19 ottobre 2024

Giudicesse 2030, il progetto del collettivoEFFE tra identità e genere

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Una residenza artistica per riflettere sulla figura storica delle Giudicesse e sul costume tradizionale come simbolo di identità collettiva: il progetto del collettivoEFFE in Sardegna

Giudicesse2030, seconda edizione, foto di Riccardo Locci

Un costume non è solo quello che è ma, soprattutto, quello che rappresenta: con questo input, dal 14 ottobre 2024, presso il MuseoDiffuso.exe – Centro esperienze creative Ex-Montegranatico di Sant’Antioco, si avvia la residenza artistica Giudicesse 2030 che ospiterà per questa seconda edizione il collettivoEFFE – composto da Giulia Odetto, regista e curatrice, Antonio Careddu, drammaturgo, Camilla Soave, performer e video-artista e Ines Panizzi, artista visiva – selezionato nell’ambito della call che si è chiusa lo scorso 22 settembre, e che vedrà concluso il suo lavoro il 26 ottobre.

Ispirandosi al New European Bauhaus e al suo spirito di interdisciplinarietà culturale come esperienza collettiva, il progetto nasce dalla promozione di Csc Carbonia della Società Umanitaria, ed è curato da U-BOOT Lab in collaborazione con Ottovolante Sulcis. Il concept del progetto mira a promuovere la rilettura della figura delle Giudicesse e del loro ruolo in Sardegna, declinandolo nella contemporaneità rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030. In particolare, come spiegano Andrea Contu e Raffaela Giulia Saba, operatori culturali del Csc Carbonia della Società Umanitaria e referenti del progetto, si intenderà focalizzare la nuova edizione sull’Obiettivo 5 dell’agenda europea, ovvero sulla parità di genere, scegliendo come tema il costume tradizionale femminile quale elemento espressivo di valori collettivi e rappresentazioni soggettive. Il medium utilizzato sarà quello dell’audiovisivo. Il costume tradizionale in Sardegna metterà in moto una riflessione sul ruolo culturale radicato nella società contemporanea e sul modo con cui può contribuire al raggiungimento dell’autodeterminazione di genere.

Giudicesse2030, seconda edizione, foto di Riccardo Locci

Come sottolinea la curatrice del progetto Maria Pina Usai di U-BOOT Lab, sono in particolare due le declinazioni del termine “costume”: la prima, in quanto capo d’abbigliamento delle Giudicesse come donne di potere (nb, le governatrici dei giudicati in Sardegna nel corso del medioevo) e del costume come possibile elemento di auto-rappresentazione del sé verso l’esterno e di affermazione personale, mentre la seconda è legata al concetto di comunità e convivenza dellə individuə, rispetto al quale il costume può essere letto nella sua valenza sociale, come patrimonio culturale in cui una comunità può riconoscersi.

Queste due accezioni aprono l’interrogativo con cui si misurerà la ricerca del collettivoEFFE: decostruire l’immagine di un costume cristallizzato nel tempo per ricontestualizzarlo nel paesaggio e rielaborarlo come costume collettivo insieme allə abitantə di Sant’Antioco. Il collettivo unisce la propria esperienza nel lavoro con le comunità a quella della ricerca in ambito audiovisivo e alla forza perfomativa del corpo. Coinvolgendo i gruppi folk del paese con l’obiettivo di entrare in contatto con donne e ragazze che ancora indossano il costume tradizionale, cercheranno di comprendere che significato assuma per la comunità e come contribuisca alla trasmissione di un senso di appartenenza.

Giudicesse2030, seconda edizione, foto di Riccardo Locci

Nella prospettiva della residenza di Giudicesse edizione 2024, la comunità diventa co-protagonista della ricerca e della produzione artistica, influendo positivamente sui comportamenti sociali in relazione allo sviluppo sostenibile del contesto.  In quanto artistɜ e ricercatorɜ, il costume viene tematizzato e interrogato, riadattandolo ad una visione che sia più incline alla sensibilità delle donne e delle ragazze che interverranno nel corso della residenza. «In questo contesto, la cultura e l’arte svolgono un ruolo cruciale, contribuendo a immaginare scenari futuri più equi e inclusivi» precisa Marina Fanari di U-BOOT Lab, responsabile degli aspetti legati a accessibilità e inclusione. La residenza artistica si avvale del patrocinio del comune di Sant’Antioco, inserito nel più ampio progetto di attività realizzate su fondi cineportuali che, a partire dal 2017, la Regione Autonoma della Sardegna ha accordato al CSC Carbonia della Società Umanitaria. L’opera realizzata sarà presentata il 26 ottobre alla comunità durante un evento pubblico.

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