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Nasce Area907: a Trino, in uno stabilimento di cemento, la memoria diventa arte
Arte contemporanea
Il suo nome deriva dall’anno di fondazione dell’azienda Buzzi e di avvio della cementeria di Trino: Area907 è stata concepita, e voluta, per raccontare lo stabilimento attraverso le sue memorie e i macchinari che ne hanno fatto la storia e al contempo valorizzare il capitale umano dell’azienda mediante l’arte e il coinvolgimento attivo dei propri collaboratori.
«Le persone vedono l’arte come qualcosa di astratto, di distante dalla propria quotidianità. È invece illuminante riuscire a riportare nel mondo professionale il processo culturale e creativo da cui si origina. Con questa operazione, dedicata all’ing. Sandro Buzzi, siamo in grado di sviluppare ulteriore qualità all’interno di una dinamica lavorativa, per arricchirla, per stimolare ciascuno a fare ancora meglio e in ultima istanza contribuire ai risultati dell’azienda», ha dichiarato Antonio Buzzi, promotore del progetto all’interno dell’azienda, che dal 21 settembre, al percorso all’interno dello stabilimento reso fruibile al visitatore, ha aperto due spazi espositivi. Il primo, attraverso immagini e contenuti dell’Archivio aziendale introduce la storia e la memoria dell’Azienda e funge da punto di partenza per conoscere nel dettaglio l’impianto e accogliere un futuro laboratorio didattico; il secondo corrisponde a un’area intitolata al Cavaliere del Lavoro, ing. Sandro Buzzi, all’interno di una struttura vetrata, in prossimità dei due forni storici della cementeria, “Pa.Vo.” e “Fo.Co.”, acronimi di “Pazienza e Volontà” e “Forza e Coraggio” e custodisce una parte delle opere proposte dall’artista Giuseppe Stampone.
Dottor Buzzi, a quando risale il primo incontro con Giuseppe Stampone? Come è nata l’idea di questa collaborazione e come l’avete accompagnata ad evolversi?
«Con Giuseppe ci conoscemmo per la prima volta svariati anni fa, per via di amicizie comuni, chiacchierando di inclinazioni artistiche e connessioni tra arte, tecnologia, legami e valori famigliari. Successivamente, negli incontri occorsi nel corso degli anni, tra scambi di idee e racconti delle nostre rispettive vite, maturammo il desiderio – un giorno o l’altro – di attivare una collaborazione che portasse a rifunzionalizzare in chiave artistica spazi e aree industriali, ma soprattutto consuetudini e sensibilità dei collaboratori, per accrescere il senso di appartenenza e per ricordare a noi stessi che nella nostra vita professionale abbiamo il dovere di porci al servizio dei colleghi, dell’azienda e della società senza mai scendere a compromessi sui valori. Pensammo dunque, in un incontro nato fortuitamente alcuni mesi fa, che l’occasione potesse essere quella di celebrare la memoria di luogo, lo stabilimento di Trino, attraverso le sue persone e ricordando l’ing. Sandro Buzzi, da poco scomparso e che alla stessa fabbrica e alle sue persone fu legato per tutta la propria carriera professionale».
Giuseppe, all’interno di Area907 hai condotto un workshop con i lavoratori. Come l’hai impostato e cosa è emerso, in termini di capitale umano?
«Come faccio dal 2002 anche questa volta ho applicato il mio “metodo” Global Education. Sono andato all’interno dell’azienda Buzzi e ho iniziato a lavorare insieme ai dipendenti, ho svolto un lavoro di arte partecipata a tutti gli effetti, che si è articolato in tre momenti ben distinti. La prima fase, come al solito ha preso forma all’interno di assemblee partecipate, in cui ho presento il mio modo di lavorare e ho cerco di conoscere tutte le persone presenti (i dipendenti e i vertici dell’azienda) le quali, a loro volta, hanno interagito tra di loro in una maniera nuova e forse inaspettata. In un secondo momento ho intervistato tutte le persone coinvolte, per cercare di conoscerle e di capire il loro attaccamento nei confronti del lavoro, dell’azienda ed altro ancora. Infine, durante l’ultima assemblea partecipata ho proposto, per ogni lettera dell’alfabeto, un’immagine corrispondente, la mia proposta è stata votata dall’assemblea per alzata di mano. Così nascono i miei Abbecedari, una rielaborazione che nasce dalla mia sensibilità e le sollecitazioni che mi vengono date dal “capitale umano” con il quale lavoro. E a proposito di capitale umano, in Buzzi, è stato veramente speciale, ho incontrato persone che oltre a rispettare e ad amare il proprio lavoro, hanno un senso di appartenenza davvero grande. Sono persone che percepiscono e riconoscono l’azienda come la loro casa. Ci sono stati numerosi e sinceri momenti di commozione nel ricordare Sandro Buzzi, lo zio di Antonio Buzzi».
Dottor Buzzi, a proposito di capitale umano, qual è il valore aggiunto di un processo culturale e creativo in termini di memoria e valorizzazione?
«Non ho una risposta precisa, quantitativa, come dovrei avere da ingegnere. Non conosco se ed in che modo chi abbia partecipato a questa esperienza ne possa trarre un beneficio sul piano personale, valoriale, emotivo. Ciò che posso dire è quanto sia per me di stupore sentire il cuore di molti collaboratori battere all’unisono con i nostri, quando viene riservato loro uno spazio per essere parte attiva e propulsiva di un momento fondativo dell’Azienda. La possibilità di potersi raccontare per fornire il proprio punto di vista ed esprimere l’appartenenza a qualcosa e a qualcuno di più grande di noi, ci riporta ad un pensiero rinascimentale dell’esistenza, ad un senso profondo della Vita, dove ciò che ci unisce va ben oltre un rapporto di collaborazione. Con progetti di questa portata abbiamo la possibilità di riconciliare azioni, reazioni, passioni e sensibilità verso una unicità che è propria dell’essenza dell’Uomo».
Giuseppe, quali lavori hai scelto di presentare affinché la memoria diventi arte?
«La memoria, hai detto bene, è un aspetto fondamentale in tutto il progetto. Con il mio lavoro ho cercato di rafforzare ed unire in maniera indissolubile la fabbrica storica con la contemporaneità e, meglio ancora, con il futuro. Questa volta, al contrario di tanti altri progetti Global Education, le 21 lettere dell’Abbecedario, non sono il punto di arrivo ma sono state l’inizio di un percorso molto più complesso e articolato. Ho condotto un lavoro di tipo formale e intimo, come faccio di solito, ma anche architettonico e ambientale, realizzando istallazioni con materiali per me nuovi, ma fortemente legati al contesto, come il cemento. Le sei opere prese singolarmente perderebbero il loro senso che si percepisce sono nella loro unitarietà e unicità. Si tratta di un vero e proprio percorso capace di fare diventare la memoria arte».
Ingegnere Buzzi, con quale spirito vive questo progetto innovativo? Cosa si aspetta dalla collaborazione con Giuseppe Stampone e come si pone, anche in prospettiva a lungo termine, l’avvio di una rilettura artistica e contemporanea dell’azienda?
«Non intendiamo dare una rilettura artistica o contemporanea dell’azienda, nessuna azienda credo ne abbia bisogno. Ogni azienda deve trovare se stessa e ogni azienda tenta di farlo attraverso le persone che la compongono e allo stile e alla direzionalità che queste imprimono alla medesima. Non abbiamo attese particolari, ma intendiamo lasciare dei segni, tangibili, nel corso della nostra esistenza professionale e artistica che hanno l’ambizione di toccare il profondo delle persone, che aiutino a rendere tangibili i valori che ci rappresentano, che consentano un poco alla volta, nel percorso delle nostre carriere, di unire quei puntini che da soli a volte non bastano a rappresentare una figura compiuta. Ci limitiamo dunque a tentare di fornire un paio di occhiali speciali per una lettura più completa della realtà e riscoprire alcune meraviglie, di cui forse non eravamo consapevoli, che ci accompagnano tutti i giorni».