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Corpi, spazi e memorie, le performance di tre artisti italiani a Sion
Arti performative
di redazione
Corpo, alterità, materia organica. Sono tre termini interdipendenti, sovrapponibili, sfumati, con i quali entreranno in contatto i tre interventi performativi che Greta Di Poce, Gabriele Longega e Chiara Ventura presenteranno il 4 ottobre, a Sion, in Svizzera, nell’insolito spazio di Lemme, una “scultura attraversabile” creata da Pierre Vadi per ospitare opere d’arte, nel parco del centro culturale dell’Arsenaux. Intitolato Tre azioni, un Unico Tempo, il ciclo di performance è promosso e curato da Osservatorio Futura, progetto di ricerca polistrumentale e multimediale, on line e on line, animato da Francesca Disconzi e Federico Palumbo. L’intento dell’intervento è sviluppare una riflessione su come l’azione performativa non sia riconducibile solo al gesto ma anche allo spazio, attraverso una dilatazione della pratica artistica in molteplici coordinate e dimensioni.
Longega esplora il rapporto tra ecologia e desiderio, interrogandosi sulla relazione utopica tra corpo e natura, che a volte si rivela imprevedibile e quasi magica. Un simile trasporto verso l’esoterico e un’istintualità primordiale caratterizza anche la ricerca di Di Poce, il quale indaga stati semicoscienti – sospesi tra psicosi e sogno – mantenendo però un saldo controllo e un’ironia sottile. L’interesse per la psiche e il turbamento che essa genera emerge anche nel lavoro di Ventura, il cui approccio artistico assume una valenza terapeutica; al centro vi è sempre la relazione con l’altro, in un continuo scambio trasformativo.
Tre Azioni, un Unico Tempo: le performance a Sion
Le azioni presentate sono accomunate dall’uso del suono e da un approccio site-specific che intreccia storia e memoria del luogo. In Qualunque cosa accada, non si accusi nessuno della mia vita, Greta di Poce rivolge lo sguardo alla Tour des Sorcières di Sion, un antico bastione di tortura per le donne accusate di stregoneria. La performance assume la forma di una lecture che oscilla tra i toni del cabaret e del requiem, fondendo l’energia di un suo recente lavoro sull’erotismo femminile e il canto, Mio corpo Avido Sole (2024), rielaborato in collaborazione con il musicista Jugodefatuo. Di Poce intreccia il testo ispirato a Angeli Minori di Volodine con riflessioni intime, rievocando la memoria della sua gatta, il suicidio di Chiara Fumai – artista radicale scomparsa nel 2017 e sostenitrice di un pensiero animistico rigeneratore – e il tormento di Marguerite Repond, sorella di Caterine Catillon Repond, ultima donna condannata a morte per stregoneria a Friburgo.
Ne La storia dell’albero con pochi rami e dell’uomo insicuro, Gabriele Longega costruisce un’azione scandita in tre atti – il sogno, il lapsus e il sintomo – evocando la presenza di una figura enigmatica che vaga nel bosco in cerca di un luogo e di qualcosa d’indefinito. Questa creatura si accompagna a oggetti che innescano ripetizioni rituali, prescrizioni assurde ed enigmi, alternando suono e silenzio come ritmo sottile di una narrazione di fuga e di cerimonia. Una ricerca per ristabilire l’accordo infranto tra l’umanità e l’Universo, un tentativo di ricomporre l’ordine del mondo perduto.
L’insicurezza e lo smarrimento emergono in forma più intima nella performance Like I need to di Chiara Ventura, che si confronta con le dinamiche della tossicità affettiva. Attraverso gesti che esplorano la solitudine e il desiderio, Ventura esibisce manifestazioni di dipendenza emotiva, adagiate su una coperta matrimoniale blu che diventa uno spazio di isolamento e paura del vuoto. Il corpo, solo e fragile, naviga tra monofobia e talassofobia, mentre si mescolano canzoni d’amore popolari, atti di autoerotismo e rituali alchemici di cura, amplificando un infantilismo latente e le sue insidie.
Le biografie degli artisti
Gabriele Longega (Venezia, 1986) è un artista visivo che vive e lavora a Venezia, dove è membro dello studio collettivo zolforosso. Si è laureato in Arti Visive e Studi Curatoriali presso NABA, Milano, nel 2018 e nel 2020 è stato parte di School of the Damned (UK). Nel 2023 ha conseguito il Master in Management della comunicazione e politiche culturali all’Università IUAV, Venezia.
Tra i progetti che sta curando: Camminare nel fango senza lasciare tracce, ricerca e pratiche di lettura collettiva su utopia, diavolo, corpo e rivoluzione a partire dai testi di Luciano Parinetto, e Scuola ecologica verso la fine del mondo, laboratorio sperimentale di pratiche ecologiche. Tra le mostre collettive recenti: Istituire un rifugio nella selva, Traffic Gallery (Bergamo, 2024), Come raccogliere il fuoco che ci attraversa, Terzospazio (Venezia, 2023), Potluck #2 (Solo Show, 2023), Petricore, Castello di Pagazzano (Bergamo, 2023), Colostro, Torre Massimiliana (Venezia, 2022), Mal d’Uve (Nizza Monferrato, 2022), Gothic Pastoral IV (Solo Show, 2022), the middle of nowhere, Project Arts Center (Dublino, 2022). Mentre nel 2022 la sua prima mostra personale veneziana presso aarduork.
Greta Di Poce è nata a Pontecorvo (Frosinone) nel 1997 e oggi vive e lavora a Roma. L’artista ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Bologna e a Villa Arson di Nizza. Di Poce produce dipinti, disegni, performance, sculture e installazioni in continua sperimentazione con corpi e materiali. Narrazioni frammentate tratte dalla letteratura, dalla psicoanalisi, dalla teologia e dalle credenze popolari, dai meme e dalla storia dell’arte convivono e si sovrappongono nella sua pratica artistica, dichiaratamente guidata da un approccio femminista, mentre la sua ricerca si ispira allo studio del linguaggio delle scuole di psicoanalisi e agli specifici stati semicoscienti della psicosi e del sogno, dando vita a narrazioni visive che alludono al sacro con ironia, e a una lirica congiunzione di patetico e mitico, animale e magico.
Nell’ultimo anno, come co-fondatrice del collettivo Šumma ālu, ha lavorato attraverso un approccio pedagogico e co-autoriale alla performance a partire dal tema del desiderio individuale, utilizzando gli strumenti della drammaturgia e della somatica generativa. L’artista è stata premiata con una menzione speciale in occasione del Premio Sparti (Ascoli Piceno), ha presentato performance e installazioni in numerosi spazi tra cui La Fondation Agnes B. (Parigi), Cave Contemporary (Grottaglie), Villa Arson (Nizza), Hidden Garage (Bologna), Opificio Puca nel programma Art Days (Napoli) ed è stata vincitrice del premio d’arte di Fondazione Sant’Orsola (Bologna).
Chiara Ventura (Verona, 1997) è artista visiva e performer. Il suo lavoro è genuinamente di carattere esistenziale, dove la biografia diventa cifra. Le pitture, sempre al limite tra figura e astrazione, incarnano i macrotemi delle opere plastiche, concettuali e performative. L’analisi sul corpo, sulle relazioni e reazioni che questo ha con psiche, emotività e l’Altro, è stata il punto di partenza per gli sviluppi di una pratica, prevalentemente performativa, dove il punto scomodo, non protetto, per chi fa e per chi guarda, è al centro dell’attenzione. Ventura indaga e denuncia gli aspetti più subdoli delle forme di violenza presenti nella contemporaneità ed è interessata agli aspetti politici del comportamento umano.
Nel 2020 co-fonda plurale, un concetto che trova forma nel fare arte collettivo, una dinamica in cui l’artista individuale si fonde in una prospettiva comune, una pratica zen di decentramento dell’ego. Nel 2022, plurale pubblica il Manifesto Gesto empatico e mette in atto una pratica transfemminista, osservando sessualità e piacere come spazi politici. Inoltre, è interessato alla cultura giovanile e studia in particolare il fenomeno trap italiano, analizzando le problematiche socioculturali legate alle nuove generazioni.
Chiara Ventura ha realizzato performance ed esposto presso musei, fondazioni, gallerie, spazi indipendenti tra cui Mart – Galleria Civica di Trento (Trento), Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia), Viafarini (Milano), Villa Rondinelli (Fiesole), Galleria ME Vannucci (Pistoia), TAI – Tuscan Art Industry (Prato), GATE26A (Modena), Spazio In Situ (Roma), Spazio Cordis (Verona).