11 ottobre 2024

Il fuoco, il fumo, la profezia: Smoking Stella di Jan Fabre negli occhi di Giacinto di Pietrantonio

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Giacinto di Pietrantonio ci parla della sua lunga collaborazione con Jan Fabre, confluita in una raccolta dei testi edita da Parallelo42 Contemporary Art

Jan Fabre, Smoking Stella. Limited edition di Parallelo42 Contemporary Art. Foto in analogico di Jan Fabre, stampate su acciaio inossidabile dorato, 23,5x35cm. Crediti Jan Fabre

Immaginare l’universo di un’artista è sempre, di per sé, una missione impervia. Associare i riferimenti incostanti, seppur coerenti, che provengono da quella dimensione nascosta, recondita e sopita, che è l’inconscio, è un compito necessario che solo una grandissima affinità elettiva può garantire. Ne è testimone il lungo e costante rapporto tra Jan Fabre e Giacinto di Pietrantonio. Due decenni, circa, di collaborazione attiva, di scambio di riflessioni, di influenze reciproche, hanno portato ad una visione sistematica ed organica della pratica del grande maestro belga. Edito da una piccola casa editrice legata alle arti in tutte le sue forme, Parallelo42 Contemporary Art, Smoking Stella è un racconto ancestrale che catalizza frammenti infinitesimali in una singola edizione. Innanzitutto, la raccolta dei testi di Giacinto Di Pietrantonio sull’universo di Fabre (Quattro Parole in Croce, Parallelo42 Contemporary Art, 2019) arricchita da tre fotografie dell’artista in cui Stella Höttler gioca facendo interagire il suo corpo con una sigaretta accesa.

Presentato nella cornice della Galleria Gaburro di Milano nella mostra Jan Fabre. Stella (a cura di Melania Rossi) e in occasione del Festival Fabre al Teatro Out Off, questa edizione fa parte di un ampio e complesso progetto olistico che muta la prospettiva sull’artista.

Al Teatro Out Off, Stella Höttler si esibisce (non solo) nella prima mondiale di I’m sorry, uno spettacolo politicamente scorrettonelle parole di Alessandra Mammì. Nella Galleria Gaburro, il multiplo viene accostato a un’installazione video (sul tema di Cassandra, che dopo approfondiremo), dodici disegni e tre sculture che riprendono l’aura oracolare dell’attrice inserendo l’elemento della tartaruga – presentata in configurazioni alchemiche diverse -, e diciotto fotografie della serie Smoking Stella. Fabre ritrae l’attrice in posizioni diverse, fondamentalmente plastiche e scultoree, marcatamente erotiche.

Un rituale, quello del fuoco, che rimanda a dimensioni ancestrali. Lontane nella memoria, lontane nel tempo, eco di un arcaico eternamente presente, questa serie di fotografie apre un varco interdimensionale collegando suggestioni diverse attraverso un gesto semplice ed immediato. Un fascino seducente e sedotto dai grandi estremi, ambivalenti, dell’esistenza collettiva in cui si aprono le vastissime e incontenibili porte verso l’infinito della nostra coscienza particolare.

La sigaretta: dipendenza, morte, ossessione.

Il corpo di Stella: potenza espressiva, autodeterminazione, forza, pulsione.

L’oscurità di quel desiderio viscerale, nel cuore della notte, che ci tormenta. Quella curiosità morbosa che ci spinge a interrogarci costantemente. Quel vortice, irrefrenabilmente narcisistico, che ci attanaglia e ci imprigiona nelle nostre irrimediabili certezze.

Fabre osserva l’apparato umano per farci vergognare di ciò che siamo: fragili creature diaboliche accecate dal controllo, dal potere, dall’avidità (che è, soprattutto, emotiva).

Ripercorriamo, insieme a Giacinto Di Pietrantonio, questa complessità immediata, che necessita di essere chiarita e approfondita.

Jan Fabre, Smoking Stella. Limited edition di Parallelo42 Contemporary Art. Foto in analogico di Jan Fabre, stampate su acciaio inossidabile dorato, 23,5x35cm. Crediti Jan Fabre
Jan Fabre, Smoking Stella. Limited edition di Parallelo42 Contemporary Art. Foto in analogico di Jan Fabre, stampate su acciaio inossidabile dorato, 23,5x35cm. Crediti Jan Fabre

Smoking Stella, un progetto editoriale ambizioso che raccoglie tutti i testi che ha scritto su Fabre. Sarebbe interessante, nella sua completezza, avere una chiave di lettura per affrontare sia l’artista, sia il volume.

«In realtà a oggi non sono tutti i testi, ma quasi. Non sono tutti perché questo libro è stato pensato e stampato nel 2018-19. Infatti, avremmo dovuto presentarlo nel 2019-20, ma la pandemia ha rinviato tutto. Io, nel frattempo, ho scritto altri testi su Fabre. Diciamo che questo libro edito da Parallelo 42 Contemporary Art contiene il 90 % dei miei testi su Fabre. I testi sono stati scritti quasi tutti in occasione delle mostre di Fabre a partire da quella del 2003 Gaude Succurrere Vitae curata da Jan Hoet, Tierry Raspail e il sottoscritto (presso i musei di Gand in Belgio, GAMeC a Bergamo, Musée d’Art Contemporain di Lione e Fondacion Mirò di Barcellona) a Dammi il 5! per la mostra Ecstasy & Oracles, presso la valle dei Templi di Agrigento e curata da Melania Rossi, in cui era presente l’opera multischermo in cui performava Stella. Comunque, Non c’è una chiave per leggere i miei testi e soprattutto questo è un mio libro di raccolta. I testi hanno tipi di scrittura diverse, io scrivo diversamente per ogni mostra o lavoro, tendendo a una scrittura creativa ispirata dal tipo e dalle opere in mostra».

Ripercorriamo insieme la figura di Stella, per Fabre. Una donna forte ed indipendente che, nello spettacolo I’m sorry si scusa per ciò che è: “questa bellissima donna chiede scusa per essere bionda, tedesca, teutonica, eterosessuale, carnivora, priva di intolleranze alimentari e piena di desideri per una sessualità libera da pregiudizi”, per citare Alessandra Mammì. Come appare l’identità, oggi così politicamente scorretta, di questa donna?

«Appare come una donna fuori tempo, ma libera. A mio avviso, ciò che più conta è la libertà delle persone. Inoltre, credo che l’arte debba essere scorretta in tutti sensi, un linguaggio dell’arte deve sempre trasgredire quello dato. Quindi, lo si comprende, ognuno a suo modo, solo leggendolo».

Fabre è Stella, Stella è Fabre. Nel suo testo che introduce la raccolta sempre e soltanto un artista eretico, cita quanto per Fabre è importante ripercorrersi – fondamentalmente, le ragioni della sua poetica. Per riprendere una sua citazione “il suo è il mondo di un artista eretico, che con la sua indisciplina nel trattare tante discipline si discosta dallo specialista in cui la nostra cultura si è rifugiata”. Considerando anche il fatto che Fabre è presente in due importanti eventi, estremamente correlati, ossia il Festival Fabre al Teatro Out Off e Jan Fabre. Stella negli spazi della Galleria Gaburro, entrambi a Milano, in che modo Fabre agisce, cambiando?

«È noto che il centro poetico di Fabre è la metamorfosi, che è l’emblema del cambiamento. Dunque, il cambiamento è insito, come la morte e la rinascita, in tutta la sua opera. Nella frase che hai citato, che si collega anche alla risposta precedente, intendo sottolineare il fatto che Fabre è uno dei pochi artisti che si esprime con vari linguaggi e discipline: arte visiva, teatro, letteratura, editoria con un livello alto e sempre trasgredendo il linguaggio che sta usando. In questo senso è un uomo rinascimentale contemporaneo, una sorta di umanista di oggi che però tiene conto anche del passato».

Jan Fabre, Smoking Stella. Limited edition di Parallelo42 Contemporary Art. Foto in analogico di Jan Fabre, stampate su acciaio inossidabile dorato, 23,5x35cm. Crediti Jan Fabre

Ripercorrendo i testi che lei ha scritto sull’universo di Fabre, è facile riscontrare una certa insistenza circa i grandi opposti dell’esistenza: notte e giorno, vita e morte, fuoco e acqua, bene e male. Fabre è un mutaforma inarrestabile e inafferrabile, cerca di definirsi all’interno del processo della trasformazione di tutte le cose. “Passare e ripassare dalla vita alla morte alla vita è concesso a poche persone, una metamorfosi esistenziale-corporale-spirituale”, in questo passaggio, Fabre trova sempre una zona grigia, come in The Years of The Blue Hour.  Quale è, profondamente, il nesso tra Fabre e questi antipodi esistenziali? Che cos’è quella zona grigia che l’artista trova?

«Sembra che ci siamo messi d’accordo. Ho appena consegnato a Jan un mio nuovo testo sul suo lavoro che sarà pubblicato prossimamente in occasione della mostra di Fabre da Muciaccia a Londra. Nella parte finale, affronto proprio il tema del grigio riferito metaforicamente al cervello. La mostra in questione presenta una serie di sculture di cervello con altri elementi sopra, soprattutto canarini. Mi fa piacere risponderti citando una parte del testo ancora inedito: Non vorrei, però, soffermarmi ulteriormente su quanto percepiamo vendendo codeste opere, ma sul fatto che esse possano suggerire anche riflessioni su uno degli argomenti più dibattuti del momento, vale a dire, quello dell’Intelligenza artificiale che sta “rovesciando” il mondo. Infatti, il cristallo di Litio, materia senza la quale nessuna intelligenza artificiale potrebbe funzionare, si chiama oro grigio. Ciò è avvalorato dal fatto che, …, Fabre si relaziona anche con il pensiero di studiosi-scienziati del cervello animale e umano. Non esiste una sola intelligenza sembra con questo dirci l’artista, insistendo a rappresentare il cervello con sculture e disegni con l’utilizzo di materiali e tecniche varie con cui cerca di penetrarne il mistero, perché, nonostante gli infiniti studi scientifici, rimane ancor oggi l’organo meno conosciuto e compreso. È come se il cervello stesso, in quanto sede dell’intelligenza, giocasse con noi a nascondino, rimanendo ancora in quella zona grigia della comprensione. Il grigio, quel colore intermedio tra luce e buio che come dice un filosofo molto amato da Fabre, Peter Sloterdijk, esso è un colore “a meta strada tra grandezza filosofica e grandezza concettuale…”  E per il quale, facendo eco a Cèzanne del “finché non si è dipinto il grigio non si è pittore” aggiungendo che “finché non si è pensato il grigio non si è filosofi.Seguendo, così, la tradizione di Hegel secondo il quale: “la filosofia dipinge grigio su grigio” fino al grigio argenteo nicciano colore simbolo del passaggio tra l’umano e l’oltreumano. Difatti, metaforicamente parlando, vari sono i modi di dire per il cervello, una di essa è “Materia grigia” anche se alla vista non si presenta di colore griglio ma bianco-rosa-azzurrino. Allora la domanda è: perché viene utilizzata una metafora negativa, dato che il cervello è sede dell’intelligenza, della conoscenza del sapere che non è mai neutro, mentre il grigio è per antonomasia un colore neutro, incerto, indefinito, ambiguo? Sì, il grigio, quel colore silenzioso e immobile, quell’immobilità senza speranza di cui parla Kandinsky a cui fa eco l’Edmond Jabés del “grigio che è più crudele del nero perché consente la speranza”? Grigio un colore incolore oltremodo metafora di verità. Non è infatti vero che quando si vuole indicare una persona senza carattere con un pensiero banale dal cervello poco brillante si parla di una persona grigia? Non è infatti vero che quando si vuole indicare un luogo senza identità si parla di zona grigia? Non è infatti vero che quando si vuole indicare un’esistenza incolore si parla di vita grigia? Non è per questo che, come sottolinea con la sua opera Fabre, abbiamo bisogno dell’arte per dare colore Etico ed Estetico alla vita che in molti casi si presenta mediocre e incolore?».

Vergogna su tutto il regno terrestre!, la frase che la sibilla Cassandra-Stella sentenzia. Nella poetica dell’artista, questo aforisma appare chiarire tante e diverse prospettive e aprirsi ad una vasta serie di domande. Per esemplificare, ne riprenderò solo una che mi assilla, per quel poco che posso dire di conoscere l’opera di Fabre. La vergogna, che Fredric Gròs ha definito un sentimento rivoluzionario, può essere esemplificativa del passaggio della vita dell’essere umano stesso, di cui l’artista svela sotterfugi e pulsioni, paure e vizi?  

«Cassandra, ispirata alla Cassandra mitica e inascoltata di Troia, spande oracolarmente, ancora oggi, la sua sentenza rivolta agli uomini che hanno perso il senso della vergogna e, dunque, del pudore.  Oggi questo sentimento è venuto decisamente meno, nessuno si vergogna più. È, infatti, raro trovare persone che si vergognino nel tempo pervaso dai social in cui tutti mettono in piazza ogni cosa di se stessi e degli altri. Pensiamo solo ai selfie».

Questo profondo erotismo che lega la maggior parte dei lavori di Fabre mi spinge ad interrogarmi sull’aspetto pulsionale del suo lavoro. Come se l’artista esternasse quell’oscuro desiderio, quel desiderio irrefrenabile di essere, nel cuore della notte. La potenza irrefrenabile del fuoco che distrugge e sovrasta. Cos’è questo fuoco nella poetica di Fabre? Come si può collegare a queste nostre, profondissime, istintività?

«Benché inserito nella contemporaneità, Fabre si considera e agisce come un uomo antico. Si definisce “Cavaliere della Bellezza”, attingendo e proponendo un’arte del corpo e col corpo, un corpo a corpo potremmo dire. Questo, non solo nel teatro e nella performance, ma anche nell’arte visiva espressa tramite varie tecniche dal disegno alla scultura, dal video al mosaico, dall’installazione alla pittura. Tutto in lui è corpo antico e dunque fuoco sacro. Pensiamo al disegno, che, per ogni artista visivo che si rispetti, è il centro espressivo del lavoro. Bene, Fabre lo declina utilizzando i liquidi del corpo come sangue, sperma, sudore, lacrime, azioni e materie originarie, legate ritualmente alla creazione del mondo cosmico.  Questo è possibile solo se ci si immerge nella sua oscurità per compiere un rito di rigenerazione, metamorfosi. Per venire o ritornare alla luce ci si deve sempre immergere nel buio, però non il buio nero, ma il buio blu che è l’ora blu intermedia tra la notte e il giorno».

Stella, ancora Stella. Per riprendere sia la mostra alla Galleria Gaburro che la serie di spettacoli all’Out Off, questa potenza traspare in ogni, differente, rappresentazione. Simona, the gangster of art, I’m sorry, Cassandra, Stella sono tutti personaggi femminili che, credo, ispirino un’energia, una potenza, un significato quanto più attuale possibile: donne forti, indipendenti, che possono scegliere per loro stesse e che, nella loro padronanza di sé, si mostrano nella propria intimità. Smoking Stella gioca con il fuoco, gioca con le sigarette esplorandosi ricercando quella completezza della conoscenza, interminabile, di sé stessi. Un personaggio così contemporaneo, forse così eternamente contemporaneo; così scorretto, eppure profondamente reale e concreto; così sincero, eppure così profondamente inascoltato. Che cosa possiamo capire, che direzione ci danno questi simulacri che Fabre costantemente crea, approfondisce, risemantizza?

«Come dicevo, l’arte deve essere scorretta altrimenti diventa un sonnifero. Ma questa analisi della figura e soprattutto dell’essere femminile da parte di Fabre va inserita nella sua attitudine mitologica. Jan fa un’arte che ha per orizzonte la mitica età dell’oro. Basta pensare alla sua opera, forse oggi più radicale, Monte Olympus in cui mette in scena uno spettacolo ininterrotto di 24 ore in cui ci parla della nascita della tragedia. Si tratta di una ricerca dalle origini dell’umanità ad un mondo prima della ragione, mitologico. Per questo, Fabre ha bisogno, sia nel teatro che nell’arte visiva, di Esseri Oracolari. Esseri ponte tra l’Essere in terra e l’Essere in cielo nella mitica età dell’oro. Teniamo poi presente che in molte culture chi insuffla l’intelligenza, agisce per la libertà, è la donna. È Eva a trasgredire, rubando la mela della conoscenza nell’Eden, è Athena a poggiare la farfalla, simbolo della psiche e dell’intelligenza, sulla testa del primo uomo greco creato da Prometeo».

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