24 settembre 2024

Sorellanze e naufragi, tre spettacoli al Festival Oriente Occidente di Rovereto

di

Cosa abbiamo visto alla 44ma edizione del Festival Oriente Occidente di Rovereto, dalla sorellanza universale di Leila Ka alle storie di mare di Piergiorgio Milano e Luciano Padovani

spettacolo festival oriente occidente
Maldonne di Leila Ka, ph Monia Pavoni

Non li abbiamo contati, ma è certo che le cinque donne in scena cambiano almeno 40 abiti durante tutto lo spettacolo. C’è una scena in cui se li sfilano uno dopo l’altro svestendosi dalla catasta di gonne che indossano. Un’altra in cui li appendono a delle grucce che si alzano sospese; poi sventolandoli per colpire e sfidare, o per passerelle sensuali; usati come stendardi, spazzoloni per pulire a terra, copricapo, burqa, o per balli sociali. Sono abiti femminili di diversi stili, colori, epoche, che sembrano dirci anche una condizione sociale, un tempo della vita, e lo stato d’animo mutevole di quelle donne. Energiche, combattive, ma anche fragili, romantiche, emancipate o sottomesse, sciatte o seduttive. Sono loro le protagoniste del travolgente spettacolo Maldonne della giovane coreografa Leïla Ka che ha letteralmente trionfato al festival Oriente Occidente di Rovereto, in prima nazionale (atteso il 22 e 23 ottobre al Romaeuropa Festival, e il 26 al Teatro Due di Parma).

spettacolo festival oriente occidente
Maldonne di Leila Ka, ph Monia Pavoni

Una carriera d’autrice velocissima, apertasi dall’incontro con Maguy Marin che l’ha voluta in May B, e da lì ha preso il volo. La trentatreenne francese Ka, oggi richiestissima ovunque, è presto salita alla ribalta col folgorante assolo Pode Ser, del 2018, seguìto dal duetto C’est toi qu’on adore, e da un altro premiato assolo Se faire la belle del 2022. Maldonne, del 2023, è la sua prima coreografia corale, creazione che l’ha definitivamente lanciata nella scena teatrale europea. L’universo muliebre di questo variegato, divertente e commovente affresco di danza, ci ricorda in alcuni momenti la teatralità di Emma Dante (il pensiero va alle Sorelle Macaluso), e in altri, nell’uso delle braccia e nella gestualità del quotidiano, le ben stagliate donne danzanti di Pina Bausch.

spettacolo festival oriente occidente
Maldonne di Leila Ka, ph Monia Pavoni

Le cinque sorelle di Maldonne (in francese “errore di distribuzione delle carte da gioco”) sono quelle della biografia di Leïla Ka – in scena insieme a Océane Crouzier, Jennifer Dubreuil Houthemann, Jane Fournier Dumet, e Jade Logmo -, che così racconta, con una scrittura coreografica rigorosa e vibrante, il loro rapporto e le storie vissute, ricreando quelle dinamiche universali di donne che, quasi sull’orlo di una crisi di nervi, riscattano i luoghi comuni e i pregiudizi sulle molteplici identità  del femminile e le sue contraddizioni. Tra continui ondulamenti, tic, frantumazioni, accelerazioni e momenti di immobilità, ritroviamo, posture e gesti che evocano scene di ordinaria follia, di pudore, rivolta, litigi, allegrezza, rabbia, complicità, orgoglio e resistenza, emancipazione e bellezza, amicizia e solidarietà. Una coralità esemplare che inizia a testa china nel silenzio assoluto, nel lento loop di movimenti di viso e braccia, infranto successivamente dal respiro all’unisono e ritmato cadenzando gesti e posture ripetuti, poi sempre più articolati ed esplosivi.

Maldonne di Leila Ka, ph Nora Houguenade

Si passa, con continui blackout e cambi d’abito, dalle note di un valzer di Dmitri Shostakovich, alla canzone Je suis malade di Serge Lama con la voce di Lara Fabian, vocalizzata con ironica passione dal labiale dalle donne; da Dance Me to the End of Love di Leonard Cohen, alle Quattro stagioni di Vivaldi. Tutto, seguendo una drammaturgia chiara, espressiva, che rimescola le carte dei rituali fisici, culminante nelle sonorità techno di Mathame, quando le cinque interpreti seminude, smessi tutti gli abiti che le avevano finora definite, si scatenano in una danza che sembra affermare un manifesto liberatorio di tutte le donne.

Fortuna, il mare senza confini di Piergiorgio Milano

Per la 44esima edizione di Oriente Occidente Dance Festival, con il capitolo finale intorno al tema Mediterranei, non potevano mancare storie di mare, di naufragi, di salvezza. Per esplorare e raccontare la capacità di resilienza dello spirito umano. È spettacolare e intimo allo stesso tempo il viaggio che l’artista, danzatore, performer di circo contemporaneo Piergiorgio Milano, intraprende, e noi insieme a lui, con la performance Fortuna, salpando, insieme a due compagni di avventura, Viviane Miehe e il musicista Steeve Eton, su una grande struttura autoportante che è nave, barcone, veliero, fluttuante tra le onde di un mare metaforico dapprima calmo poi in tempesta, che suscita libertà, paura, ardimento. È il racconto di un naufragio al contrario. Inizia da quando la barca giace sul fondo dell’oceano fino al momento della partenza. Come nel rewind di un nastro, riavvolgendo i movimenti iniziali dei due performer, veniamo catapultati dentro un continuo flusso fisico ed emotivo.

Fortuna di Piergiorgio Milano, ph. Monia Pavoni

«Il mare non è uomo né donna, né maschio né femmina. Il mare è un sentimento di lotta come la gioventù o di pace eterna e serena. Il mare è un’anima spiegata senza confini». Così lo introduce una voce, accompagnata dallo sciabordio di un suono acquatico, aprendo al nostro immaginario la presenza e la vastità del mare. Lo renderanno reale i due performer – accompagnati dalla musica live di un sassofono, dai suoni e rumori del beccheggiare e rollare dell’imbarcazione – con un’affascinante, scivolosa, energica danza acrobatica che s’inerpica sulla struttura degli alberi a vela, che si alzano e si abbassano, s’incrociano, s’intrecciano con cime e bozzelli manovrati a vista, seguendo quel rito dei naviganti, affascinante e audace, che sfida e accarezza le onde.

Tra il cigolio del fasciame e delle sartie, il lascare e tesare al vento, issare e ammainare le vele, immaginando prue, evocando l’inabissamento e la lotta per la sopravvivenza, i due giungono in alto sulla coffa dell’albero tra i pennoni incrociati, sostano pacificati guardando l’orizzonte, scrutando mondi, e ritrovando la quiete dell’anima. Bellissimo.

Naufraghi, un breve duetto di Luciano Padovani

Nel breve duetto Naufraghi, coreografia di Luciano Padovani della Compagnia Naturalis Labor, due amanti si stringono, aggrappati l’una all’altro, con lei che fluttua con le braccia su di lui mentre la sostiene. La protegge, ne placa l’impeto, la forza, forse per non perdersi entrambi in quel mare tempestoso come può essere, al suo sopraggiungere, la burrasca dell’amore messo alla prova. Allestito in una sala del Museo Mart, l’intensa performance vede la coppia – i bravissimi Alice Beatrice Carrino e Matteo Esposito – muoversi dapprima quasi sempre di spalle davanti ad una parete bianca; poi frontali, come se riaffiorassero da una tempesta emotiva, travolti dal tumulto dei sentimenti. E da essi salvati.

Naufraghi di Luciano Padovani, naturalis labor, ph. Monia Pavoni

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui