete bucate, non c’è limite al tipo di collezione o di specializzazione di una collezione; gli umani con le loro collezioni sembra vogliano mettere il mondo in ordine, cioè andare contro il caos che mescola tutto, ordinare e impiegare dell’energia e dell’intelligenza per opporsi a quella poltiglia mista che è il mondo e l’universo, a quella poltiglia che in ogni caso diventerà. Perciò non c’è da sorprendersi per la curiosità che spinge l’artista Antonella Bosio a collezionare ombre.
L’ombra, una forma in cui, improvvisamente, s’inciampa, indipendentemente da chi o cosa l’abbia generata; infatti tra le mura della torre campanaria di Castellaro Lagusello, nel progetto di “Una Torre per l’Arte”, si deve camminare, e salire, e riscendere, con estrema cautela; non a causa dell’usura di scalini o ciottoli sconnessi, ma perché bisogna stare attenti, come quando si giocava da bambini a non pestare le ombre, per timore reverenziale di rimanerci dentro per sempre.
Antonella Bosio studia e lavora principalmente come architetto ma cova e accresce al contempo una propensione alle arti visive, in particolare alla pittura; una vera e propria necessità che funge sia da cura che da sfogo in quei momenti in cui la vita si complica più del limite di sopportazione concesso. Questa pittura prende principalmente forme astratte, in un linguaggio tanto sperimentale quanto concettuale atto a raccontare pensieri, problematiche, bellezze e fascinazioni in risposta agli eventi che il vivere contemporaneo presenta. L’astrazione quindi non è uno scollamento dalla realtà ma un’immersione più profonda nella stessa, come quando si spegne la luce e si resta al buio tenendo gli occhi bene aperti.
“La collezionista di ombre” è il titolo della mostra, ma anche un vero e proprio progetto dal respiro largo che Antonella Bosio sta indagando, accumulando materiale disparato: libri, fotografie, video, riflessioni, corsivi, sulle ombre. Spontanea sorge la domanda: cos’è l’ombra? L’ombra è da sempre un grande contenitore che l’essere umano ha riempito di paure e meraviglie, e sicuramente non può ridursi a mero fenomeno fisico causato dall’eclissi d’una fonte luminosa; perciò l’artista ne vuole metterne in scena i diversi aspetti.
Innanzitutto si parte con Opificio. Non a caso il percorso espositivo ha origine in un luogo di studio e analisi: l’ombra è un corpo-visto ancor prima di divenire riconosciuto all’occhio come corpo-materia, infatti è la percezione visiva a concedergli un’esistenza, e la sua plausibilità si basa sul possesso degli attributi che la determinano in quanto figura. Questa stanza della Torre è arredata con un tavolo, una sedia, dei fogli, del materiale per disegnare: è l’iniziazione, un rituale amanuense per prendere familiarità con le prime luci e corrispettive ombre. Qui il visitatore è chiamato all’attività: può sedersi sulla sedia, disporsi sotto il tavolo e iniziare a tracciare le prime forme ombrose che si posano sui fogli di carta; forme create da piccoli oggetti sul tavolo ma anche da una predisposizione naturale della stanza al gioco luminoso. Antonella Bosio vuole così mostrarci l’imperativo primario della vista e al contempo denunciare una scarsità di realtà degli oggetti visti, per questo motivo se ne tracciano i contorni o i pieni sulla carta, per rimarcare come la nostra percezione visiva sia necessaria nella produzione di magiche illusioni.
Abbiamo paura delle ombre perché abbiamo una paura atavica del buio. Le ombre sono la prima soglia da attraversare per entrare nella notte, la notte che è una grande ombra sulla Terra. Abbiamo paura del
buio perché c’è un ombra in noi che non riesce ad accettare che esistono cose che non si possono vedere.
Antonella Bosio accetta la parte ombrosa di sé, e vuole difenderla, per provare a capirla, anche solo riconoscerla, attraverso la pratica artistica. Così si entra nel fulcro della mostra: la pittura, quella pittura astratta che l’artista da tanti anni indaga e usa come strumento per capirsi e per capire quello che le si muove attorno, diventa installazione artistica; perché la forma potenziale del progetto sulle ombre non può chiudere l’ossessione e la ricerca in un’unica struttura angolare, dentro una cornice appesa al muro, ma deve respirare e muoversi libera, odorare di umidità e frescura. Appesi, o meglio sospesi, ci sono scampoli di tessuto, il colore è buio, tenebroso, tranne nei punti dove delle macchie carnali, slavate, sembrano bruciare l’oscurità: l’artista ha catturato delle ombre tracciandone la sagoma col pennello sulla stoffa, dipingendole con la candeggina. Qui si verifica un ribaltamento percettivo: le ombre sono rosa, ocra, bianche, aranciate e fuori tutto si annulla nel nero; le ombre si sono illuminate e, per quanto irriconoscibili nella loro nuova presenza, appaiono meno difficili da capire, più familiari, meno spaventose nel farsi carico delle nostre proiezioni.
L’ombra rinvia all’individuo più per la sua prossimità del corpo che per la reale rassomiglianza. Delinea un contorno allusivo, infatti si dice che durante il sonno, l’ombra, può diventare tanto instabile e fluttuante da potersi, per qualche breve istante, staccare e barcollare per pochi passi, come fosse in preda a vertigini. Si arriva ad Artificio, un’altra installazione composta di oggetti recuperati di varia natura: chincaglierie d’uso domestico o d’arredamento, che sono state uniformate da una verniciatura color nero. Ma se la loro forma viene annullata da un piattume cromatico, le luci che vengono proiettate su questi oggetti gli danno un nuovo soffio vitale; vibrano allungandosi tra pavimento e parete: così lo spremiagrumi assume le dimensioni e le sembianze di un palazzo, dei giocattoli trasfigurano in persone adoranti con le braccia al cielo, il mobiletto di design diventa una proiezione ortogonale disegnata con squadra e compasso. Anche i visitatori diventano parte dello spettacolo di ombre, coi loro spostamenti nello spazio, in controluce, sono dei veri e propri figuranti del teatro naturale.
Le ombre conservano una natura effimera e irripetibile, come poche altre cose in natura. Perciò, in cima alla Torre, è stato disposto l’archivio fotografico. Antonella Bosio ha usato la fotografia non come fotografa, ma sempre come collezionista; infatti gli scatti sono esemplari di una sequela di piccole o grandi ombre che non avrebbe mai potuto fissare in altro modo e, temendo di perderle, ha voluto impressionarle per poi mostrarle sotto forma di uno schedario, prove di stampa, dentro album di raccolta e appendendo strisce di carta come in una camera oscura; in questo modo rimarca freschezza, vibratilità e mistero, tutte le caratteristiche più peculiari delle ombre.
La natura è un principio negativo perché non sa resistere a caos, e Antonella Bosio ha dovuto dividere il loglio dal grano, le turbine dalle eliche, il bianco dal nero, per trovare la ragione di esistere, una ragione concreta ma al contempo curiosa e giocosa, mostrandoci che persino le ombre più oscure tremano di amichevoli riflessi.
_una Torre per l’Arte è un progetto promosso da Fondazione città di Monzambano e comune di Monzambano con la direzione artistica di Antonella Bosio_
Con l’inaugurazione si completa, dopo la presentazione nei precedenti weekend di ARTIFICIO e OPIFICIO, il percorso di indagine proposto dall’artista sul significato e interpretazione delle ombre.
Inaugurazione sarà ad ingresso libero e in presenza dell’artista
La curatela del progetto e i testi sono stati affidati a Mauro Valsecchi
TESTO di SALA
“La collezionista di ombre” di Antonella Bosio – testo a cura di Mauro Valsecchi
Collezioni, agli umani piacciono le collezioni: collezioni di bottiglie vuote, collezione di tappi, di proiettili inesplosi, di copricapi, di denti finti, di sassi a forma di animali, di monete bucate, non c’è limite al tipo di collezione o di specializzazione di una collezione; gli umani con le loro collezioni sembra vogliano mettere il mondo in ordine, cioè andare contro il caos che mescola tutto, ordinare e impiegare dell’energia e dell’intelligenza per opporsi a quella poltiglia mista che è il mondo e l’universo, a quella poltiglia che in ogni caso diventerà. Perciò non c’è da sorprendersi per la curiosità che spinge l’artista Antonella Bosio a collezionare ombre.
L’ombra, una forma in cui, improvvisamente, s’inciampa, indipendentemente da chi o cosa l’abbia generata; infatti tra le mura della torre campanaria di Castellaro Lagusello, nel progetto di “Una Torre per l’Arte”, si deve camminare, e salire, e riscendere, con estrema cautela; non a causa dell’usura di scalini o ciottoli sconnessi, ma perché bisogna stare attenti, come quando si giocava da bambini a non pestare le ombre, per timore reverenziale di rimanerci dentro per sempre.
Antonella Bosio studia e lavora principalmente come architetto ma cova e accresce al contempo una propensione alle arti visive, in particolare alla pittura; una vera e propria necessità che funge sia da cura che da sfogo in quei momenti in cui la vita si complica più del limite di sopportazione concesso. Questa pittura prende principalmente forme astratte, in un linguaggio tanto sperimentale quanto concettuale atto a raccontare pensieri, problematiche, bellezze e fascinazioni in risposta agli eventi che il vivere contemporaneo presenta. L’astrazione quindi non è uno scollamento dalla realtà ma un’immersione più profonda nella stessa, come quando si spegne la luce e si resta al buio tenendo gli occhi bene aperti.
“La collezionista di ombre” è il titolo della mostra, ma anche un vero e proprio progetto dal respiro largo che Antonella Bosio sta indagando, accumulando materiale disparato: libri, fotografie, video, riflessioni, corsivi, sulle ombre. Spontanea sorge la domanda: cos’è l’ombra? L’ombra è da sempre un grande contenitore che l’essere umano ha riempito di paure e meraviglie, e sicuramente non può ridursi a mero fenomeno fisico causato dall’eclissi d’una fonte luminosa; perciò l’artista ne vuole metterne in scena i diversi aspetti.
Innanzitutto si parte con Opificio. Non a caso il percorso espositivo ha origine in un luogo di studio e analisi: l’ombra è un corpo-visto ancor prima di divenire riconosciuto all’occhio come corpo-materia, infatti è la percezione visiva a concedergli un’esistenza, e la sua plausibilità si basa sul possesso degli attributi che la determinano in quanto figura. Questa stanza della Torre è arredata con un tavolo, una sedia, dei fogli, del materiale per disegnare: è l’iniziazione, un rituale amanuense per prendere familiarità con le prime luci e corrispettive ombre. Qui il visitatore è chiamato all’attività: può sedersi sulla sedia, disporsi sotto il tavolo e iniziare a tracciare le prime forme ombrose che si posano sui fogli di carta; forme create da piccoli oggetti sul tavolo ma anche da una predisposizione naturale della stanza al gioco luminoso. Antonella Bosio vuole così mostrarci l’imperativo primario della vista e al contempo denunciare una scarsità di realtà degli oggetti visti, per questo motivo se ne tracciano i contorni o i pieni sulla carta, per rimarcare come la nostra percezione visiva sia necessaria nella produzione di magiche illusioni.
Abbiamo paura delle ombre perché abbiamo una paura atavica del buio. Le ombre sono la prima soglia da attraversare per entrare nella notte, la notte che è una grande ombra sulla Terra. Abbiamo paura del
buio perché c’è un ombra in noi che non riesce ad accettare che esistono cose che non si possono vedere.
Antonella Bosio accetta la parte ombrosa di sé, e vuole difenderla, per provare a capirla, anche solo riconoscerla, attraverso la pratica artistica. Così si entra nel fulcro della mostra: la pittura, quella pittura astratta che l’artista da tanti anni indaga e usa come strumento per capirsi e per capire quello che le si muove attorno, diventa installazione artistica; perché la forma potenziale del progetto sulle ombre non può chiudere l’ossessione e la ricerca in un’unica struttura angolare, dentro una cornice appesa al muro, ma deve respirare e muoversi libera, odorare di umidità e frescura. Appesi, o meglio sospesi, ci sono scampoli di tessuto, il colore è buio, tenebroso, tranne nei punti dove delle macchie carnali, slavate, sembrano bruciare l’oscurità: l’artista ha catturato delle ombre tracciandone la sagoma col pennello sulla stoffa, dipingendole con la candeggina. Qui si verifica un ribaltamento percettivo: le ombre sono rosa, ocra, bianche, aranciate e fuori tutto si annulla nel nero; le ombre si sono illuminate e, per quanto irriconoscibili nella loro nuova presenza, appaiono meno difficili da capire, più familiari, meno spaventose nel farsi carico delle nostre proiezioni.
L’ombra rinvia all’individuo più per la sua prossimità del corpo che per la reale rassomiglianza. Delinea un contorno allusivo, infatti si dice che durante il sonno, l’ombra, può diventare tanto instabile e fluttuante da potersi, per qualche breve istante, staccare e barcollare per pochi passi, come fosse in preda a vertigini. Si arriva ad Artificio, un’altra installazione composta di oggetti recuperati di varia natura: chincaglierie d’uso domestico o d’arredamento, che sono state uniformate da una verniciatura color nero. Ma se la loro forma viene annullata da un piattume cromatico, le luci che vengono proiettate su questi oggetti gli danno un nuovo soffio vitale; vibrano allungandosi tra pavimento e parete: così lo spremiagrumi assume le dimensioni e le sembianze di un palazzo, dei giocattoli trasfigurano in persone adoranti con le braccia al cielo, il mobiletto di design diventa una proiezione ortogonale disegnata con squadra e compasso. Anche i visitatori diventano parte dello spettacolo di ombre, coi loro spostamenti nello spazio, in controluce, sono dei veri e propri figuranti del teatro naturale.
Le ombre conservano una natura effimera e irripetibile, come poche altre cose in natura. Perciò, in cima alla Torre, è stato disposto l’archivio fotografico. Antonella Bosio ha usato la fotografia non come fotografa, ma sempre come collezionista; infatti gli scatti sono esemplari di una sequela di piccole o grandi ombre che non avrebbe mai potuto fissare in altro modo e, temendo di perderle, ha voluto impressionarle per poi mostrarle sotto forma di uno schedario, prove di stampa, dentro album di raccolta e appendendo strisce di carta come in una camera oscura; in questo modo rimarca freschezza, vibratilità e mistero, tutte le caratteristiche più peculiari delle ombre.
La natura è un principio negativo perché non sa resistere a caos, e Antonella Bosio ha dovuto dividere il loglio dal grano, le turbine dalle eliche, il bianco dal nero, per trovare la ragione di esistere, una ragione concreta ma al contempo curiosa e giocosa, mostrandoci che persino le ombre più oscure tremano di amichevoli riflessi.
_una Torre per l’Arte è un progetto promosso da Fondazione città di Monzambano e comune di Monzambano con la direzione artistica di Antonella Bosio_
28
settembre 2024
Antonella Bosio – la Collezionista di Ombre
Dal 28 settembre al 13 ottobre 2024
arte contemporanea
Location
Torre Campanaria
Castellaro Lagusello, Via Castello, (MN)
Castellaro Lagusello, Via Castello, (MN)
Biglietti
Intero 3€
Ridotto 1.50€
Orario di apertura
Sabato e Domenica
dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.30
Su prenotazione glovedì e venerdì dalle 15.00 alle 18.00
Vernissage
28 Settembre 2024, Dalle 18.00 alle 21.00
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